Il fumetto “Bianco Intorno”, edito da Tunuè nella collana Ariel, racconta l’oppressione dei neri americani durante il XIX secolo.
Le storie vere, specie se narrate attraverso le pagine di un fumetto, non smettono mai di sorprenderci. E, soprattutto di incuriosirci, soprattutto se la storia in questione è rimasta per molto tempo e per molti, ignota.
“Bianco Intorno” sono due parole piene di significato. All’apparenza banali, forse, ma che se tenute insieme significano l’oppressione della figura soffocante dell’uomo bianco intorno ad un gruppo di giovani donne che, desideravano solo acquisire conoscenza.
Una conoscenza che veniva loro negata. In molti casi solo perché le donne non erano viste di buon occhio dietro ad un banco di scuola, ma soprattutto perché a farlo erano donne di colore. Donne nere, come vien scritto tra le pagine del fumetto. E così la casa editrice Tunuè, attraverso la Graphic Novel dell’illustratore Stephane Fert e dello sceneggiatore Wilfrid Lupano, ci presenta un racconto che trasuda storia, voglia di conoscenza e, soprattutto malvagità. E tanta ambiguità.
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Partiamo con lo spiegare perché “Bianco Intorno” è una storia importante, da conoscere e capire. Con le dovute premesse presenti all’inizio del fumetto, “questa è una storia ispirata a fatti realmente accaduti” e che si svolge a Canterbury, in Connecticut nel 1832. Trent’anni prima che l’abolizione della schiavitù (avvenuta con la guerra di secessione) facesse nutrire speranze di una nuova vita in tutte le persone oppresse dall’uomo bianco, la signorina Prudence Crandall, insegnante di una scuola femminile nella apparente tranquilla cittadina di Canterbury, si vede costretta a fronteggiare atti violenti o meno, di razzismo, una volta che, spinta dalla voglia di impartire una adeguata preparazione scolastica ad una ragazza desiderosa di apprendere, prende la coraggiosa decisione di insegnare solo a ragazze afroamericane.


La prima a varcare la soglia della tanto, ma tanto chiacchierata scuola, altri non è che Sarah Harris. Divenuta poi una figura importante del movimento abolizionista. Sarah, attraverso le pagine del fumetto, mostra fin da subito un chiaro interesse per la scienza, e per la conoscenza in generale. E anche se, onestamente, avrei preferito un approfondimento più concreto in alcune circostanze, la storia narrata in 142 pagine, racconta più di un importante pezzo di storia americana. Una storia che, immancabilmente, può servire a interpretare (non a comprendere, voglio specificare) alcuni atti di violenza che l’uomo bianco, purtroppo, ha commesso.
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Il fumetto, infatti, oltre a illustrare la vera storia di Prudence Crandall, l’insegnante che osò sfidare l’opinione pubblica razzista americana e di Sarah Harris, sua alunna e divenuta nel corso del tempo attivista politica, racconta anche la storia di Nat Turner, un rivoluzionario, schiavo, che guidò la famosa “rivolta degli schiavi” scoppiata in Virginia nel 1831. Una rivolta che segnò indelebilmente la storia e che macchiò di sangue la reputazione di ogni cittadino di colore, anche se con Nat Turner non condivideva né il pensiero né, tantomeno, quella rivolta priva di umanità.
“Bianco Intorno” ha quindi il grande pregio, attraverso una scrittura che trasuda storia e conoscenza, di porre a giudizio entrambe le facce della medaglia. La storia di Nat Turner, idolatrata da un giovane uomo nero, privo di ogni genere di educazione e perseguitato dalla furia bianca e condannata invece da una signorina ben istruita, ma sempre afroamericana.
“Bianco Intorno” è quindi la testimonianza di come un atto ignobile e privo di pietà, sostenuto dall’odio, non va mai umanizzato. Anche se quell’odio è scaturito da altro male.
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La storia della stupenda Graphic Novel che narra di come Prudence Crandall lottò per una giustizia che infondo non le apparteneva, ma scaturita da un bisogno di equità in un mondo che equo in fondo non è mai stato, è quindi narrata e illustrata attraverso le meravigliose tavole di un fumetto che detiene nei suoi colori e nelle sue espressioni la vera bellezza della storia. L’intensità che approfondisce le molteplici emozioni di ogni protagonista, antagonista o semplicemente comparsa all’interno delle tavole brillantemente disegnate da Stephane Fert è incredibile.
Il desiderio di apprendere e la consapevolezza di aver appreso, esattamente come l’odio, la paura, la tirannia, l’ignoranza, sono ritratte, esattamente come dipinti, dal delicato tratto mai banale di Stephane Fert. Esattamente come i silenzi e lo scorrere del tempo. E anche se avrei preferito un finale più chiaro, la storia, o meglio, le storie raccontate attraverso le pagine del fumetto, raccontano un’epoca che forse è già lontana. Ma, purtroppo, è più che mai attuale.
In conclusione, in Postfazione troverete alcune piccole biografie di Prudence Crandall, Sarah Harris e di alcune altre alunne della scuola di Canterbury.