Saggio, romanzo storico, thriller.
Tentare di identificare con un singolo genere un libro come “Gli assassini della terra rossa” è praticamente impossibile. Quello di David Grann, prestigiosa firma di riviste come il New Yorker, il New York Times Magazine, il Washington Post e il Wall Street Journal, nonché autore del best seller “Civiltà Perduta”, è un’opera necessaria. Capace di raccontare con estrema precisione (risultato di anni e anni di ricerche sul campo) uno dei capitoli più oscuri della storia americana.
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“Gli assassini della terra rossa”, fonte di ispirazione per “The killers of the Flower Moon”, il nuovo film di Martin Scorsese, porta alla luce un’impressionante serie di omicidi avvenuti quasi un secolo fa. Morti violente e misteriose, affari sporchi, sfruttamento e corruzione sono solo alcuni degli aspetti che hanno caratterizzato quelli che ancora oggi sono ricordati come “gli anni del terrore”.
Pubblicato in Italia da Corbaccio in copertina rigida, l’edizione si presenta arricchita da nuerose foto d’archivio dei veri protagonisti (e antagonisti) della vicenda. Oltre che da un’appendice in cui sono citate tutte le fonti da cui Grann ha attinto per creare la sua opera. La storia è ambientata nell’Oklahoma degli anni ’20 del ‘900 e narra le vicende legate agli Osage, una tribù di nativi americani che per anni venne sfruttata, truffata e decimata dall’avarizia dell’uomo bianco. Difatti, dopo aver scoperto che la riserva in cui dimoravano gli Osage era una terra in cui sorgeva uno dei più ricchi giacimenti di petrolio, rendendo così i nativi i legittimi proprietari di un’immensa fortuna, in molti tentarono con ogni mezzo possibile di sottrarre alla tribù tutte le loro ricchezze.
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Quella descritta da Grann potrebbe sembrare la più classica delle storie di frontiera, tanto cruda quanto tragica e sconvolgente. E a sconvolgere il lettore non è tanto la lunga scia di violenza e morte quanto l’autenticità dei fatti narrati con maestria dal giornalista americano. E proprio grazie all’approccio tanto tecnico quanto romanzato dello scrittore, il libro riesce a riflettere un pezzo di storia americana attraverso i conflitti razziali e culturali dell’epoca. Una riflessione profonda capace di ispirare un regista come Martin Scorsese. Che, grazie all’opera di Grann, dopo “The Irishman” tornerà a raccontare un altro importante capitolo del novecento statunitense.
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“Gli assassini della terra rossa” è un racconto lineare. Senza mai annoiare, ha il grande pregio di descrivere una serie di efferati crimini contro una pacifica nazione indiana. Soffermandosi con chiarezza ed efficacia sui dettagli del sistema giudiziario americano e sulle lacune di un FBI ancora alle prime armi. E, come vuole la migliore tradizione del genere thriller, una serie di delitti apparentemente irrisolvibili verrà presa in carico da un insospettabile eroe. Che, a dispetto della corruzione e dell’indifferenza vigenti nell’Oklahoma degli anni ’20, tenterà in tutti i modi di scovare le menti criminali dietro alle misteriose morti degli Osage.
Ma, come enunciato in precedenza, quello di Grann non è un semplice romanzo storico né, tanto meno, un’opera di saggistica o un thriller. Bensì un documento attendibile ed emotivamente coinvolgente di una delle pagine più buie della storia del West. Ma, soprattutto, è un atto di denuncia contro quel sistema, all’epoca fortemente razzista, rigurgitante di pregiudizi, indifferenza e discriminazione che permise agli assassini di operare indisturbati e impuniti per moltissimi anni.
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David Grann sfodera quindi una lettura profondamente efficace, che non lascia spazio a libere interpretazioni. Enunciando con chiarezza il proprio punto di vista senza risparmiare giudizi sui mostri che sfruttarono, imbrogliarono e infine uccisero chiunque si frapponesse fra loro e l’insano sogno di impadronirsi delle ricchezze degli Osage.
La seguente edizione, è pubblicata in Italia da Corbaccio in copertina rigida.