Approdata su Netflix, “Eric” si presenta come Thriller altamente ansiogeno ma anche come una serie TV estremamente profonda.
“I veri mostri non sono sotto al letto”. Con questa frase fa la sua comparsa in scena Eric, un enorme, ma innocuo, mostro dal pelo grigio con striature azzurre. Eric cammina su due zampe. Usa un linguaggio scurrile ed è frutto della fantasia di un ragazzino che spera possa diventare il nuovo personaggio nello spettacolo di burattini condotto da suo padre, Vincent Anderson.
Dopo i successi di “Sherlock” e “Patrick Melrose”, Benedict Cumberbatch torna a recitare in una serie televisiva, interpretando un uomo tanto tormentato e problematico quanto i personaggi sopracitati.
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televisivo “Good Day Sunshine”, è apparentemente una persona di successo. Tuttavia, scalfendo quella superficie che definisce solamente una parte del suo essere, Vincent si mostra per quello che è realmente. Un uomo emotivamente instabile. Tossico e alcolizzato. Un pessimo marito per sua moglie Cassie e, soprattutto, un padre dispotico per Edgar, un ragazzino intelligente e creativo che tanto ammira il lavoro del suo papà ma che al tempo stesso è terrorizzato dal suo temperamento tirannico.
Vincent è un uomo sicuro, convinto delle proprie idee. Capace di imporsi e dominare gli altri. Ma, nel momento in cui scoprirà che Edgar è misteriosamente scomparso, cadrà inevitabilmente in uno strapiombo e in un vortice di sensi di colpa, ossessione e perdita della ragione.
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E in tutto questo svilupperà due certezze: suo figlio è ancora vivo e tornerà a casa solamente se lui riuscirà a far andare in onda Eric. Ecco quindi che Vincent finirà in una spirale allucinogena che lo condurrà sempre più a fondo in una disperata e autolesionistica ricerca del suo bambino. E in tutto questo, ad accompagnarlo, ci sarà Eric. O meglio, la proiezione mentale di Vincent del mostro creato da suo figlio.
Così “Eric” assume la forma di un thriller estremamente oscuro. E accompagnerà lo spettatore in una storia di violenza e corruzione. Attraverso il personaggio di Ledroit infatti, il detective della sezione Persone Scomparse della polizia di New York, la serie TV creata da Abi Morgan, drammaturga gallese già sceneggiatrice di “The Iron Lady”, riesce a portare avanti e incrociare più di una trama. Puntando il dito contro comportamenti aberranti come il razzismo, l’intolleranza e lo sfruttamento minorile.
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Invero, lo stesso Ledroit, dalla pelle nera e omosessuale , è costretto a celare la propria natura per sopravvivere nella New York degli anni ’70. E durante la sua indagine si troverà ad un bivio. Sarà costretto a scegliere se indagare sulla scomparsa di Edgar, un ragazzino dalla pelle bianca, e discendente da una delle famiglie più ricche di New York o sulla scomparsa di Marlon Rochelle, quattordicenne di colore proveniente dal ghetto?
Se Cumberbatch riesce a dare volto e anima ad un uomo tormentato come Vincent Anderson, McKinley Belcher III regge perfettamente il confronto con l’attore britannico e il suo sconfinato talento, impersonando un detective costretto, suo malgrado, a reprimere tutte le proprie emozioni e sentimenti. Il tutto nel tentativo di rimanere lucido e risolvere non uno, ma ben due casi altrettanto delicati.
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Ma è proprio la volontà delle creatrice Abi Morgan di sovraccaricare la trama e affrontare troppe tematiche il più grande difetto di “Eric”.
La storia è senza dubbio coinvolgente. E i risvolti per niente scontati. La tensione che regna per le strade di New York viene enfatizzata dall’utilizzo delle musiche che comprendono artisti del calibro di Bob Dylan, i Cure, Billie Holiday e i Velvet Underground (per citarne alcuni). Eppure, alcuni personaggi si perdono in una trama più ampia e troppo complessa per essere raccontata in soli sei episodi. Non solo. Alcune risoluzioni sono fin troppo sbrigative, nonostante la sceneggiatura si prenda il giusto tempo per condurre il pubblico alla verità.
Inoltre, in mezzo a tanta violenza e mistero, “Eric” ha il grande pregio di riuscire a narrare la storia di un uomo che è costretto a fare i conti con le proprie responsabilità e i propri demoni. Trovando il coraggio di cambiare, evolversi e quindi redimersi.
Perché purtroppo, come diceva Tolstoj e come Vincent medesimo cita più di una volta “tutti pensano a cambiare il mondo e nessuno pensa a cambiare se stesso”.