“Questa è la fine, meravigliosa amica. Questa è la fine, mia sola amica. La fine dei nostri piani elaborati,. La fine di ogni cosa che sta in piedi, la fine. Né salvezza né sorpresa. La fine.” (“The End” – The Doors. Dalla serie tv “Feud”)
Ma che cos’è veramente la fine? Morire? Concludere una carriera? Sparire nel nulla? No. La fine, la vera fine, è essere dimenticati. Perché un essere umano non muore quando smette di respirare o quando il suo cuore si ferma. Cessa di esistere solo quando viene dimenticato.
Ed è proprio questo che terrorizzava tanto Joan Crawford. Essere dimenticata. Perché nella Terra dei Sogni, l’illusione della perfezione contava molto più del genio.
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Eternamente nostalgica, Joan conviveva con il timore perpetuo di terminare la propria carriera e la propria vita sola e abbandonata in quel “Viale del tramonto” che ogni artista teme di raggiungere. Un passato vissuto come una Dea del cinema, bisognosa di attenzioni, la Crawford, fiera di stringere quell’unico oscar per “Il romanzo di Mildred” che la condusse alla gloria, agognava ricevere un altro riconoscimento dall’Academy, convinta che questo le avrebbe consentito di tornare ad essere la diva che tutti amavano. Ma prima di tutto, la Crawford, era una donna fragile, impaurita da un mondo, quello del cinema, che progrediva inesorabilmente. Alle nuove talentuose attrici, giovani, di bell’aspetto e, talvolta, non altrettanto brave, le major assegnavano le parti migliori, lasciando le vecchie glorie ad appassire lentamente.
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Il talento era una seconda opzione non sempre considerata. Nonostante nel corso della storia, il cinema abbia subito numerose evoluzioni, questa discriminazione verso la figura della donna è andata avanti per decenni. L’estro veniva così messo in ombra dall’avvenenza.
Attraverso “Feud”, Ryan Murphy ha voluto raccontare e denunciare l’ingiusto trattamento subito dalle attrici e da qualsiasi altra figura professionale nel mondo dello spettacolo.
L’esempio perfetto è rappresentato da Pauline Jameson (Alison Wright). La segretaria/assistente del regista Robert Aldrich (Alfred Molina), colui che si batterà per avere Joan Crawford e Bette Davis nel proprio film, deciderà di dare una svolta alla sua vita, dirigendo una sceneggiatura scritta di suo pugno.
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Purtroppo si vedrà sbattere la porta in faccia da tutta l’industria di Hollywood, in particolare dallo stesso Aldrich (Alfred Molina) e da Joan Crawford, secondo la quale era inconcepibile che una donna potesse dirigere un film.
Durante la lavorazione di “Che fine ha fatto Baby Jane?”, la faida (Feud) tra Joan Crawford (Jessica Lange) e Bette Davis (Susan Sarandon), che imperversava da anni, si intensificò maggiormente. Tuttavia, non sono le scaramucce tra le due interpreti al centro della trama, bensì la vulnerabilità e la fragilità dell’animo umano.
Ma come nacque il rancore tra le due stelle?
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Il motivo dell’astio tra Bette e Joan ha un nome: Franchot Tone, l’uomo che conquistò il cuore di entrambe.
Ambedue erano innamorate dell’affascinante protagonista de “La tragedia del Bounty” che, dopo un lungo corteggiamento, convolò a nozze con Joan Crawford. Narra la leggenda che Tone si convinse ad arrendersi alle lusinghe di Lucille LeSueur (vero nome della Crawford), quando l’attrice lo invitò a casa sua per una cena e lo accolse completamente nuda.
Così nacque l’epico antagonismo tra Bette Davis e Joan Crawford, una rivalità che le accompagnò per il resto della loro vita, esattamente come succede a Madeline (Meryl Streep) e Helen (Goldie Hawn), protagoniste de “La morte ti fa bella”.
Da sempre nemiche/amiche, l’animosità della loro discordia raggiungerà l’apice a causa di un uomo, il dottor Ernest Menville (Bruce Willis), inizialmente compagno di Helen e poi marito di Madeline. Proprio come Joan e Bette, si troveranno a combattere, e quindi a puntare il dito, contro un mondo che elogia la bellezza apparente. E come Joan Crawford cadranno vittime della loro stessa vanità, finendo per autodistruggersi.
Quel senso di riscatto trasmesso dalle interpretazioni di Jessica Lange e Susan Sarandon, si respira anche nel personaggio di Bob Aldrich.
Fino a quel momento considerato un regista di serie B, troverà in “Che fine ha fatto Baby Jane?” la sua occasione per dimostrare a Hollywood e, soprattutto a sé stesso, il suo enorme talento. Come Bette e Joan, anche Aldrich si sentirà escluso dalle major, tuttavia in più di un’occasione riuscirà a imporsi e ad ottenere ciò che pensa sia meglio per la sua carriera, scontrandosi con il leader della Warner Bros. Jack Warner (Stanley Tucci).
Anche se in alcuni frangenti Murphy avrebbe potuto conferire un’impronta molto più graffiante, evitando un inutile stilismo politicamente corretto (cosa che purtroppo troveremo nella serie tv “Hollywood”), “Feud” risulta essere una forte critica al circuito produttivo. Hollywood dovrebbe essere la Città dei Sogni, ma nella versione del creatore di “American Horror Story”, a volte succede che a Hollywood i sogni non si realizzano, ma svaniscono nel nulla.