Con “Etoile” i Palladino sono pronti ad una nuova sfida: portare il balletto sullo schermo e le complessità che ne derivano. Ci saranno riusciti?
Mettiamo le cose in chiaro. “Etoile” non è all’altezza di produzioni come “Gilmore Girls” oppure “The Marvelous Mrs. Maisel”.
Ma non perché sia un prodotto di minore qualità. “Etoile” è difatti una raffinata serie che si realizza come prodotto a sé stante. Non commerciale, per intenderci. La potremmo definire quasi come la prova d’autore dei coniugi Palladino.
“Etoile” non brilla di eccessivo brio come i sorprendenti dialoghi o monologhi di Midge Maisel. Oppure come la superba e loquace sceneggiatura passata alla storia degli abitanti di Stars Hollow. In “Etoile” l’ambiente è frenetico, sì. Ma contenuto. Tutto è più contenuto.
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Dagli scambi di battute agli infiniti monologhi di Cheyenne (una sorprendente Lou de Laâge).
Il tutto, incorniciato dalla vera essenza di “Etoile”: il balletto.

E qui tutto assume qualcosa di più intimo: dalla rabbia alla paura; dall’amore alla passione. E il rigore, l’educazione, ma soprattutto la disciplina è sacra per riuscire a divenire un “Etoile”, il/la primo/a ballerino/a di un corpo di ballo.
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“Etoile” è quindi definibile come l’Everest dei Palladino. Una serie di difficile produzione, non priva di difetti, molti dei quali piuttosto evidenti, ma è una serie che cresce episodio dopo episodio, tra scrittura, regia e i suoi personaggi, novelli artisti che danno alla propria vita il senso stesso di quella stessa arte che regala loro ragione di esistere, peculiari nei loro tratti distintivi.
Ma procediamo per gradi.
Creata da due menti geniali, quali Amy Sherman-Palladino e Daniel Palladino, e girata tra New York e Parigi, la serie racconta la storia di due compagnie di danza, le più prestigiose, pronte a scambiarsi le loro stelle più promettenti, gli Etoile, appunto, con la speranza di destare interesse negli appassionati (e non) e risvegliare il futuro del balletto classico, caduto nell’indifferenza di un pubblico sempre più distratto e attratto dai social.
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Così, i direttori Jack (interpretato da Luke Kirby, che i più fedeli alle produzioni dei Palladino ricorderanno come Lenny Bruce) e Genevieve (Charlotte Gainsbourg), si impegnano, con tutte le loro forze aggiungerei, a far sì che la danza ritrovi l’interesse di un pubblico interessato solo a realizzare e a guardare un breve video su Tik Tok.
La critica alla società contemporanea è quindi evidente. Da una parte Jack è costretto a sostituire una ballerina caduta, e quindi infortunata, a causa della realizzazione di un video da inserire su Tik Tok. Dall’altra Genevieve, tiene a far notare ad uno spettatore (tra i tanti attorno a lei) la possibilità di beneficiare dello spettacolo che ha di fronte, senza l’ausilio del cellulare (anche se la suddetta scena, obiettivamente è di per sé un paradosso perché è grazie al potere dei social che alla fine il balletto attira l’interesse del pubblico).
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La firma dei Palladino è evidente. Non solo la storia trova una naturale scorrevolezza (in special modo dal quarto episodio), ma sono gli stessi protagonisti il motore di “Etoile”. Ogni personaggio è a sé. Cheyenne, la pseudo protagonista, anche se in realtà non lo è, cresce, si evolve e, cosa importante, riesce a catturare l’attenzione di uno spettatore anche un po’ distratto. La sua storia è energica, ed anche se a volte si ha la sensazione che la sua sola presenza sovrasti il naturale equilibrio della serie, in realtà è linfa vitale, come il suo talento. La progressiva crescita di una ragazza tanto energica, non solo piena di talento, ma con una mente attiva e pensieri che potrebbero sconvolgere i delicati equilibri di ogni essere vivente, è un esempio.

Oppure Tobias (interpretato da Gideon Glick, altro volto conosciuto dei Palladino), il geniale coreografo, un po’ strambo, ma che si trova catapultato dalla frenesia della Grande Mela alla signorilità parigina. Anche Tobias cresce, e, come la sua stessa arte trova sostegno, complicità in altri esseri umani che come lui vivono e respirano la danza come arte.
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Protagonista, aggiungerei, di uno degli episodi più emozionanti di “Etoile”, è proprio qui che, purtroppo, Tobias riesce a far cadere quella maschera che, sapientemente, aveva sempre tenuto ben stretta. In un monologo che, preso in esame il suo personaggio, emana fin troppo calore umano. Ma al di là di questo, a mio avviso, piccolo scivolone fin troppo emotivo, Tobias è tra i personaggi migliori della serie. Una serie che, ribadisco, fa dei suoi personaggi il suo unto di forza.
Come Jack, il direttore generale del balletto di New York, trova una propria evoluzione. La recitazione di Luke Kirby poi è inconfondibile, trascinante nei modi e affascinante, esattamente come un moderno Lenny Bruce.
La sceneggiatura è un fiore all’occhiello, e anche se la narrazione può destabilizzare l’attenzione dello spettatore a causa dei dialoghi multilingue (sono ovviamente presenti i sottotitoli quando parlano in francese) e un copione tipico della cultura Palladino, ma allo stesso tempo non così tanto caratterizzato da frenesia, la storia si assapora puntata dopo puntata. Le sotto trame trovano soluzione, a volte stupendo lo spettatore, e permettono che l’interesse e le storie principali trovino una giusta soluzione. O quantomeno, una giusta riflessione.
“Etoile” è quindi una serie tv corale, e probabilmente è proprio questo il suo punto debole.
Ma, oltre ad una produzione estremamente complessa (tra New York e Parigi), si aggiunge una meravigliosa fotografia e regia che esaltano le figure dei ballerini e degli Etoile. Luci soffuse, ombre, l’ambiente caldo e rassicurante di una sala prove che trova conferma sia di giorno quando i sognatori trovano conferme e delusioni, e anche di notte, nella fantasia di una giovane ballerina che desidera solo sollevarsi sulle punte.
Di seguito il Trailer di “Etoile”.