Grazie a “Steamboat Willie”, Walt Disney aveva ufficialmente conquistato il mondo del sonoro, entrando di diritto nella storia del cinema. Mickey Mouse era diventato un personaggio iconico con una rapidità impressionante e stava portando alla Disney Productions un enorme successo.
Tuttavia, il fantasioso Walt sapeva perfettamente che non era il momento di abbassare la guardia e adagiarsi sugli allori. L’avvento del sonoro cambiò il modo di concepire una pellicola e per questo era importante che i suoi collaboratori lo padroneggiassero alla perfezione.
Era quindi fondamentale che l’animazione e il suono fossero sincronizzati.
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Per tal motivo, seguendo il consiglio del compositore e direttore d’orchestra Carl Stalling, che aveva curato le musiche di “The Gallopin’ Gaucho” (“Topolino Gaucho”), Walt chiese ai suoi animatori di creare dei corti appositamente pensati per il sonoro e che si distaccassero completamente dalle storie di Mickey Mouse. Fu così che nacquero le “Silly Symphonies”, una serie antologica di cortometraggi con protagonisti animali parlanti, personaggi delle fiabe, oggetti inanimati, fiori e piante.

L’idea era quella di mettere la musica in primo piano. All’inizio della produzione non era essenziale che le storie avessero una trama definita. Avendo l’opportunità di creare nuovi personaggi senza nessuna restrizione, i disegnatori poterono giocare con le espressioni e i movimenti. Il tutto però doveva essere accompagnato dalla musica e la sincronizzazione doveva essere precisa.
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Gli animatori diedero quindi sfogo alla loro fantasia e, prendendo spunto dalle fiabe più tradizionali, riuscirono a creare corti indimenticabili come “Il brutto anatroccolo”, “la lepre e la tartaruga”, “Cappuccetto Rosso” (intitolata “Il lupo cattivo”), “I tre moschettieri” e “Il pifferaio Magico”. Ma anche a dar vita a nuovi personaggi che in seguito entrarono a far parte dell’universo disneyniano, tra cui Pluto e Paperino.

Di seguito analizzeremo quelle che secondo noi sono le Symphonies più importanti, andando in ordine cronologico.
1 . “The Skeleton Dance” (“La danza degli scheletri”) – 1929
Notte fonda. In un grigio cimitero gli animali notturni iniziavano a prendere vita: i pipistrelli svolazzavano, un cane ululava alla luna, un gufo bubolava sul ramo di un albero. E due gatti neri bisticciavano sopra ad alcune lapidi. L’oscurità avvolgeva il mondo e gli scheletri avevano finalmente il permesso di uscire dalle loro sepolture, liberi di infestare il cimitero e terrorizzare le creature che lo popolavano.
Accompagnati dalle note di Carl Stalling, che in parte riadattò la musica classica de “La Marcia dei Nani” di Edvard Grieg, quattro scheletri cominciavano a danzare, usando le proprie parti del corpo come strumenti musicali. Scomponendole e poi deformandole. Gli omini di ossa disegnati da Ub Iwerks, lo stesso che assieme a Walt Disney realizzò “Steamboat Willie”, si improvvisavano in coreografie acrobatiche e danze oniriche. Fino a quando un gallo non annunciò l’alba con il suo canto. A quel punto gli scheletri iniziarono a fare fronte comune, unendosi, formando un unico essere, per poi andare a rintanarsi all’interno di una tomba.
“La Danza degli Scheletri” fu la prima delle Silly Simphonies e convinse anche lo scettico Pat Powers, creatore del sistema Cinephone usato da Disney per sonorizzare i propri lavori, che l’idea di produrre anche qualcosa di diverso dall’originale personaggio di Mickey Mouse fosse ottima.
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Nel corso degli anni gli scheletri ballerini sono stati riproposti in molti film, come “The Haunted House” con protagonista proprio Topolino, e più recentemente nel film di Tim Burton – che guarda caso aveva cominciato la sua carriera come disegnatore per la Disney – “La Sposa Cadavere”. In cui una band di scheletri si esibiva in una danza sulle note di “Remains of the day”. È comunque obbligo ricordare che esiste anche una danza eseguita da uno scheletro che trova le sue radici negli albori del cinema: “Le Squellette Joyeux” (1897) dei fratelli Lumiere. Possibile che sia stata di ispirazione per Iwerks?
2 – “The Ugly Duckling” (“Il brutto anatroccolo”) – 1931
Come detto sopra, presto Disney si rese conto del potenziale delle Sinfonie Allegre. Pensò che fosse saggio sfruttarle per iniziare a rappresentare anche le più classiche delle fiabe. Una delle prime che venne realizzata fu quella de “Il brutto anatroccolo” di Christian Andersen, che però venne totalmente rivisitata. Ambientata in una fattoria, la versione disneyniana del 1931 si allontana molto dalla fiaba originale.
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La storia era tra le più semplici. Il piccolo anatroccolo nacque in una nidiata di pulcini. Rifiutato sia dai fratelli che dalla chioccia, solo ed abbandonato, il brutto anatroccolo si mise alla ricerca del suo posto nel mondo. Verrà accettato dalla gallinella solamente dopo aver salvato i pulcini da un tornado. Sicuramente le tematiche sono simili a quelle descritte da Andersen nella sua storia. Ma le origini dell’anatroccolo, che crescendo diventerà uno splendido cigno, vennero del tutto ignorate.
E come tutti sanno, il brutto anatroccolo della fiaba troverà la felicità quando incontrerà la sua vera famiglia di cigni, abbandonando l’anatra che credeva essere sua madre. Nel corto Disney, invece, entrava ufficialmente a far parte della famiglia della chioccia.
Disney snaturò talmente tanto la novella dello scrittore danese che nel 1939, poco prima di porre fine alla serie delle Sinfonie Allegre, decise di realizzare un altro cortometraggio che fosse più fedele alla fiaba del 1843, creando così un piccolo grande gioiello.
3 – “Just Dogs” (“Solo Cani”) – 1932
“Just Dogs” ha senza dubbio avuto il merito di elevare ad un nuovo livello la popolarità del cane Pluto, che per la prima volta si trovava al centro di una storia che non aveva niente a che fare con la sua amicizia con Topolino. Difatti Pluto aveva fatto la sua prima apparizione due anni addietro nel film “La fuga di Topolino”.
L’Allegra Sinfonia “Solo Cani” si apre con una panoramica in un canile, dove molte razze canine, tristi, sconsolate e intrappolate in delle gabbie, ritrovarono la felicità grazie ad un cagnolino dal manto nero, compagno di “cella” di Pluto. Riuscito ad evadere liberò tutti i prigionieri rinchiusi nel canile.
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Gli animatori della Disney pensarono più volte di dare una voce a Pluto. Ma grazie all’espressività del suo volto, aggiungere anche la capacità di parlare sarebbe stata una cosa inutile, se non deleteria. Per questo Pluto è senza voce. Continuando a trasmettere i suoi pensieri attraverso le espressioni del suo muso e ai movimenti del suo corpo.
4 – “Flowers and Trees” (“Fiori e Alberi”) – 1932
Quando Walt era un ragazzino e frequentava la scuola elementare, la maestra diede alla classe il compito di fare un disegno che rappresentasse un vaso con dei fiori. Dando sfogo alla sua fantasia, il piccolo Disney, a differenza del resto della classe, disegnò un vaso contenente dei fiori che oltre ai petali avevano due occhi, un naso e una bocca. La maestra, contrariata dall’opera di Walt, gli disse che quel disegno non andava bene poiché i fiori non hanno né gli occhi né la bocca. Ma il ragazzino non si fece demoralizzare. In tutta risposta, disse alla maestra che i suoi fiori avevano una personalità, un’espressione, e potevano anche conversare tra di loro e con lui.
Molti anni dopo, da quel disegno nacque il cortometraggio “Flowers and Trees”.
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Un uccellino salutava il nuovo giorno fischiettando un motivetto per svegliare la natura che lo circondava. Fiori, alberi e piccoli insetti si destavano dal sonno notturno e iniziavano a vivere la propria giornata. Alcuni fiorellini si rinfrescavano con l’acqua di una pozzanghera. Un millepiedi simulava una doccia grazie ad alcune gocce rimaste tra i petali di un fiore. E due splendidi alberi amoreggiavano danzando e seguendo il ritmo di una delicata sinfonia. Ma, qualcuno, era scontento di questa nuova giornata. Un vecchio albero, privo di foglie e circondato da inquietanti creature come pipistrelli e serpenti era motivato dal desiderio di conquistare il cuore della bella alberella. Le tenterà tutte pur di portarla via con la forza.
Da questo atto di prepotenza nacque un duello tra l’albero più giovane, desideroso di difendere la sua innamorata, e il vecchio tronco.

La lavorazione di “Fiori e Alberi” significò sia per le “Silly Simphonies” che per la storia dell’animazione, un importante punto di svolta. Le storie narrate nelle Sinfonie Allegre stavano riscuotendo un grandissimo successo nella fabbrica delle idee di Walt Disney. Almeno fino a quando nei primi anni ’30 (era in cui la Grande Depressione ebbe inizio), ci fu un brusco calo di interesse da parte del pubblico. Così Walt decise che era giunto il momento di applicare un’idea che da anni gli frullava per la testa: inserire il colore nei suoi cartoni.
Esisteva già un sistema in bicromia, ma Walt non era soddisfatto della resa. Quando scoprì il nuovo sistema di stampa in Technicolor, Disney decise che voleva applicarlo a tutti i costi alle sue Silly Simphonies, poiché era sicuro che avrebbe cambiato il futuro dell’animazione. Il nuovo sistema di stampa si avvaleva di una nuova tecnologia in tricomia, procedimento mediante il quale venivano utilizzate tre matrici inchiostrate, ciascuna comprendente tre colori: magenta, ciano e giallo.
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Walt riuscì ad ottenerne l’esclusiva per due anni.
La complicata lavorazione di “Fiori e Alberi”, incluse anche un repentino cambiò di rotta per gli sceneggiatori delle Silly Simphonies, che inserirono un po’ più di pepe all’interno delle loro storie. In questo caso, la minaccia, rappresentata dal vecchio tronco grigio fu elaborata grazie ad una sceneggiatura coinvolgente e inaspettata. E anche se il corto durava poco meno di 8 minuti, gli animatori riuscirono a mostrare l’invidia, la cattiveria, la disfatta e infine la ripresa.
Il corto ebbe un grandissimo successo, tanto da spingere Walt a sperimentare sempre nuove tecniche di animazione e nuove storie per le Simphonies.
I corti d’animazione avevano raggiunto un tale livello e una tale bellezza da costringere l’Academy a non poter più ignorare questo genere di intrattenimento. E nel 1932 l’Academy introdusse il Premio Oscar per il Miglior Cortometraggio Animato. Oscar che, naturalmente, vinse “Fiori e Alberi, e fu il primo di una lunga serie di premi vinti da Walt Disney.
5 – “Three Little Pigs” (“I tre porcellini”) – 1933
I tre fratelli Fifer, Fiddler e Pratical Pig (Timmi, Tommi e Gimmi nella versione italiana), impegnati nella costruzione della propria abitazione. Fifer e Fiddler, essendo propensi allo svago e al divertimento, erano intenti a costruire le loro case rispettivamente di paglia e di legno, in modo da concludere alla svelta il lavoro canticchiando “Who’s Afraid of the Big Bad Wolf?”. Pratical Pig invece, molto più responsabile rispetto ai suoi fratelli, costruiva la sua casa con mattoni e cemento. Un lavoro decisamente più faticoso e impegnativo ma necessario per proteggersi da un eventuale attacco da parte del Lupo Cattivo. Tutto procedeva nel migliore dei modi, fino a quando il perfido Zeke Wolf (il Lupo Ezechiele), giunse nei pressi delle abitazioni fresche fresche dei tre porcellini e, spinto dalla fame, incominciò a dar loro la caccia.
“Three Little Pigs” rappresenta una tappa fondamentale nella storia dell’animazione Disney.
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Fino a quel momento gli animatori si erano principalmente concentrati sulle storie di Topolino, ma grazie all’arrivo dei tre porcellini le cose cambiarono. La maggior parte dei precedenti protagonisti delle Silly Simphonies erano infatti poco caratterizzati e le animazioni venivano riutilizzate in più e più cortometraggi.

Ne “I tre porcellini” i quattro personaggi furono tutti ben caratterizzati. E, anche se i maialini hanno un aspetto molto simile, sono ben distinguibili per molteplici caratteristiche: nei loro modi di fare, nel carattere e per i loro abiti. Timmi e Tommi erano gli immaturi e giocherelloni, mentre Gimmi (che presumibilmente è il maggiore dei tre), molto più concreto e giudizioso. Ottima è stata anche la caratterizzazione di Zeke Wolf, malvagio e ingegnoso, nonostante gli animatori siano riusciti comunque a renderlo simpatico e divertente. Ma non tutti sanno che esiste una prima versione. In questa prima versione del corto, il lupo tentava di farsi aprire la porta della casa di mattoni travestendosi come un mercante ebreo venditore di spazzole. Ma per evitare accuse di antisemitismo, nel 1948 la scena fu prima rianimata eliminando barba e nasone, poi ridoppiata molteplici volte per eliminare l’accento Yiddish.
A differenza dei personaggi dei precedenti corti i quattro protagonisti, nella realizzazione hanno ottenuto un carisma tale da restare facilmente impressi nella mente del pubblico. Questo grazie anche alle piccole modifiche apportate dallo staff Disney rispetto alla fiaba originale, in cui due dei tre porcellini finivano divorati da Ezechiele.
6 – “The Wise Little Hen” (“La gallinella saggia”) – 1934
A metà degli anni ’30, una gallinella cercava di vendere alcune pannocchie a due suoi vicini, Peter Pig (un maialino che ricorda molto l’aspetto dei tre porcellini) e Donald Duck. Ma entrambi finsero di avere un tremendo mal di pancia rifiutando così l’offerta della gallina. Una volta capito l’inganno, l’astuta gallina tenderà loro un tranello.
Come accaduto in “Solo Cani”, “The Wise Little Hen” portò per la prima volta in scena un personaggio che diventò uno dei più famosi nella storia dell’animazione: Donald Duck.
Paperino non è il protagonista della trama, tuttavia grazie a questo corto rimase impresso nella mente degli spettatori. Questa è l’ennesima conferma che, anche con personaggi nati come one shot – ossia da utilizzare solamente per un cortometraggio – era possibile creare figure davvero memorabili. Donald Duck infatti riapparse poco tempo dopo assieme a Mickey Mouse in “Orphan’s Benefit”.
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7 – “The Tortoise and the Hare” (“La lepre e la tartaruga”) – 1935
Nei lontani anni ’30, una lepre ed una tartaruga si sfidavano in una gara di velocità. La vittoria sembrava scontata. Ma durante il tragitto verso il traguardo la lepre, sicura del suo successo, si fermò più volte a pavoneggiarsi e questo suo atteggiamento le costò davvero molto caro.
La favola originale de “La lepre e la tartaruga” ha origine da Esopo, uno scrittore greco antico noto per le sue storie (“La cicala e la formica”, “Al lupo! Al lupo!”), considerato l’iniziatore della fiaba come forma letteraria scritta e, come tutti i suoi racconti, anche in “The Tortoise and the Hare” c’è un forte messaggio morale.
Il 1935 fu un anno importante per l’animazione poiché il contratto di esclusiva con la Technicolor si era concluso. Da quel momento la tecnologia in tricromia venne utilizzata sia per le storie di Topolino sia dagli studi concorrenti. Ma le Sinfonie Allegre continuarono a produrre successi e “La lepre e la tartaruga” fu la prova che la popolarità della serie poteva competere con qualsiasi altra casa di produzione. La politica intrapresa da Walt Disney di riadattare le fiabe dalle tradizioni popolari, cambiando alcuni piccoli dettagli per renderle adatte a qualsiasi tipo di pubblico, stava dando degli ottimi frutti per la Walt Disney Studios e l’Oscar vinto da “The Tortoise and the Hare” (il terzo vinto da Walt dopo “Fiori e Alberi” e “I tre porcellini”) fu l’ennesima conferma.
I personaggi della Lepre e della Tartaruga furono tra i più riusciti, tanto che la testuggine divenne protagonista di altre pellicole della serie delle Sinfonie Allegre. Mentre Max (la Lepre) è stato motivo di orgoglio per la Disney poiché i futuri conigli dell’animazione (tra cui Bugs Bunny e Roger Rabbit) si ispirarono proprio al protagonista della fiaba Disney.
8 – “The Country Cousin” (“Il Cugino di Campagna”) – 1936
Disney trasse di nuovo ispirazione dalle favole di Esopo, più precisamente da “Il topo di città e il topo di campagna”, e come per “La lepre e la tartaruga”, ne “Il Cugino di Campagna” è presente una forte morale.
Abner, un topolino di campagna, decise di andare a trovare il cugino in città, Monty, sperimentando uno stile di vita completamente diverso da quello di cui era da sempre abituato. Una volta giunto nella casa dove Monty si era costruito la sua tana, si trovò di fronte ad una tavola imbastita da un’immensa varietà di cibo. Nonostante il cugino cercasse inutilmente di dissuaderlo, Abner si fiondò sul tavolo e sul cibo. Rendendosi però conto che i pericoli da affrontare erano decisamente troppi, decise di fuggire dalla città per tornare alla tranquilla vita di campagna.
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Disney decise di far alzare il gomito ad Abner durante la sua avventura sul tavolo apparecchiato, in modo da rendere la storia più divertente e adatta ad ogni tipo di pubblico. Tuttavia la morale della favola non perse il suo significato. Non bisogna mai disprezzare niente, ma accontentarci e gioire di quello che abbiamo.
A livello grafico “Il Cugino di Campagna” sancì un grosso passo avanti per l’animazione della Disney. I due topini si differenziarono, sia per fisionomia che per abbigliamento. Gli sfondi risultarono elaborati in maniera eccelsa.
9 – “The Ugly Duckling” (“Il brutto anatroccolo”) – 1939
Il cerchio delle Sinfonie Allegre si chiuse con la seconda versione de “Il brutto anatroccolo”, questa volta attingendo appieno dalla fiaba originale di Andersen. A differenza del primo corto con protagonista l’anatroccolo, dove veniva rinnegato da una nidiata di pulcini di una gallina, in questa storiella il piccolo nacque in una famiglia di anatre che, ovviamente, lo teneva emarginato e abbandonato a sé stesso. Ferito e triste, si trovò a fare i conti con la solitudine, fino a quando una famiglia di cigni, suoi simili, lo riconobbe e lo accolse.
Anche se molto più fedele all’originale, rispetto a quello del 1931, c’è una discrepanza piuttosto evidente. Nella versione di Andersen, il cigno trovava i suoi simili e prendeva coscienza di sé solamente una volta raggiunta l’età adulta. Nel cartone animato di Disney, invece, dopo un breve pellegrinaggio, il brutto anatroccolo ebbe il suo lieto fine ancora pulcino.
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Non si tratta quindi di un lungo viaggio di maturazione ma di un racconto di formazione sulla discriminazione.
Fin dalla sua nascita, il dolce cucciolo, era bistrattato e allontanato da una famiglia che non lo voleva. Ma, durante la disperata ricerca di una madre si ritroverà a specchiarsi in un riflesso distorto, come metafora della propria confusione. La storia de “Il brutto anatroccolo” è da sempre considerata un’allegoria sull’emarginazione resa ancora più emozionante dalle intense espressioni delle animazioni. Come dimenticare le lacrime del piccolo anatroccolo, abbandonato e lasciato solo ad affrontare il mondo che lo considera diverso?
Con la nuova versione de “Il brutto anatroccolo” i cortometraggi animati delle Silly Simphonies giunsero al termine, anche se per breve tempo, le Sinfonie Allegre continuarono a regalare emozioni nella versione cartacea, con strisce a fumetti che ospitarono personaggi illustri dell’immaginario Disney come Pinocchio e Bambi.