Uno crimini più atroci e dimenticati della storia americana che gli Osage ricordano ancora oggi come “Gli anni del terrore”.
Ogni città, per quanto piccola e poco conosciuta, ha la propria storia e le proprie tradizioni. E, come ogni luogo che si rispetti, ha il proprio modo di preservarle e di tramandarle di generazione in generazione. A Pawhuska per esempio, una piccola cittadina dell’Oklahoma (nella contea di Osage) che conta poco più 3000 abitanti, oltre al Ben Johnson Cowboy Museum e l’Osage County Historical Society, si trova un museo molto particolare e mirato a raccontare uno dei capitoli più tenebrosi della storia americana.
All’Osage Nation Museum, infatti, potrete trovare una vasta raccolta di fotografie e documenti riguardanti la storia degli Osage. Una tribù di nativi americani che, nell’Oklahoma degli anni ’20 del novecento, infestata dai pregiudizi e dal razzismo, era la popolazione più ricca dello stato. In particolare, una delle sale del museo ospita una bellissima fotografia, grande quanto l’intera parete, datata 1924. Qui, durante una cerimonia tradizionale dell’epoca, vennero immortalati i membri della nazione indiana assieme ai più facoltosi uomini d’affari di Osage. Un’immagine bellissima (per quanto ingannevole) che trasmette integrazione, amicizia e collaborazione.
Ma perché ingannevole?
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Ora ve lo spiego. L’immagine risulta incompleta poiché all’estrema destra un frammento della foto è stato strappato via. Dal fotogramma infatti manca William K. Hale, una delle personalità più in vista dell’epoca, un uomo tanto ricco quanto avaro, un mostro che per anni terrorizzò la pacifica popolazione degli Osage al solo scopo di impadronirsi delle loro ricchezze. I proprietari del museo, gestito ovviamente dai discendenti dei nativi americani, decisero di rimuovere quel frammento non per obliare, come avevano fatto la maggior parte degli americani, l’orrenda serie di delitti perpetrati da Hale, ma proprio perché non potevano dimenticare né, tanto meno, perdonare.

Quella degli Osage era nata come una bella fiaba in cui, dopo essere stati cacciati dalla propria terra e confinati in una riserva nell’Oklahoma, avevano finalmente trovato la serenità e, soprattutto, la ricchezza. Gli indiani della tribù Osage difatti erano originari della regione delle Grandi Pianure. Più precisamente in un appezzamento di terra che si trova nell’attuale Missouri. E durante il periodo della colonizzazione francese si erano arricchiti grazie al commercio delle pellicce. Ma, a seguito della Guerra di Indipendenza e dopo l’adesione del Missouri negli Stati Uniti d’America, gli Osage furono costretti ad abbandonare i loro territori.
Spogliati dei propri beni, cacciati dalle loro case e senza una dimora, negli anni ’70 del XIX secolo si stanziarono nella riserva di Pawhuska, un territorio sterile, roccioso e impossibile da coltivare. Eppure, mezzo secolo più tardi, ossia negli anni ’20 del novecento, in quella zona tanto ostile quanto priva di valore, vennero scoperti degli immensi giacimenti di petrolio, che resero la Nazione degli Osage uno dei popoli più ricchi dell’intero pianeta.
Fine della storia…
… e inizio dell’incubo.
Nella contea di Osage esiste una targa commemorativa dedicata al “Million Dollar Elm”, un enorme albero che negli anni ’20 fu testimone della più sanguinaria caccia all’oro nero della storia. Difatti, è proprio sotto le fronde di tale albero che si tennero le aste per le concessioni per estrarre il petrolio dal terreno degli Osage. Personalità come J. P. Getty e Franck Phillips, due famosi imprenditori dell’epoca, spesero milioni e milioni di dollari pur di aggiudicarsi il maggior numero di permessi.
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E a beneficiarne fu proprio la tribù degli Osage, che in men che non si dica si trovò ad essere la nazione più ricca del paese. Tanto da potersi permettere i migliori college per i propri figli e il lusso di acquistare le macchine più costose, guidate da autisti dalla pelle bianca.
Ma purtroppo non è tutto oro quel che luccica. Conoscete il detto “i soldi non fanno la felicità”? Ecco, non esiste frase migliore per definire ciò che accadde in seguito all’arricchimento degli Osage. Invero, se Getty, Phillips e la maggior parte degli imprenditori americani erano disposti a sborsare cifre esorbitanti pur di ottenere legalmente il diritto di appropriarsi del petrolio, altri preferirono usare la forza. Convinti che armi come la corruzione e la violenza fossero la via più rapida per arrivare al loro obiettivo.
William King Hale, un avaro e ricco allevatore di origine texana, elaborò, assieme ai suoi nipoti Ernest e Bryan Burkhart un terribile piano. Lo scopo era rendere Hale il possessore legale non solo delle concessioni per l’estrazione del petrolio, bensì di una parte del terreno degli Osage. La prima mossa fu quella di combinare il matrimonio tra il nipote Ernest e Mollie, una nativa americana della tribù degli Osage. Stipulando così una polizza assicurativa che rese Ernest Burkhart un membro della famiglia di Mollie, e quindi erede della loro fortuna.

La seconda mossa, quella più truculenta, prevedeva omicidi, esplosioni, avvelenamenti e bagni di sangue. Ernest era a tutti gli effetti un legittimo successore della dinastia. Ma per godere di tale privilegio era prima necessario che tutti i membri della famiglia passassero a miglior vita.
E per tutti, intendo letteralmente tutti.
Il 21 maggio 1921, il diabolico piano di Hale produsse la prima vittima. Anna Brown – che aveva mantenuto il cognome del suo ex marito Oda – sorella minore di Mollie, scomparve misteriosamente dopo aver trascorso la serata con la famiglia e poi con alcuni amici. Tra cui Bryan Burkhart.
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Per giorni e giorni l’intera comunità degli Osage, compresi William Hale, Ernest e Bryan, parteciparono ossessivamente alle ricerche della giovane scomparsa. Il cui cadavere venne ritrovato da due cacciatori sulle rive di un torrente (manca una parola) sul Three Mile Creek. Il riconoscimento del cadavere non fu per niente semplice. Poiché a causa dell’umidità il corpo era già in avanzato stato di decomposizione.
Tuttavia fu Bill Smith, marito dell’altra sorella di Mollie, Rita, a confermare che si trattava di Anna Brown. E dopo una lunga autopsia i fratelli James e David Shoun, due famosi anatomopatologi, stabilirono che la causa della morte era un colpo sparato a brucia pelo che aveva perforato il cranio della povera ragazza. Ci vollero anni prima che Tom White, ex Texas Ranger e agente dell’allora appena nata FBI, dimostrasse che gli esecutori del delitto fossero Bryan Burkhart e Kelsie Morrison, un contrabbandiere assoldato da Hale con il quale aveva un debito di 600 dollari.
Lo sterminio degli Osage aveva ufficialmente avuto inizio.
L’omicidio di Anna Brown non era che l’inizio, la punta di un iceberg di orrore che per anni avrebbe perseguitato i nativi americani. Infatti, mentre a Three Mile Creek i due cacciatori rinvenivano il corpo senza vita della giovane indiana, sulle colline appena fuori da Pawhuska, un operaio addetto alla trivellazione notò il cadavere di un uomo impigliato alla base di un derrick, un grande macchinario utilizzato per l’estrazione del petrolio. Anch’esso, come quello di Anna, era in avanzato stato di decomposizione a causa del caldo e dell’umidità. E fu solo grazie ad una missiva tenuta in tasca che fu possibile risalire alla sua identità. Si trattava di Charles Whitehorn, cugino di Mollie, Anna e Rita.

I due omicidi scossero la comunità Pawhuska, ma non abbastanza da indurre lo sceriffo ad indagare a fondo. Una negligenza quella dello sceriffo dovuta ai sostanziosi contributi che Hale versava sul conto del dipartimento. Così, in un il vortice di corruzione e indifferenza, l’autoproclamatosi Re delle Osage Hills continuava indisturbato il suo massacro. E a farne le spese, circa due mesi dopo la prematura scomparsa di Anna, fu sua madre, Lizzie.
Inizialmente, a causa dell’attempata età della donna, gli inquirenti pensarono che la morte fosse avvenuta per cause naturali. Ma in seguito e dopo aver riscontrato gli stessi sintomi in soggetti molto più giovani di lei, fu dimostrato che Lizzie era stata avvelenata. Per settimane infatti, le bevande della povera donna erano state intossicate con una sostanza velenosa. La medesima che, due anni più tardi, avrebbe causato la morte di George Bigheart, altro cugino di Mollie Brown e colpevole di essere in possesso di informazioni che avrebbero inchiodato la famiglia Hale.
Prima che l’FBI prendesse le redini delle indagini e infiltrasse agenti in ogni banda criminale nota allo stato, persino chi indagava e si avvicinava troppo alla verità veniva messo a tacere.
È il caso di William Vaughn, l’avvocato di Bigheart che, dopo aver colloquiato con il suo cliente, all’epoca ricoverato in un ospedale di Oklahoma City a causa di un’intossicazione da veleno, aveva raccolto tutte le informazioni e i documenti che gli servivano per inchiodare Hale e i suoi complici. Purtroppo quei documenti non arrivarono mai a destinazione. Non vennero mai visionati né da una corte né dal Bureau, e la deposizione di Bigheart non venne mai ascoltata.
William Vaughn scomparve improvvisamente mentre si trovava sul treno che lo avrebbe riportato a Pawhuska. George Bigheart perì in ospedale poche ore dopo il colloquio con il suo avvocato.
Ma la scia di inferno e sangue propagata da William Hale non conosceva limiti. E la sua avidità lo portò a compiere altri due efferati crimini continuando così la decimazione della famiglia di Mollie.
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Nel febbraio del 1923 a cadere sotto i violenti colpi del Re fu Henry Roan, un altro cugino di Mrs. Burkhart. Oltre ad essere un potenziale erede del patrimonio di famiglia, aveva stipulato un’assicurazione sulla vita con Hale di ben 25.000 dollari. Un mese più tardi la mannaia calò invece su Rita Smith, ultima sorella di Mollie rimasta in vita, e su suo marito. Questa volta però Hale decise di far fare il lavoro sporco a qualcun altro, assoldando due contrabbandieri che fecero saltare in aria la casa dei coniugi Smith uccidendo anche la loro cameriera.

E proprio quando il suo piano si stava finalmente per compiere, Hale fu finalmente fermato. Invero, dopo la morte di Rita Smith e di suo marito, l’unico ostacolo tra il Re delle Osage Hills e la ricchezza, era Mollie. Ma prima che il trattamento al veleno somministratole per mesi dal marito facesse finalmente effetto, Tom White e la sua squadra di agenti infiltrati riuscì a collegare Hale ed Ernest Burkhart all’omicidio del cugino di Mrs.Burkhart, Henry Roan.
Nel 1926 vennero quindi arrestati e interrogati.
Ed è proprio grazie alla deposizione di Ernest, che al contrario dello zio non resse la pressione e crollò sotto l’insistenza degli agenti dell’FBI, che William Hale venne accusato di ben ventiquattro omicidi. Anche se in seguito riuscirono a dimostrarne solamente uno, lo condannarono a passare il resto della sua vita dietro le sbarre. Ernest Burkhart infatti confessò tutte le atrocità compiute da suo zio. Fece i nomi dei complici e dei delinquenti assoldati da Hale.
Il processo fu piuttosto lungo, ma con Hale sotto chiave gli omicidi diminuirono radicalmente e Mollie, grazie alle cure ricevute dai dottori di Pawhuska, riuscì a smaltire il veleno e si riprese completamente. Così, il 29 ottobre 1926, giorno della definitiva condanna in tribunale di Hale, il Regno del Terrore giunse ufficialmente all’esodo finale. Eppure, nonostante le atrocità compiute dal Re e dai suoi complici, quella del Regno del Terrore è una storia che coinvolse molte altre persone. Difatti, l’aspetto più spaventoso di tutta questa faccenda è il fatto che molte altre famiglie tentarono di impadronirsi del patrimonio milionario degli Osage usando lo stesso stratagemma elaborato da Hale.
Non a caso, negli anni ’20 del novecento, a seguito della scoperta del petrolio nel territorio della riserva, nella contea di Osage si registrò il più alto numero di matrimoni misti. Ma per fortuna la maggior parte dei complotti venne scoperta e i colpevoli condannati, e l’indagine di Tom White consolidò definitivamente il ruolo e l’importanza dell’FBI e di J. Edgar Hoover.