12 febbraio 1909. Mary White Ovington, Henry Moskowitz e il giornalista William English Walling, assieme a sessanta personalità della comunità afroamericana, fondarono la “National Association for the Advancement of Colored People” (NAACP), un’associazione per lottare a favore dei diritti per gli afroamericani. Quarantacinque anni dopo, il 17 maggio del 1954, nel processo “Brown contro Board of Education”, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America sentenziò che la pratica secondo cui gli studenti afroamericani dovessero studiare in scuole pubbliche degradate e separate da quelle che all’epoca venivano definite “per soli bianchi”, fosse un’offesa alla Costituzione, garantendo così il diritto ad ogni ragazza o ragazzo afroamericano di iscriversi in qualsiasi istituto ritenesse più adatto.
Tuttavia, nonostante la promulgazione di questa nuova legge, in molti stati americani, specialmente nell’estremo sud, gli istituti scolastici continuarono a non ammettere ai propri corsi gli studenti afroamericani.
Ma nel 1957, la quindicenne Dorothy Counts riuscì ad entrare al liceo Harding High di Charlotte. Dorothy passò alla storia come la prima studentessa afroamericana ammessa in una scuola esclusiva per bianchi. Purtroppo l’esperienza di Dorothy alla Harding High durò solamente quattro giorni, poiché suo padre, pensando alla sua incolumità, prese la decisione di trasferirsi in Pennsylvania. Nel 1960, il 14 novembre, la piccola Ruby Bridges, di soli sei anni, fece il suo ingresso alla William Frantz Elementary School di New Orleans. Ma l’inizio di questa nuova esperienza fu traumatico per Ruby. Per protesta, i genitori degli altri bambini si erano rifiutati di mandare i propri figli a scuola. Persino l’insegnante aveva deciso di non presentarsi.
Ma Ruby non si arrese.
Grazie all’aiuto di una maestra che si offrì volontaria per accompagnarla a scuola e di istruirla, garantendole il diritto allo studio, Ruby, nonostante le continue minacce e vessazioni, divenne una donna istruita. E nel 1999 istituì la Fondazione Ruby Bridges per favorire “i valori della tolleranza, del rispetto e dell’apprezzamento di tutte le differenze”.
L’11 giugno 1963 fu il giorno che passò alla storia per lo “Stand in the Schoolhouse Door”. Ossia l’azione provocatoria da parte di George Wallace, il Governatore dell’Alabama, che presenziò di fronte al porta del Foster Auditorium dell’Alabama University, allo scopo di impedire ai due studenti afroamericani, Vivian Malone Jones e James Hood, di entrare ed iscriversi regolarmente ai corsi. Tuttavia, grazie anche all’intervento del presidente Kennedy, Vivian e James riuscirono ad entrare e a completare la loro iscrizione. Un episodio molto significativo per la storia della desegregazione, tanto da indurre il regista Robert Zemeckis ad immortalare l’avvenimento in una sequenza del film “Forrest Gump”.
Il tortuoso cammino per garantire i diritti civili degli afroamericani proseguì con le battaglie per ottenere il diritto di voto. Battaglie che vennero portate avanti sia dalla NAACP che da Martin Luther King.
Quest’ultimo, rientrato in America da Oslo dopo aver ricevuto il Premio Nobel per la pace (1964), cominciò ad organizzare proteste e boicottaggi per porre fine alle continue violazioni del XV emendamento della Costituzione (approvato dopo la Guerra di Secessione) da parte degli stati del sud. Quest’ultimi da quasi cento anni negavano il Diritto di Voto ai cittadini afroamericani, considerati incapaci di leggere e di scrivere e di conseguenza anche di votare. Nel gennaio dei 1965, Martin Luther King diede il via a tre marce pacifiche per manifestare la volontà del popolo afroamericano di esercitare il proprio diritto di voto. Tre marce pacifiche da Selma a Montgomery che però, a causa dell’intolleranza razziale delle forze dell’ordine e del popolo dell’estremo sud, si tramutarono in uno dei bagni di sangue più famosi della storia: il Bloody Sunday.
Ottobre 2014.
La produzione di “Selma – La strada per la libertà”, il dramma che racconta le marce per i diritti civili del 1965 guidate da Martin Luther King, era in fase di completamento. La pellicola era praticamente conclusa, ma la regista Ava DuVernay, si rese conto che mancava una parte fondamentale, la canzone per i titoli di coda. Fu allora che le venne l’idea di chiedere al rapper Common, che nel film aveva impersonato l’attivista James Bevel, di scrivere un pezzo adatto per dare una giusta conclusione alla storia. Common accettò di buon grado. E mentre era impegnato nella stesura del testo si rese conto che la canzone sarebbe stata ancora più d’impatto se assieme a lui ci fosse stata la voce soul di John Legend.
Così nacque “Glory”, una canzone, un inno alla storia afroamericana. Un grido pieno di speranza, al coraggio contro l’oppressione, contro la violenza. Una poesia che narra le gesta e i sacrifici di un popolo che attraverso i secoli ha sempre dato prova di essere unito. Un popolo che lotta per l’avverarsi di un sogno , che marcia verso un orizzonte, magari illusorio, ma verso un’unione che porterà alla gloria.
One day, when the glory comesIt will be ours, it will be ours Oh, one day, when the war is won We will be sure, we will be here sure Oh, glory (glory, glory) Oh, (glory, glory)
Hands to the Heavens, no man, no weapon
Formed against, yes glory is destined
Every day women and men become legends
Sins that go against our skin become blessings
The movement is a rhythm to us
Freedom is like religion to us
Justice is juxtapositionin’ us
Justice for all just ain’t specific enough”
Ma perché un inno alla storia afroamericana?
“One son died, his spirit is revisitin’ us. Truant livin’ livin’ in us, resistance is us. That’s why Rosa sat on the bus That’s why we walk through Ferguson with our hands up”
Nel 1955, Rosa Parks, una sarta di colore di Montgomery, cambiò la storia dei diritti civili. Stanca e infreddolita dopo una lunga giornata di lavoro, Rosa, come ogni sera, prese l’autobus per tornare a casa da suo marito. Non essendoci posti liberi nel settore riservato alle persone di colore, si sedette nell’unico seggiolino non occupato, ossia nel compartimento dei posti in comune. Alla fermata successiva salì un uomo bianco che, senza fare storie, rimase in piedi in attesa che si liberasse un posto. All’autista però non andò giù il fatto che una donna di colore negasse il diritto di sedersi ad un uomo bianco. Dopo qualche fermata si avvicinò a Rosa intimandole caldamente di lasciare il posto da lei occupato e di proseguire la corsa in piedi.
Nonostante le regole imponessero agli afroamericani di lasciare il posto ai bianchi, Rosa fu irremovibile e non cedette il seggiolino. Il suo conseguente arresto per condotta impropria scatenò una protesta rimasta nella storia dei diritti civili. Guidata da un semi sconosciuto Martin Luther King, la comunità afroamericana di Montgomery boicottò l’uso dei mezzi pubblici per 381 giorni, fino a quando, il 13 novembre del 1956, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò incostituzionale la segregazione razziale sui mezzi di trasporto pubblici.
Cinquantanove anni dopo l’arresto di Rosa Parks, l’America e la comunità afroamericana, hanno dovuto fare i conti con uno scioccante e immotivato abuso di potere.
Ferguson (Missouri), 9 agosto 2014. Dopo una rapina in un negozio del piccolo sobborgo assieme al suo amico Dorian Johnson (22 anni), il diciottenne Michael Brown venne ucciso da sei colpi di pistola sparati dall’agente della polizia di Ferguson, Darren Wilson. I due rapinatori, disarmati e impauriti, stavano fuggendo dopo essere stati fermati da Wilson e il suo collega. Una fuga durata pochi metri, poiché il corpo esanime di Michael Brown venne ritrovato ad appena undici metri di distanza dalla volante della polizia. Un evento che scatenò la furia della comunità afroamericana non solo di Ferguson, ma di tutti gli Stati Uniti, che nei giorni seguenti l’omicidio prese d’assalto i negozi in molte importanti città, tra cui Seattle e New York. Tuttavia, nonostante l’autopsia confermasse che la morte di Brown era stata causata da sei colpi di pistola, il Gran Giurì dichiarò Darren Wilson innocente per mancanza di prove.
“Selma’s now for every man, woman and child Even Jesus got his crown in front of a crowd They marched with the torch, we gon’ run with it now Never look back, we done gone hundreds of miles From dark roads he rose, to become a hero Facin’ the league of justice, his power was the people Enemy is lethal, a king became regal Saw the face of Jim Crow under a bald eagle”
Jim Crow è stato un personaggio satirico e offensivo portato in scena per la prima volta da Thomas “Daddy” Rice nei primi decenni dell’800.
Si tratta di una figura clownesca, dalle sembianze ridicolizzate di uno schiavo nei campi di cotone. Tale figura diede il via a quelli che presero il nome di minstreal show. Ovvero dei piccoli spettacoli che, attraverso buffe danze e scenette comiche, mettevano in ridicolo la figura dell’uomo di colore. Per entrare nel personaggio, si dipingevano il viso di nero con del sughero affumicato e mettevano in risalto le labbra rendendole più grandi e spesse.
“The biggest weapon is to stay peaceful We sing, our music is the cuts that we bleed through Somewhere in the dream we had an epiphany Now we right the wrongs in history No one can win the war individually It takes the wisdom of the elders and young people’s energy Welcome to the story we call victory Comin’ of the Lord, my eyes have seen the glory”
“Noi cantiamo, la nostra musica sono i tagli dai quali sanguiniamo.” Un chiaro riferimento al passato da schiavi nei campi di cotone. Quando, sfruttati e maltrattati intonavano melodie colme di malinconia e, rifugiati in baracche di legno, davano origine ai canti Blues. Quei canti che, grazie a voci come Bessie Smith, nel corso degli anni si sono tramutati in gridi di speranza.
Nel corso degli anni, violenze e soprusi nei confronti degli afroamericani purtroppo hanno continuato a manifestarsi, anche a causa della presenza di alcune cellule ancora attive (purtroppo) del Ku Klux Klan.
Durante il XX e il XXI secolo si sono verificati numerosissimi episodi di violenza e discriminazione. Come il caso di Bobby Seale (fondatore della Pantere Nere). Questo venne ingiustamente accusato di aver preso parte alle proteste avvenute a Chicago durante il congresso nazionale del Partito Democratico. Seale venne processato, senza la presenza del suo avvocato, assieme ad altri sette imputati nel famoso “Processo ai Chicago 7”, dove a causa del suo temperamento venne imbavagliato e legato ad una sedia per ordine del giudice Julius Hoffman.
1985. Edmund Perry, un giovane proveniente da Harlem, studente di una facoltosa scuola di New York, venne ucciso con tre colpi di pistola all’addome, dall’agente in borghese Lee Van Hauten.
Una vicenda che scatenò non poche proteste, e su cui Michael Jackson volle realizzare il famoso video, diretto da Martin Scorsese, “Bad”. Nel 2013, dopo l’assoluzione di George Zimmerman, colpevole di aver sparato a morte al diciassettenne afroamericano Trayvon Martin (26 febbraio 2012), nacque il movimento “Black Lives Matter”, un gruppo di attivisti artefici di aver organizzato numerose proteste pacifiche. Nel 2020, con la morte di George Floyd, grazie all’avvento dei social il movimento ha raggiunto la popolarità mondiale, in quanto numerose manifestazioni si sono svolte con l’hashtag #BlackLivesMatter.
Viviamo con la speranza che queste nobili campagne, portate avanti da personaggi di spicco come Jane Fonda e lo stesso John Legend, e canzoni di importanza storica come “Glory” possano cambiare il mondo. In fondo basta un po’ di coraggio, proprio come fece Tess Ashpund, che nel 2016, durante un corteo del partito di ultradestra a Borlange (Svezia), alzò il pugno sfidando 300 neonazisti.
Articoli Correlati:
- Edoardo Bennato: Il rock di Capitan Uncino
- Murubutu: la poetica del rap e il femminile nei RAPconti
- Caparezza: riferimenti culturali e letterari nella produzione musicale
- Thriller: la storia di un album leggendario
- Jim Morrison: la vita di Re Lucertola prima dei Doors
- John Landis: curiosità sul regista di “Un lupo mannaro americano a Londra”
- Marilyn Monroe: curiosità su una delle più grandi icone del XX secolo
- Charlize Theron: le curiosità, l’infanzia e la pubblicità del Martini
- Umbrella Academy – l’emarginazione di Vanya
- Big Bang Theory – L’evoluzione dei Nerd e la figura del supereroe
- Mork e Mindy: La nascita del personaggio che lanciò Robin Williams
- Feud: la vulnerabilità e la fragilità dell’animo umano