Qual è l’atteggiamento della famiglia americana X, di fronte al tipico casolare sinistro e decrepito? Quello di preparare armi e bagagli e trasferirvisi senza ulteriori indugi, ovvio!
La triste vicenda dei Perron ha inizio proprio così, sulla soglia di una splendida, quanto vetusta, villa di Harrisville. I presupposti per cui qualcosa non andrà per il verso giusto ci vengono dati fin da subito: il cagnolino di famiglia, Sadie, sosta sull’ingresso abbaiando ininterrottamente, ed è lampante che non abbia alcuna intenzione di entrare. Strani eventi non tardano a palesarsi e, nonostante la tendenza a riportare il tutto alla pura eventualità, le cose tendono al peggioramento. Messa alle strette di fronte alla triste evidenza che la casa sia infestata, Carolyn Perron si rivolge a due noti demonologi, Ed e Lorraine Warren.
Senza pretendere troppo dalla trama, il regista stesso parla del suo film come di una semplice storia di fantasmi. Il che, effettivamente, è vero. L’opera è, però, importante per il genere fondamentalmente per la messa in scena. L’atmosfera di ansia e angoscia che permea la pellicola è densa, quasi palpabile e si può leggere nelle scenografie. La magione di cui i Perron sono appena divenuti i proprietari, infatti, gelida e fatiscente, è lo sfondo perfetto per la tragedia che in essa si consumerà.
Si ha la sensazione che la dimora abbia vita propria, per cui l’elemento sovrannaturale non è posto a latere, al contrario, è quello che muove le fila del racconto. Un aspetto interessante, che permette l’inserimento di eventi collaterali in maniera molto originale, è il ricorso a feticci: la bambola e il carillon, giocattoli comuni e notoriamente innocui, qui riprogettati con delle fattezze sinistre e inquietanti, diventano contenitori del male.
Il ricorso al jumpscare è ben calibrato e utile a innescare un meccanismo di allarme crescente verso una situazione che va via via peggiorando: il momento che rappresenta l’apice del terrore, l’esorcismo, paradossalmente rispecchia anche quello in cui lo spettatore è portato ad allentare la tensione, in quanto lo rende consapevole di trovarsi di fronte alla peggior cosa che sarebbe potuta capitare.
La pellicola è notevole, inoltre, per la corposa sceneggiatura – testimone del fatto che gli eventi presentati nel film siano ispirati a una storia vera – affidata a un ottimo cast, la cui punta di diamante è l’eterea Vera Farmiga: elegante e dignitosa nella sua purezza, la chiaroveggente è in grado, pur risentendone psicologicamente, di affrontare la minaccia di orribili demoni e si staglia come il simbolo del potere di quel Dio vittorioso che la Chiesa – forse vigliacca, forse impotente – stentava a contrapporre alle forze del male.
A storia conclusa, l’agognato lieto fine subisce uno sberleffo: nella sequenza finale, l’adrenalina torna a salire e la chiusura ad effetto strizza l’occhio al seguito di quello che è diventato il primo film di un fortunato franchise.
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