La definitiva maturazione di Batman prese forma negli anni ’80, più precisamente tra 1986 e il 1988, quando alla DC Comics approdarono Frank Miller e Alan Moore. Il primo fu l’autore della saga dal titolo “Il ritorno del Cavaliere Oscuro”, pubblicata appunto nel 1986. L’opera di Frank Miller, che si distacca dalle altre storie sul Pipistrello, si svolge in una città degradata e corrotta dalla criminalità, dove gli innocenti non hanno nessuna via di scampo. Una Gotham immersa nell’oscurità. La stessa oscurità che Batman usa per contrastare i suoi nemici.
Sulla base di questa nuova versione di Batman, Frank Miller rimodellò completamente l’anima dell’Uomo Pipistrello, riscrivendo la genesi di Bruce Wayne per creare una nuova era. Nella serie “Anno Uno” (di Frank Miller) tutto quanto diventò molto più drammatico. Il piccolo Bruce vedrà uccidere brutalmente i suoi genitori e ne conseguirà un’epica storia di vendetta. Alan Moore realizzò “The Killing Joke”, la più bella opera che racconta la rivalità tra Batman e Joker.
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L’autore stuzzicò l’attenzione dei lettori raccontando quelle che potrebbero essere le origini del Pagliaccio psicopatico e, mettendoli di fronte al lato più perverso del Joker, che tra violenze fisiche e psicologiche tormenterà le persone più vicine a Batman
Frank Miller e Alan Moore riportarono Batman alle sue origini più oscure, ricreando un personaggio simile alla versione originale di Bob Kane.
Frank Miller diede vita al Batman che volevamo vedere, il Batman da cui Tim Burton si ispirò, quel Batman oscuro che vigilava nell’ombra, creando la prima versione cinematografica nel 1989.
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Nel 1979 i produttori Benjamin Melniker e Michael Uslan acquistarono i diritti di Batman dalla DC Comics, con l’intento di realizzare un film che andasse esattamente nella direzione opposta rispetto alla serie tv degli anni ’60. La produzione decise di affidare la sceneggiatura a Tom Mankiewicz, responsabile degli script di “Superman” (1978). Purtroppo il suo lavoro risultò avere toni e ambientazioni troppo leggeri e troppo simili all’Uomo d’Acciaio. Agli inizi degli anni ’80 gli studios contattarono diversi registi, tra cui Joe Dante e Ivan Reitman, anche se il progetto stentava a decollare per la mancanza di una sceneggiatura convincente.
Dopo il successo di “Pee-Wee’s Big Adventure” (1985) venne contattato Tim Burton, che all’epoca era un regista alle prime armi. Ma fu solo dopo aver visionato gli incassi di “Beetlejuice”, tre anni dopo l’uscita di “Pee-Wee’s Big Adventure”, che la Warner si convinse ad affidare ufficialmente il progetto a Burton. Questa volta come sceneggiatore la Warner ingaggiò Sam Hamm, che insieme al regista scrisse una storia cupa e angosciante, e allo stesso tempo molto psicologica, ambientata in una Gotham City buia e infernale, totalmente differente dalla versione grossolana degli anni ’60 e più vicina alla visione di Bob Kane. In quest’atmosfera lugubre, l’Uomo Pipistrello si scontrerà con la sua nemesi, il Joker, in una battaglia sia fisica che mentale.
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Quando Hamm completò la sceneggiatura, la produzione si rese conto che la componente psicologica dei personaggi non era abbastanza approfondita.
Per questo vennero ingaggiati Warren Skaaren (che aveva già lavorato con Burton per “Beetlejuice”) e Charles McKeown. A loro affidarono il compito di ritoccare lo script in maniera tale da migliorare la caratterizzazione sia di Batman che del Joker. Durante il corso delle riprese la sceneggiatura veniva continuamente ritoccata, e questo divenne motivo di stress non solo per la troupe, ma soprattutto per il regista. Burton difatti si appoggiò all’esperienza di Jack Nicholson, che lo motivava in ogni sua scelta.
“Gira quello di cui hai bisogno, fai quello che vuoi fare e va’ avanti” (Cit. Jack Nicholson)
Traumatizzato dalla pessima esperienza del primo Batman, quando gli venne offerta la possibilità di girare e produrre il secondo film, Tim Burton era riluttante all’idea di trovarsi nuovamente a lavorare ad un progetto di tale portata. E come se non bastasse, trovò poco convincente la prima stesura della sceneggiatura, scritta anche questa volta da Sam Hamm. Tim voleva una migliore caratterizzazione dei personaggi, specialmente per Catwoman, che lo aveva da sempre affascinato.
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Per “Batman – Il ritorno”, Burton stesso decise di coinvolgere nel progetto lo sceneggiatore Daniel Waters, che aveva già lavorato in “Schegge di follia”. Waters cominciò a rimodellare la sceneggiatura di Sam Ham, cercando di approfondire le debolezze di Batman. Il risultato fu una folle storia diabolica, in cui l’Uomo Pipistrello deve vedersela con ben tre nemici: Catwoman, un’attraente femminista in cerca di vendetta con un rapporto di amore e odio nei confronti di Batman; Pinguino, un mutante mezzo uomo e mezzo animale, rifiutato e gettato nelle fogne dai suoi genitori quando era appena nato; e Max Schreck un imprenditore ossessionato dal potere.
Burton decise di accettare la sfida anche in virtù del fatto che questa volta scelse che il film si sarebbe girato negli studi di Burbank, e non in Inghilterra.
Il primo Batman, infatti, venne girato ai Pinewood Studios di Londra nell’inverno del 1988/89. L’autore della scenografia era Anton Furst, che aveva già lavorato in “Full Metal Jacket” e che Burton aveva tentato di ingaggiare per “Beetlejuice”. Furst si dedicò anche al design della Batmobile, realizzando degli schizzi preparatori in poco tempo (la realizzazione della Batmobile occupò 14 settimane).
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Grazie alla creazione di Gotham City, Furst si aggiudicò il Premio Oscar come Miglior Scenografia, ma purtroppo non poté prendere parte a “Batman – Il ritorno”. Se ne occupò invece Bo Welch, lo scenografo di “Beetlejuice” e di “Edward mani di forbice”, che mantenne l’atmosfera infernale creata dal suo predecessore, ma donò a Gotham un tocco più ironico e giocoso. L’idea di Burton era quella di creare una città dall’aspetto fumettistico, che avesse i toni cupi tipici dei noir. Gotham City acquistò un aspetto dai toni scuri, drammatici, fuori dal tempo, simile a quello di “Beetlejuice”. Lo scopo era quello di connettere lo stato d’animo dei personaggi alle atmosfere cupe di Gotham. Batman è una creatura notturna, che opera nell’ombra e agisce col favore delle tenebre, per questo motivo Gotham viene quasi sempre ripresa di notte.
La produzione faceva pressione al regista perché ingaggiasse un attore famoso per i suoi film d’azione, ma Burton rifiutò categoricamente.
Voleva un attore sconosciuto. Per il ruolo di Bruce Wayne, non aveva dubbi, era fermamente convinto che Michael Keaton fosse l’uomo giusto. Il regista aveva già lavorato con Keaton in “Beetlejuice”, per questo sapeva benissimo che possedeva le doti giuste per entrare nei panni dell’Uomo Pipistrello. Era il passaggio psicologico da Bruce Wayne a Batman che preoccupava Tim Burton. Aveva bisogno di un attore che non desse subito l’idea di essere un supereroe. Le reazioni degli appassionati dei fumetti furono estremamente negative, impauriti che Michael Keaton avrebbe dato a Batman un tono ridicolo come quello della serie tv. 50.000 lettere di protesta invasero a Warner Bros. Bob Kane stesso non era entusiasta della scelta, affermando che l’attore non somigliava per niente a Bruce Wayne.
La scelta di Jack Nicholson per la parte del Joker invece mise immediatamente tutti d’accordo, produzione e regista.
Anche se fisicamente era totalmente diverso dal personaggio del fumetto, la vena di follia che Nicholson riusciva a trasmettere lo rendeva la scelta migliore per attribuire una credibilità al Joker. Tuttavia convincerlo a prendere parte al progetto non fu affatto facile. Il produttore Jon Peters lo avvicinò all’idea mentre l’attore era impegnato sul set de “Le streghe di Eastwick”. Anche se molto interessato, Jack Nicholson tergiversava nel dare una risposta definitiva, tanto che la Warner decise di contattare anche Robin Williams. Uno stratagemma che non solo gli avrebbe assicurato un grande attore nel caso di un eventuale rifiuto da parte di Nicholson, ma che spinse anche Jack a prendere una definitiva decisione.
“Fui rapito quanto il pubblico da quello che Tim aveva fatto nelle parti in cui non c’ero io.” (Cit. Jack Nicholson)
Il Joker è ispirato al vecchio film muto “The man who laughs” (1928), basato sulla storia di Gwynplaine, un ragazzo rapito e poi sfigurato in volto da una banda di pericolosi criminali. Quel particolare film in bianco e nero funse così di ispirazione per Bob Kane nella creazione del principale nemico di Batman.
Nato nel 1940, comparse per la prima volta nel primo numero della serie a fumetti “Batman”, caratterizzato fin da subito sia come un pericoloso clown psicopatico che nemesi dell’uomo pipistrello.Anche se nato come “uomo normale” (e protagonista delle più diverse interpretazioni sia nei fumetti che nei film), Joker impazzisce in seguito ad un incidente, dove alcune scorie chimiche gli deturpano il volto. Burton, a dispetto di altri personaggi creati in seguito, non dovette far grossi cambiamenti nel personaggio interpretato da Jack Nicholson. Jack Nepier, infatti, è già un uomo crudele, un gangster spietato, e l’incidente nell’industria chimica non fa altro che enfatizzare la sua cattiveria, portando la sua malvagità ad un nuovo livello creativo. Joker è una maschera carnevalesca, un clown che nasconde sotto la propria pelle l’orrore che si cela sotto la superficie.
E’ egocentrico, pazzo, vanitoso, imprevedibile.
Per il ruolo di Selina Kyle, la timida “assistente” di Max Schreck che in una splendida sequenza tipicamente Burtoniana, in cui si trasforma in Catwoman, assorbendo l’energia vitale da un branco di gatti, la prima scelta era Annette Bening, che dovette rinunciare perché in dolce attesa. Tim Burton scelse quindi di affidare la parte a Michelle Pfeiffer. Tale decisione non fece infuriare i fan come accadde con Michael Keaton, ma scatenò l’ira di Sean Young. La protagonista di “Blade Runner” era stata costretta a rinunciare al ruolo di Vicki Vale nel primo film dopo essersi rotta un braccio cadendo da cavallo.
Convinta che il ruolo di Catwoman le spettasse di diritto, si presentò agli studi della Warner vestita come la Donna Gatto, facendo irruzione sul set e pretendendo di essere ingaggiata per il film. Nonostante il trambusto creato dalla Young, Tim Burton non tornò sui suoi passi, e le negò la parte convinto che Michelle Pfeiffer fosse perfetta per il ruolo. Secondo il regista infatti “Michelle aveva una sorta di felinità”, era sexy e disposta a fare le cose più strane e incredibili. Famosa è la scena in cui Michelle Pfeiffer (Catwoman) riuscì a tenere un uccellino vivo in bocca per 5 secondi, per poi lasciarlo volare via. E no… non è un effetto speciale!
“Volevo creare un cattivo donna, perché quasi tutti i cattivi erano uomini. Così creai Catwoman dandole l’aspetto di una donna, per il pubblico femminile. In questo modo, avremmo conquistato il pubblico sia maschile che femminile”. (Cit. Bob Kane)
Conosciuta come la Gatta Ladra, nelle prime apparizioni Catwoman indossava un comune vestito da donna, verde, rappresentata con un viso da gatta. Soltanto dopo qualche apparizione venne disegnata con il look definitivo, con il quale sarebbe diventata nota e che sarebbe durato per i successivi 40 anni: un costume viola/verde con cappuccio. Nei fumetti aveva una doppia vita. Selina Kyle, il suo alter-ego, era una filantropa ambientalista che spesso si trovava a fare affari con Bruce Wayne. Catwoman era una ladra in perenne lotta con l’Uomo Pipistrello.
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Per rappresentare il personaggio, Tim Burton reinventò completamente la Donna Gatto. Selina Kyle è un’umile segretaria, una donna sola, quasi invisibile. Un’ombra negli affari sporchi di Gotham e di Max Shreck. Uccisa da quest’ultimo, tornerà in vita assorbendo l’energia vitale che le verrà donata da un branco di gatti. Rinascendo come Catwoman diventerà una creatura del tutto diversa, dedita alla vendetta contro il male, spinta da un forte sado-masochismo. Catwoman è una donna che non accetta di essere considerata inferiore a qualsiasi uomo, ma che non risparmia colpi di frusta a chiunque ostacoli il suo cammino, uomo o donna che sia. Famosa è la scena in cui Catwoman taglia a colpi di frusta le teste di quattro manichini in un centro commerciale. Michelle riuscì a girare la scena in un solo ed unico Ciak a seguito di un serrato addestramento.
Danny DeVito fu la prima ed unica scelta per il Pinguino.
Fin dall’inizio tutti quanti pensavano a lui per il ruolo. Chi altri avrebbe potuto interpretarlo? L’attore venne a sapere che Burton aveva intenzione di coinvolgerlo nel progetto tramite un articolo di giornale. DeVito non era per niente convinto di accettare la parte, perché, conoscendo il personaggio dei fumetti, un tipetto elegante di nome Oswald Cobblepot, non era entusiasta di ricoprire un ruolo con così poco spessore psicologico.
Ma Tim Burton sconvolse letteralmente il personaggio, donando ad un(quasi) insignificante cattivo, un’esistenza interessante. Il Pinguino è un sopravvissuto, un uomo che ha saputo istruirsi e capovolgere il suo destino. E sebbene sia cresciuto nelle fogne senza né madre né padre, abbandonato e deriso dal resto del mondo, Oswald ha bisogno di essere accettato. Rimasto colpito dalla creazione psicologica del personaggio, DeVito accettò il ruolo. Per riuscire ad entrare nella parte, Tim Burton donò a DeVito un quadro da lui stesso dipinto.
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“Tim ha fatto un quadro e me l’ha dato. Era molto vivace, sembrava il tendone di un circo. C’era un bambino seduto davanti. Era Oswald da bambino. Non aveva le mani, aveva solo le pinne ed era piccolo e rotondo. Aveva delle forme strane e spigolose e la didascalia diceva: mi chiamo Jimmy, ma tutti mi chiamano l’Orribile Pinguino Cattivo”. (Cit. Danny DeVito).
IL MAKE-UP
Nick Dudman, il make-up designer di “Labyrinth” e “Willow”, si occupò del trucco di Jack Nicholson. L’obiettivo di Dudman era quello di truccare l’attore come Joker senza però renderlo irriconoscibile, lasciando libero spazio all’espressività di Nicholson. Per trasformare visivamente l’attore nel Joker, furono realizzati molteplici calchi del volto di Jack, aventi più espressioni. Una volta eseguite le varie prove e vari calchi, Dudman iniziò a scolpire un ghigno che fosse adatto e permanente, dietro al quale Jack Nicholson avrebbe potuto sorridere per renderlo il più ampio possibile. Più complicata divenne però l’immagine del Pinguino.
Tim Burton aveva un passato da disegnatore, per un breve periodo lavorò anche per la Disney, e aveva un’idea ben precisa su come voleva che fossero i tratti distintivi del Pinguino. Per modellare la figura del personaggio, i make-up designer si basarono su alcune foto di Danny DeVito. Vennero così eseguiti dei ritratti di Danny DeVito sulla figura ipotetica del Pinguino e in seguito, seguendo le indicazioni degli schizzi di Tim, delinearono un uomo dalla pelle bianca e dalle grosse occhiaie, ricurvo, con il becco e con delle pinne al posto delle mani. E per la disgustosa saliva nera? Venne utilizzata una speciale miscela creata dal capo truccatori, Ve Neill, che mischiò colorante per cibi rosso e verde ad un collutorio.
Dopo “Pee-Wee’s Big Adventure” e “Beetlejuice”, Tim Burton scelse Danny Elfman per comporre la colonna sonora di “Batman” e “Batman – Il ritorno”.
“ ‘Batman è stato una via di mezzo tra creare la colonna sonora di un film e scrivere la musica per un’opera, perché, in ogni scena, pareva che il sipario si aprisse su una scenetta teatrale”. (Cit. Danny Elfman)
Prince venne ingaggiato per scrivere due canzoni per “Batman”, ma si appassionò talmente tanto sia ai personaggi di Frank Miller che al progetto in sé che scrisse diverse canzoni. Ma la visione senza tempo di Tim Burton non conciliava con lo stile anni ’80 del cantante. Il regista non riuscì ad armonizzare le canzoni con il film. Nonostante questo piccolo particolare, uscì un album interamente dedicato alla pellicola dell’uomo pipistrello, grazie all’ etichetta Warner Bros. Records, con le canzoni di Prince. Nonostante fosse un’epoca in cui i film di supereroi non riscuotevano chissà quale interesse da parte del pubblico, e la computer grafica fosse pressoché inesistente, il film di Tim Burton risultò essere un successo del 1989, nonché il maggiore incasso della Warner Bros fino ad allora.