“A quel tempo vivevamo nella luce…Eravamo così felici che potevamo inventare con facilità delle bugie generose…”
In occasione del Giorno della Memoria voglio parlarvi di un titolo che è in assoluto il miglior manga realizzato da Keiko Ichiguci. “1945” è un pugno allo stomaco ben assestato. Il crudo realismo della storia, l’evoluzione dei personaggi, i dialoghi, l’aspetto grafico, tutto è ben dosato al fine di destabilizzare il lettore e indurlo a drammatiche riflessioni.
La storia inizia in un bosco nei pressi di Hoffendorf, nella Germania del 1937. È lì che avviene l’incontro tra due adolescenti, Elen e Alec. E’ un incontro fugace, ma che cambierà per sempre i destini di questi due giovani , ancora ingenui, ancora puliti, ancora inconsapevoli del male che presto travolgerà le loro vite e il mondo intero. Sono due giovani che possono ancora guardare con fiducia verso un futuro ignoto, ma di cui presto impareremo a conoscere gli ideali, i sogni, le disillusioni, le ideologie e i conflitti.
Già due anni dopo li ritroviamo vivere in una realtà mutata, avvolta da quelle tenebre di violenza e morte che prendono il nome di Seconda Guerra Mondiale.
Elen è cambiata insieme a ciò che la circonda, e insieme alla nuova Elen facciamo la conoscenza di suo fratello Maximilian. Ci confrontiamo con i loro timori, con gli ideali che germogliano, e con la loro lenta e inesorabile presa di coscienza. La loro gioventù contro la follia indiscriminata e dilagante.
Loro ragazzini, loro adolescenti, loro adulti…Un’evoluzione curata e profonda che li fa essere dei personaggi vivi, reali, palpabili. Vite che aprono gli occhi di fronte ad una realtà inaccettabile.
Non conosceremo una Elen, ma tante, che stanno una dentro l’altra, come bamboline di legno russe.
Insieme a lei assisteremo alla perdita di innocenza, alla crudeltà, alla follia.
Gli ideali sono più forti dell’amore? La verità, per quanto crudele, è sempre preferibile alla follia? Quanto è lecito mettere in gioco per affermare la propria libertà rispetto al mondo?
1945 è la storia di come la voce possa essere recuperata, di fronte ad un’afasia imposta. Di come questa voce sia più importante di qualsiasi altra cosa, e di come possa divenire l’unica arma e antidoto di fronte alla follia. Voce come unico scudo della storia. La voce la si acquisisce solo confrontandosi con la realtà. E’ questo il messaggio più profondo che vuole darci Keiko Ichiguchi attraverso la sua storia: le bugie, per quanto misericordiose, non servono assolutamente a nulla. Bisogna sempre e comunque porsi delle domande e trovare delle risposte, per quanto possano essere dolorose e inaccettabili.
La realtà deve essere vista per quella che è. Bisogna tenere gli occhi fissi sulla realtà nuda e cruda, ed entrare dentro al dolore come un bruco nella mela. Solo in questo modo si può sperare di trovare dentro di sé la forza di ribellarsi, di opporsi, di agire, di confrontarsi faccia a faccia con l’ingiustizia.
Solo in questo modo si diventa uomini, pur vivendo una realtà che vuole disumanizzarci. Questo messaggio crudo e universale, viene portato avanti dalla Ichiguchi in modo diretto, mai banale o retorico, ma conservando intatto quel lirismo narrativo in grado di imprimere nella mente immagini e parole, e colpire il lettore come un pugno nello stomaco.
Pur ispirandosi liberamente alla vicenda de “La Rosa Bianca”, e alla figura storica umana di Sophie Scholl (da cui è stato tratto un bellissimo film diretto da Marc Rothemund nel 2005), 1945 è un’opera che vive di luce propria. Asciutta, rigorosa, crudele…da leggere assolutamente.
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