Piacere, Lucio: 4 marzo 1943
Facciamo un viaggio indietro nel tempo.
Anno 1971, ventunesimo Festival di Sanremo. Solito fermento tra le vecchie glorie della musica, Sergio Endrigo, i Ricchi e Poveri, Celentano, Al Bano e Nada. Tra tutti loro un giovane ventottenne dal look un po’ stravagante, decisamente poco in linea con l’abbigliamento classico (giacca e cravatta) degli uomini, con una folta barba, una coppola e una camicia piena di merletti decisamente demodé cucita però con tanto amore da sua madre Jole, modista di professione, aspettava di calcare il palco per la prima volta, in coppia con gli Equipe 84, con il suo testo di lancio, “4 marzo 1943”.
Con 297 voti, la canzone si guadagnò la terza posizione, superata da “Il cuore è uno zingaro” di Nada, che vinse l’edizione, e da “Che sarà” dei Ricchi e Poveri. Probabilmente contribuirono alla terza posizione non solo i pochi voti, ma anche le polemiche che i perbenisti e i moralisti mossero sia contro la canzone che contro Dalla stesso. Si parlava di un caso di censura del testo. Ciò nonostante, la canzone ebbe un grandissimo successo, rimanendo per ben quindici settimane di fila in prima posizione nell’hit parade dell’annata, consacrando al grande pubblico un certo Lucio Dalla, che divenne in un certo senso il vincitore morale di quel Sanremo. La canzone, comunque, pur non vincendo il primo premio, vinse il premio della critica.
Lucio Dalla non ha bisogno di grosse presentazioni: è la sua musica a parlare di lui e per lui, anche a chi di lui non sa nulla.
Sono le sue canzoni a parlare, canzoni che non sono canzoni, bensì storie che vibrano di musica. Storie che fondono insieme una piccola storia vissuta con la grande Storia, quella con la S maiuscola. Ma anche storie inventate, canzoni tutte diverse tra loro, caratterizzate da quella verve per cui, dopo soli pochi secondi dall’inizio della canzone, già si sa che si tratta di Dalla, un po’ anche per le vibrazioni del suo inconfondibile sax.
Lucio Dalla fa parte di noi, della nostra vita, della nostra storia. Ognuno lega a lui un determinato momento della propria vita, dove ricorda precisamente chi era, dove era e se qualcuno era con lui, e oggi, nel giorno del suo compleanno, gli rendiamo omaggio parlando della canzone che porta nel titolo proprio la sua data di nascita, appunto “4 marzo 1943”.
A dire il vero il titolo con cui oggi la conosciamo non è quello che Dalla aveva stabilito che fosse.
Difatti, la canzone avrebbe dovuto intitolarsi “Gesù Bambino”. Ma come potete immaginare una canzone, per essere presentata a Sanremo, doveva rispondere a certi “parametri”, ovvero canoni precisi di purezza e italianità, così dopo una trattativa con i dirigenti della Rai il titolo scabroso e sconveniente venne corretto con la data di nascita di Dalla, appunto 4/03/1943, anche se di autobiografico la canzone non ha nulla.
Inizialmente il testo avrebbe voluto essere autobiografico e parlare dell’assenza del padre, scomparso prematuramente quando Dalla aveva appena 7 anni. Ma si sa: spesso si pensa ad una storia ma la scrittura poi ci porta verso altri porti, proprio come il soldato degli alleati al quale la ragazza sedicenne protagonista si concede, rimanendo incinta. A raccontarci di questo cambio di rotta è proprio Paola Pallottino, amica storica di Dalla, nonché l’altra penna che collaborò alla stesura della canzone:
«Era una canzone cucita per lui: lo vedevo come un piccolo Orfeo e volevo ripagarlo della perdita del padre. Poi, in realtà, venne fuori una canzone sulla madre».
La canzone ricalca un po’ anche la storia personale dell’autrice, che ritenne quindi adeguato e calzante fondere in un’unica canzone le due storie personali. Nonostante la censura imposta dalla kermesse sanremese, alla fine Dalla la incise anche con il testo originale. E così le frasi che noi conosciamo provenienti dall’edizione di Sanremo, frasi come “mi aspettò come un dono d’amore fino dal primo mese“, “giocava a far la donna con il bimbo da fasciare”, o lo stesso finale “e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino”, tornarono ad essere, rispettivamente, “mi riconobbe subito proprio l’ultimo mese“, “giocava alla Madonna con il bimbo da fasciare“, “e ancora adesso mentre bestemmio e bevo vino… per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino“.
Di “4 marzo 1943” esistono diverse versioni e omaggi, a cominciare dai compagni dell’Equipe 84 per arrivare a quella di Francesco De Gregori nel ben famoso tour di Banana Republic, che inserì anche nel suo album “Sotto il vulcano” nella versione censurata, giustificando questa scelta in una intervista al Corriere della Sera e mettendo in evidenza come la versione censurata, a parere del Principe della musica italiana, fosse più dolce e armonica nel raccontare la maternità rispetto a quella più disillusa originale. Altre versioni interessanti sono quella francese cantata da Dalida e quella portoghese di Chico Buarque de Hollanda, che porta il titolo di “Minha història”. La canzone si presenta come una ballata popolare, decisamente diversa dalle canzoni più pop e nazional popolari proposte a Sanremo. Quattro strofe musicalmente identiche, introdotte da un refrain di violino curato dal noto Renzo Fontanella.
Curiosità:
La copertina dell’album del 45 giri di “4 marzo 1943” si presenta come una bellissima cartolina in bianco e nero del porto di Manfredonia, località delle vacanze estive dell’infanzia di Lucio. Il palazzo che si vede indicato da una freccia, inoltre, era il palazzo dove era solito alloggiare con la madre. A prescindere dalle questioni sulla censura e dalle tante versioni che gli rendono omaggio, che sia quella censurata o quella originale, si tratta di una delle canzoni più belle e famose della nostra canzone italiana, che ha permesso ad un grande autore di farsi conoscere ai più e di far sentire la propria voce.
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