Nella grande casa delle idee, gli anni ’20, ‘30 e ‘40 furono un periodo di notevole attività artistica (anche se alcuni lavori risultarono un fiasco al botteghino a causa della Grande Depressione e alle conseguenze che la seconda guerra mondiale portò al Paese). Basti pensare al grande successo riscosso dalla creazione di “Mickey Mouse” e dalle “Silly Simphonies”. Tali successi portarono alla creazione, nel 1937, del primo vero Classico Disney, “Biancaneve e i sette nani”, nonché primo lungometraggio totalmente realizzato in animazione tradizionale della storia del cinema.
Quando era un ragazzino e abitava a Kansas City, un pomeriggio Walt decise di dar fondo ai suoi risparmi per comprare il suo primo biglietto del cinematografo. Il film in programmazione quel giorno era la versione muta di “Biancaneve”, con protagonista Marguerite Clark. Il giovane Disney rimase affascinato dalla bellezza di quella pellicola e ne conservò per sempre un bellissimo ricordo. Per questo motivo, anni dopo, quando finalmente arrivò il momento di realizzare il suo sogno e girare un lungometraggio animato, decise di omaggiare il film che da ragazzo lo fece avvicinare al mondo del cinema.
Nel 1932 cominciò la lavorazione dell’adattamento della fiaba dei fratelli Grimm.
Il film uscì circa quattro anni e mezzo dopo e risultò essere un omaggio piuttosto fedele al racconto originale di Jacob e Wilhelm. Walt fu meticoloso nella realizzazione del suo primo Classico. Investì tutto quello che aveva nel progetto per fare in modo che ogni aspetto della pellicola risultasse perfetto. “Biancaneve” doveva essere obbligatoriamente un successo, altrimenti l’azienda di Disney avrebbe smesso di esistere. Serviva una storia credibile e drammatica, con personaggi ben caratterizzati, un villain all’altezza della situazione e una componente comica, rappresentata dai sette nani, che avrebbe smorzato i toni tragici della trama.
Il primo punto focale per la scrittura della sceneggiatura fu proprio la caratterizzazione dei nani. A differenza della fiaba dei fratelli Grimm, in cui i sette simpatici minatori risultano essere piuttosto anonimi, tanto da non avere neppure un nome, Walt e il suo staff donarono a questi personaggi un’identità vera e propria. Difatti, ogni nano si differenzia dall’altro per le peculiarità sia fisiche che caratteriali. Dotto, per esempio, anche se con qualche piccola difficoltà nell’esprimersi, si pensa che sia il più istruito tra loro; Brontolo, invece, è diffidente e irascibile, un personaggio che spesso è in contrasto con i pareri comuni degli altri nani.

Ma la caratterizzazione dei protagonisti non era l’unico aspetto su cui Disney intendeva lavorare.
Per il creatore di idee anche l’aspetto fisico e le movenze dei soggetti erano fondamentali. Desiderava che risultassero il più reali possibile e per questo motivo invitò i suoi disegnatori a seguire dei corsi sull’anatomia umana. Ma ben presto si rese conto che, se voleva che le sue animazioni avessero sembianze umane, i designer avrebbero dovuto basarsi su modelli in carne e ossa per riprodurre i personaggi.
Purtroppo la realizzazione di “Biancaneve” non fu tutta rose e fiori. Come detto, Walt era alla continua ricerca della perfezione, e per raggiungerla si rese ben presto conto che il film sarebbe costato molto più di quanto aveva preventivato. Tutti questi fattori furono fonte di un forte stress per il patron della Disney, che per distrarsi e schiarirsi le idee decise di prendersi una pausa e fare un viaggio in Europa.

Una volta tornato, Walt aveva le idee ben chiare su quali fossero le qualità che avrebbe dovuto avere la sua principessa.
Biancaneve doveva essere aggraziata, avere un portamento elegante (degno di una principessa) e trasmettere un senso di femminilità. Qualità che trovò nella giovane ballerina Marge Belcher Champion, che all’epoca aveva quindici anni. La ragazzina non trovò alcuna difficoltà nell’interpretare Biancaneve, riuscì a esibire le cadenze aggraziate che Disney desiderava per il suo personaggio senza nessun problema, mentre gli animatori ritrassero le sue movenze negli storyboard. Folgorato dalla presenza scenica di Marge, Disney decise di sfruttare la sua grazia per l’aspetto della Fata Turchina di “Pinocchio” e le sue doti da ballerina furono di ispirazione per la danza degli ippopotami in “Fantasia”. Ma per completare la figura leggiadra di Biancaneve era necessario donarle una gestualità e una voce altrettanto armoniose. Qualità che Walt Disney trovò in Adriana Caselotti.

E se Biancaneve risulta essere aggraziata e raffinata come una principessa, Grimilde è altrettanto signorile e affascinante. Una donna potente e distinta, dal fisico asciutto, con curve appariscenti e dalle movenze teatrali degne di una diva del cinema. Non c’è da meravigliarsi se per determinati aspetti, come la regalità e l’eleganza, Walt si sia ispirato ad un’attrice sublime come Joan Crawford. Tuttavia, fu durante il suo viaggio in Europa che Disney fu colto dall’ispirazione per creare la figura di Grimilde. A destare l’attenzione del creatore di idee furono le forme regali della statua di Uta di Ballenstedt, situata nel Duomo di Naumburg, in Sassonia. Ella era una nobildonna vissuta nel Medio Evo, moglie del Marchese di Meiben, Eccardo II, processata con l’accusa di stregoneria.
Ispirandosi a modelli in carne e ossa, i personaggi principali di “Biancaneve” apparvero molto più realistici sia nell’espressività che nelle movenze.

Considerati i soddisfacenti risultati ottenuti da “Biancaneve”, Walt desiderava portare sullo schermo un’animazione più complessa rispetto al suo primo lungometraggio. Difatti, “Bambi” avrebbe dovuto essere il secondo Classico Disney se non fosse che la complicata elaborazione dei personaggi richiese un maggiore impegno da parte dei disegnatori, che ancora non possedevano la giusta tecnica per donare agli animali un’adeguata espressività. Infatti in “Biancaneve e i sette nani” la fauna venne raffigurata come elemento piatto, senza particolari caratteristiche fisiche o espressive.
Per raffigurare Bambi e suoi compagni della foresta, Disney adottò lo stesso sistema utilizzato per “Biancaneve e i sette nani”. Fece sì che i suoi disegnatori prendessero confidenza con l’anatomia dei cervi e dei conigli (e non solo), portando dei veri animali agli Studios, organizzando trasferte allo zoo, in modo da poter osservare i loro comportamenti e le loro movenze. I risultati furono eccezionali, i designer ritrassero gli animali in tutta la loro bellezza riuscendo a coglierne, e quindi a ricreare, ogni singola particolarità.
Nonostante non riscosse il successo sperato, “Bambi” segnò una svolta dal punto di vista grafico, proprio per questo Disney lo considerava tra i suoi migliori film. Era talmente entusiasta del frutto del duro lavoro a cui si erano sottoposti i disegnatori che decise di utilizzare dei modelli per caratterizzare anche i suoi futuri personaggi. Bobby Driscoll, per esempio, fu di ispirazione per ritrarre Peter Pan, mentre una giovane Alyssa Milano posò per creare la figura di Ariel.

Durante la lavorazione dei personaggi del primo Classico, lo staff della Disney si concentrò molto sugli aspetti caratteriali sia di Biancaneve che di Grimilde.
La principessa avrebbe dovuto rappresentare la donna simbolo degli anni ’30, e per rispettare tali canoni era essenziale prendersi delle libertà rispetto alla fiaba dei fratelli Grimm. Nel racconto originale infatti, sono i nani che invitano Biancaneve a restare nella loro piccola casetta dispersa nel bosco, offrendole protezione dalla matrigna, ma al solo patto che lei si occupi della casa. Nella versione disneyana, invece, è lei stessa ad implorare i suoi nuovi amici di farla rimanere, offrendosi di sbrigare le faccende domestiche.
Grimilde, al contrario, è una donna potente e indipendente, in grado di governare un regno senza sentire il bisogno di un uomo al proprio fianco. Tuttavia, dietro questa maschera di invulnerabilità, si cela una forte insicurezza. Grimilde è la donna più potente del regno, ma nonostante questo vuole sempre di più, arrivando a desiderare qualcosa che non potrà mai avere. Nonostante la sua insicurezza e quei canoni di bellezza che brama, Grimilde è una donna che si crea la propria felicità al contrario di Biancaneve che attende che la salvezza le arrivi servita su un piatto d’argento (o su un cavallo bianco).

Secondo i canoni e la cultura degli anni ’30, Biancaneve incarna il clichè della ragazza servizievole, dedita alla cura della casa. Grimilde, invece, impersona tutto ciò a cui alla donna non era permesso essere: forte e, soprattutto, indipendente.
È un caso che la donna potente e autorevole nei primi anni del novecento venne raffigurata come una strega, e quindi come il male da sconfiggere?
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