La vigilia di Ognissanti, universalmente conosciuta come Halloween (in Italia solo dagli anni ’80-‘90, dato che nel doppiaggio del famoso Halloween di Carpenter la festività viene chiamata semplicemente “vigilia”), porta con sé numerosi miti e leggende.
Diversamente da quanto si creda, Halloween non è una mera “americanata” poiché le sue radici affondano in tempi molto più antichi. Alcuni studiosi hanno ritrovato le sue origini nella festa romana dei morti, la Parentalia, mentre i più concordano sull’attribuire la sua nascita alla festa celtica di Samhain, che celebrava la fine dell’estate. La festività, insomma, nacque come celebrazione della vita, della natura e della morte.
Halloween poi farà il giro del mondo fino ad approdare negli Stati Uniti, portata probabilmente dagli immigrati irlandesi, dove ha subìto molte modificazioni al punto che il suo significato originario è stato oscurato. Un nuovo simbolismo comincia ad essere associato ad Halloween, come quello dello spavento mescolato al divertimento: alla fine del ‘700 si hanno le primissime poesie sui fantasmi e annotazioni degli scherzi da fare nella notte di vigilia. Ad influenzare e arricchire il simbolismo della festa anche gli elementi della stagione autunnale, come spaventapasseri e zucche.
In particolare, una delle usanze più diffuse è quella di svuotare e intagliare una zucca: posizionando al suo interno una candela si ottiene un Jack-o’-lantern, una sorta di lumino di protezione. La tradizione di intagliare la zucca deriva da una leggenda popolare incentrata su un furbo fabbro di nome Jack.
Jack era un uomo sregolato e ubriacone, i cui comportamenti immorali attirarono l’attenzione del diavolo in persona, desideroso di prendere l’anima corrotta dell’uomo. Jack, che ingenuo non era, chiese al diavolo un’ultima bevuta prima di morire. In più, non avendo con sé denaro, chiese al diavolo di trasformarsi in moneta. Il diavolo accettò e, non appena si trasformò, Jack infilò la moneta nel suo borsello insieme ad una croce, in modo che il diavolo non potesse liberarsi.
Per riacquistare la libertà, il diavolo promise a Jack che non avrebbe reclamato la sua anima per i successivi dieci anni:
I due così proseguirono per le proprie strade, nell’attesa di rincontrarsi. Il comportamento di Jack non cambiò nei dieci anni successivi e, quando il diavolo si ripresentò, l’uomo gli tese un altro tranello. Questa volta chiese al demonio di salire su un albero per prendergli una mela da mangiare, l’ultimo desiderio prima di morire. Il diavolo accettò e subito Jack, per impedirgli di scendere, disegnò una croce sul tronco. Ancora una volta ingannato, il diavolo dovette accettare un altro compromesso: non avrebbe mai più reclamato l’anima di Jack in cambio della libertà.
Si sa che però la morte arriva per tutti e, quando fu il turno di Jack, il Paradiso non lo accettò. Con sua grande sorpresa, neppure l’Inferno gli aprì le porte. Il diavolo infatti, sadico e beffardo, gli ricordò del patto stipulato per il quale non avrebbe mai potuto prendere la sua anima e lo rispedì sulla terra. Da quel momento, l’anima di Jack è costretta a vagare sulla terra in cerca di una dimora. Munita unicamente di una rapa con all’interno dei carboni ardenti per illuminare le notti buie. Ma tranquilli, perché se avrete fuori la porta di casa una rapa intagliata illuminata, lo spirito di Jack non potrà entrare.
E la zucca?
Come accennato in precedenza, probabilmente la festività di Halloween, con tutte le sue usanze, fu portata in America da immigrati irlandesi, fuggiti dal proprio paese intorno al XIX secolo a causa di una carestia. La rapa era un ortaggio sicuramente più comune in Irlanda nonché alla base della dieta povera contadina. Per questo motivo anche quello intagliato per tenere lontano lo spirito senza senno e senza sosta di Jack. Gli immigrati irlandesi ben presto si resero conto che invece, in America, la zucca era più facile da reperire e coltivare: da quel momento, fuori le case, divenne sempre più comune trovare zucche intagliate invece che rape.
Questa è sicuramente la versione più conosciuta della leggenda di Jack-o’-lantern, ma io ricordo una variante che la maestra di inglese alle elementari ci raccontava sempre nel periodo di Halloween, una storia molto più cupa che mi faceva sempre venire i brividi (perfetta per i bambini, insomma!) che associa Jack a un’altra famosa figura dell’immaginario halloweenesco: il cavaliere senza testa (brrr).
Conosciuto maggiormente come protagonista del racconto La leggenda di Sleepy Hollow e del film di Tim Burton Il mistero di Sleepy Hollow, il cavaliere senza testa è un personaggio del folklore europeo:
si tratta di un cavaliere decapitato durante una battaglia, il cui spirito vaga di notte alla ricerca di una testa che possa sostituire la sua. La cosa più inquietante è che il cavaliere non disdegna nessun tipo di testa, maschile, femminile o animale che sia. Arrivando addirittura a mettersi sul collo una zucca intagliata.
Secondo alcune versioni, una notte di Halloween il cavaliere senza testa si mise all’inseguimento di Ichabod Crane, un uomo che stava attraversando la foresta per tornare a casa.
Crane, cavalcando velocemente, riuscì a oltrepassare il ponte e pensò di essere al sicuro (il cavaliere infatti, secondo la leggenda, non può attraversarlo pena la perdita dei poteri); ma il cavaliere, furioso, gli sferrò contro la zucca che aveva sul collo, colpendolo in faccia. Il giorno successivo, alcuni passanti raccontarono di aver ritrovato solo la zucca spaccata ma nessuna traccia dell’uomo. Altri giurarono di aver visto Crane con la zucca al posto della testa.
Volendo trovare un collegamento tra le due leggende, si può pensare al fatto che entrambi gli uomini, Jack e il cavaliere, hanno perduto la testa: Jack in senso figurato, perché il suo eterno errare nella notte gli ha fatto perdere il senno, mentre il cavaliere nel senso più “fisico” dell’espressione, non possedendone più una. Ed è probabilmente questo il motivo per cui, nell’immaginario collettivo, spesso le due storie vengono associate o addirittura fuse, creando il mito di Jack-o’-lantern, il cavaliere senza testa.
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