“Dune – parte 2” di Denis Villeneuve. Il regista canadese ci riporta sul pianeta sabbioso di Arrakis in una pellicola spettacolare e tecnicamente ineccepibile.
Nel mondo della letteratura e del cinema esistono autori in grado di creare interi mondi. Tolkien ha difatti dato origine ad un universo epico come quello della Terra di Mezzo, popolato da personaggi straordinari come hobbit, elfi, stregoni e orchi. J.K. Rowling ha invece avuto il merito di ideare il mondo di Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria più famosa del cinema e della letteratura. Scuola frequentata da Harry Potter e diretta da Albus Silente. Frank Herbert ha invece scritto una serie di romanzi ambientati in un mondo interplanetario. Dove ogni casata controlla un intero pianeta come se fosse un feudo, che ha deciso di chiamare “Ciclo di Dune”.
Principalmente si ambienta sul pianeta Arrakis (o Dune), il maggior produttore della preziosa sostanza nota come Spezia, il film racconta delle diverse faide per il controllo del pianeta.
Il primo romanzo, come tutti gli altri del ciclo, ebbe un gran successo. Tanto da ispirare David Lynch per un adattamento cinematografico (uscito nel 1984) che però si distaccò molto dall’opera originale prendendosi troppe libertà.
Leggi – La bella estate: dal racconto di Cesare Pavese il dramma di formazione di Laura Luchetti
Cosa che invece non ha fatto Denis Villeneuve, che nel 2021 ha diretto la prima parte di una dilogia, ispirata proprio al primo romanzo del “Ciclo di Dune”. Alla sua uscita, il film riscosse il plauso di critica e pubblico, tanto da concedere al regista canadese la possibilità di dirigere un secondo film.
Villeneuve ci riporta quindi sul pianeta Arrakis, dove Paul Atreides (Timothée Chalamet), insieme al popolo dei Fremen, sta tramando vendetta contro gli assassini di suo padre, il Duca Leto Atreides. Ossia il Barone Harkonnen (Stellan Skarsgard) e l’Imperatore Shaddam (Christopher Walken).
Ma definire “Dune – parte 2” semplicemente un film potrebbe sembrare riduttivo. In quanto l’esperienza somiglia più a una vera e propria immersione nel pianeta desertico di Dune piuttosto che a una normale visione cinematografica. Oltre alla diatriba tra la casata degli Harkonnen e i Fremen, alleati con quel che resta della famiglia Atreides, il regista canadese riesce a rappresentare al meglio l’arido clima e l’ostile ambiente del pianeta dominato dalla sabbia.
Leggi – I tre moschettieri – Milady: Tormenti, intrighi e complotti nel secondo capitolo dedicato agli spadaccini di Dumas
Tutto quanto funziona in maniera veramente eccelsa. La sceneggiatura è ben scritta e molto chiara. E si prende il tempo di raccontare l’evoluzione dei personaggi già visti nel primo capitolo e per introdurne di nuovi. Su tutti Feyd-Rautha, il sanguinario nipote del Barone Harkonnen.
Scritta a quattro mani con Jon Spaihts, la storia riesce a sviluppare ottimamente la presa di coscienza di Paul, che entrerà sempre più nel ruolo di leader, e la sua storia d’amore con Chani. Per di più, riesce a spiegare le credenze religiose del popolo dei Fremen. Oltre all’importanza che essi danno ai loro riti e tradizioni, nonostante il conflitto interno tra credenti e non-credenti. L’unico aspetto negativo è forse la poca incisività di un personaggio come il Barone Harkonnen, che risulta meno demoniaco e subdolo di quanto dovrebbe invece essere.
Leggi – Il colore viola (2023): dalla scena di Broadway al grande schermo. Un dramma che sa di Blues
Gli interpreti, da Timothée Chalamet a Zendaya a Austin Bautler, risultano credibili e perfettamente in parte. Il protagonista di “Chiamami col tuo nome” e la star di “Euphoria” riescono a dar vita all’intenso legame tra Paul e Chani attraverso sguardi e sequenze estremamente ben dirette ed interpretate. E se il Barone Harkonnen non possiede quel magnetismo che aveva contraddistinto il personaggio del romanzo, Austin Bautler riesce a dare volto a un personaggio non facile da impersonare come Feyd-Routha dimostrandosi la controparte ideale per Chalamet.
Le musiche, eseguite da un maestro come Hans Zimmer, e sorrette da un impeccabile sonoro e da una fotografia avvolgente come la sabbia del deserto di Arrakis, aiutano lo spettatore ad inoltrarsi nel mondo creato da Frank Herbert. I colori e le sfumature create da Greig Fraser, già direttore della fotografia di “The Batman”, danno vita al pianeta che Herbert descrive minuziosamente nella sua opera. Ma forse sono le musiche a rendere “Dune – parte 2” una pellicola in grado di rapire completamente lo spettatore. Animate e vibranti durante le battaglie e flemmatiche nelle sequenze più introspettive.
Leggi – Killers of the Flower Moon: Dal saggio di David Grann il western di Martin Scorsese
Quello che più spicca però è sicuramente la regia. Villeneuve ha fatto decisamente un salto di qualità rispetto al precedente capitolo. Alcune riprese e inquadrature infatti hanno l’enorme pregio di incantare oltre che rapire tanto riescono a rappresentare la bellezza del pianeta Dune. Ogni scena si dimostra ben diretta e per niente disturbante. Sia che si svolga nella ventosa zona sud del pianeta Dune, dove a dominare sono le tempeste di sabbia, o nell’oscura notte del deserto.
Il regista canadese confeziona uno dei migliori film di fantascienza degli ultimi anni. Confermando il suo grande talento sia per la cura dei dettagli tecnici che per la capacità di adattare e dirigere un’opera completa come quella di Frank Herbert. E, cosa alquanto difficile, senza trascurare alcun aspetto della storia originale