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I Licantropi del bosco: Vita, martirio e morte dei Gandillon

Andrea Dimas by Andrea Dimas
23 Aprile 2025
in Storia
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I Licantropi del bosco: Vita, martirio e morte dei Gandillon
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I Licantropi del Jura. Tra superstizione e inquisizione la violenta condanna della famiglia Gandillon nella Francia del XVI secolo.

Le fiabe e leggende sono intrise di storie incredibili con protagoniste (o antagoniste) creature tanto terrificanti quanto ammalianti. Una delle più conosciute e affascinanti è senza dubbio quella del lupo mannaro. Un uomo comune che, dopo essere stato ferito da una bestia immonda, nelle notti di luna piena si trasforma in un essere demoniaco dall’aspetto di un enorme lupo.

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E una creatura simile non poteva certo sfuggire all’attenzione di Hollywood. Invero, la patria delle grandi produzioni, riuscì a trarre enormi soddisfazioni dalle storie che narravano l’affascinante tema della licantropia, fin da quando la Universal decise di dedicare a tale creatura una delle pellicole della serie che poi prese il nome di “Mostri della Universal”.

Ne “L’uomo lupo” diretto da George Waggner (1941), Lon Chaney Jr. indossò quindi le vesti di Larry Talbot, un gentiluomo gallese che, di ritorno dall’America per commemorare la prematura scomparsa del fratello maggiore, diventa vittima di un’orrenda maledizione. Nel tentativo di salvare un’amica della sua amata Gwen infatti, Larry viene morso da quello che poi si rivela essere un lupo mannaro, divenendo così a sua volta un licantropo. E, come tradizione vuole, nelle notti di plenilunio si trasforma in un mostro assetato di sangue.

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Certo, quella del 1941 non fu la prima pellicola dedicata ai lupi mannari. La Universal stessa, sei anni prima aveva prodotto un film dal titolo “Werewolf of London” (che in Italia uscì col titolo di “Il segreto del Tibet”) con protagonista Henry Hull. La storia seguiva i passi di un botanico londinese che, durante una spedizione in Tibet alla ricerca di una rara pianta che fiorisce solamente nelle notti di luna piena, viene assalito e ferito da un essere mostruoso dalle sembianze animalesche. Così, come Larry Talbot ne “L’uomo lupo”, anche il dottor Wilfred Glendon si trasforma in un lupo mannaro. Tuttavia, fu la pellicola di Waggner a influenzare in maniera indelebile l’industria hollywoodiana, creando un personaggio iconico come Larry Talbot. Tant’è che lo ritroveremo nei quattro sequel girati tra il 1943 e il 1948 e nel remake del 2010 con Benicio del Toro, Emily Blunt e Anthony Hopkins.

I Licantropi del bosco: Vita, martirio e morte dei Gandillon
“L’uomo lupo”, 1941. Lon Chaney Jr. nei panni di Larry Talbot dopo la trasformazione in un Lupo Mannaro.

Invero, da quel remoto 1941 molti registi e sceneggiatori hanno deciso di offrire al pubblico la propria versione dell’uomo lupo, producendo pellicole di ogni genere. Basti pensare alla commedia degli anni ’80 “Teen Wolf” (“Voglia di vincere”), in cui Michael J. Fox interpreta un licantropo liceale che sogna di vincere il campionato studentesco di basket. Oppure alle due pellicole, ormai divenute un caposaldo per tutti i film sui licantropi, “Un lupo mannaro americano a Londra” (di John Landis, 1981) e “Un lupo mannaro americano a Parigi” (di Anthony Waller, 1997). Tre titoli che, nella loro originalità, riescono a trattare il tema della licantropia con un’innata leggerezza.

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Ovviamente non mancano le produzioni puramente horror. Su tutte, ci tengo a citare “Wolf – La belva è fuori” (1994) con il grande Jack Nicholson e Michelle Pfeiffer, e la saga di “Licantropia”, dedicata alle sorelle Brigitte e Ginger Fitzgerald.

Storie molto belle e terrificanti e, fortunatamente, frutto dell’enorme fantasia dell’essere umano. Tuttavia, c’è stato un tempo in cui l’idea che le persone potessero veramente trasformarsi in bestie fameliche durante le notti di plenilunio, era molto diffusa. Soprattutto nella Francia del XVI secolo, che non fu certo il più facile dei periodi.

Le malattie e la povertà si divulgarono con una tale rapidità da portare la parte più povera del popolo francese, che ormai non poteva permettersi neppure un tozzo di pane, a lasciarsi andare ad atti di cannibalismo pur di sopravvivere. Il tutto accompagnato da una serie di strane sparizioni, per lo più, purtroppo, di bambini. Ma, con l’arrivo dell’inquisizione, ogni (presunto) colpevole di aver compiuto un’azione illecita se non demoniaca poteva essere bollato come Lupo Mannaro. E per questo, condannato a morte.

I Licantropi del bosco: Vita, martirio e morte dei Gandillon
Will Randall (Jack Nicholson) e Laura Alden (Michelle Pfeiffer). I protagonisti di “Wolf – La belva e fuori”, 1994.

Ma se parliamo di processi ai lupi mannari nella Francia del 1500, uno dei nomi più famosi dell’epoca è senza dubbio quello di Henry Boguet, un giudice dall’esperienza decennale che si vantava di aver giudicato colpevole, e quindi spedito sul rogo, oltre 600 accusati. Che si trattasse di una strega o di un licantropo, Henry Boguet riusciva a costringere chiunque a confessare, anche se per farlo usava spesso metodi piuttosto illegali. E tra tutte le macabre storie legate alla figura del giudice Boguet, la più raccapricciante è senza dubbio quella legata alla famiglia Gandillon, i lupi mannari del Jura.

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La pubblicazione delle dichiarazioni e dei documenti che provavano la colpevolezza degli accusati fu sicuramente uno degli espedienti più efficaci per diffondere tra il popolo la credenza che i lupi mannari esistessero. Eppure, incredibile ma vero, fu la fiaba di Cappuccetto Rosso a convincere la maggior parte dei cittadini francesi. Ovviamente, stiamo parlando della macabra fiaba originale e non della versione edulcorata di Charles Perrault o dei Fratelli Grimm. Il lupo, dopo aver fatto scempio della nonna e aver indossato le vesti dell’anziana signora, costrinse la bambina a pasteggiare con le carni della defunta e a berne il sangue asserendo che si trattasse di buon vino. Certo, Cappuccetto Rosso alla fine riuscì a salvarsi e a tornare a casa dalla propria mamma. Tuttavia la fiaba contribuì a generare l’opinione che la regione del Jura fosse infestata dai licantropi.

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E, come nella fiaba con protagonista la dolce e ingenua ragazzina, anche la storia della famiglia Gandillon comincia in un bosco, ma con una bambina di nome Pernette.

I Licantropi del bosco: Vita, martirio e morte dei Gandillon
David Kessler (David Naughton) durante la trasformazione. “Un lupo mannaro americano a Londra”, 1981. Una delle sequenza più sconvolgenti del cinema.

Era la primavera del 1598. Un gruppo di coltivatori, onesti mestieranti intenti a lavorare la terra, venne interrotto dalle grida disperate di una bambina che sosteneva che lei e suo fratello maggiore, Benoit Bidel (di quindici anni), erano stati attaccati da una bestia enorme mentre stavano raccogliendo della frutta nel bosco. I contadini, convinti che la creatura descritta dalla piccola fosse un lupo mannaro, accorsero sul luogo armati di pale, rastrelli e picconi, intenzionati ad uccidere il licantropo. Ma, purtroppo per Benoit, gli uomini arrivarono troppo tardi per salvarlo ma non per seguire le tracce lasciate dal lupo, stanarlo e quindi estirparlo dal mondo. Tuttavia, quando finalmente trovarono il nascondiglio dell’animale, dietro a dei cespugli, quella che si trovarono di fronte non era una famelica belva ma una bambina col volto sporco di terra e un’espressione terrorizzata.

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In pochi secondi la folla inferocita si rese conto che si trattava di Pernette, la più piccola dei Gandillon, una famiglia che viveva in una baracca nel bosco, isolata dal resto del villaggio, i cui componenti spesso venivano visti camminare a quattro zampe, ringhiare e ululare alla luna. In un primo momento i coltivatori si bloccarono alla vista. Ma quando si accorsero che il volto di Pernette era ricoperto del sangue di Benoit, vennero colti da una violenza incontenibile. Convinti di aver trovato il lupo mannaro responsabile della morte del giovane Bidel, accecati dalla rabbia e dalla paura, i contadini si avventarono sulla bambina e la uccisero.

Com’è facile intuire, i Gandillon non erano ben visti nella regione del Jura. Da tempo i cittadini sospettavano che fossero adoratori del Demonio, e in più di un’occasione li avevano accusati di stregoneria e licantropia. Così, dopo la carneficina ai danni della piccola Pernette, gli uomini si diressero verso la casa dei presunti lupi mannari. Giunti ai margini del bosco, la folla costrinse Pierre Gandillon, il capofamiglia, sua sorella Antoinette e il figlio di Pierre, Georges, ad abbandonare la loro squallida dimora, allo scopo di trascinarli di fronte al giudice Henry Boguet.

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Il primo a finire tra le grinfie di Boguet fu proprio Pierre, un uomo non istruito, considerato da tutti un profano e un blasfemo. E il suo aspetto trasandato e deforme a causa delle innumerevoli cicatrici che solcavano il suo corpo era causa di terrore in chiunque si imbattesse in lui. Tuttavia, nonostante la sua ignoranza patologica e la povertà che in molte occasioni avevano costretto sia lui che i suoi familiari a commettere atti di cannibalismo, Pierre sapeva benissimo cosa fosse un licantropo, ed era consapevole di non esserlo. In più di un’occasione infatti si dichiarò innocente. Ma la sua tenacia servì a poco.

I Licantropi del bosco: Vita, martirio e morte dei Gandillon
“Wolfman”, 2010. Benicio del Toro nei panni di Lawrence Talbot nel remake del film datato 1941.

Dopo giorni e giorni di sevizie, torture e soprusi, per salvarsi dalle grinfie degli uomini del giudice, servi dell’Inquisizione, Pierre confessò un crimine che non aveva commesso. E, assieme a lui, trascinò anche gli altri membri della sua famiglia. Il giudice però non era ancora soddisfatto. La confessione di Pierre Gandillon non gli bastò. Prima di portare la sciagurata famiglia sulla pubblica piazza ed essere così arsi vivi, aveva bisogno di prove concrete. Decise quindi di riservare lo stesso trattamento alla sorella di Pierre, Antoinette.

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Questa, dopo aver subito una tortura tanto brutale da rischiare di morire prima ancora di confessare, ammise la sua partecipazione ai Sabba delle streghe e di aver acquisito la facoltà di tramutare il proprio corpo in quello di un Lupo Mannaro. Più complicato fu invece gestire la situazione del piccolo Georges. Il giovane Gandillon infatti soffriva di epilessia e, a causa della debolezza protratta dalla malattia, era costretto a passare la maggior parte del tempo a letto. Boguet tuttavia non si arrese, e per tre giorni fece torturare il ragazzino, il quale ammise che, pur non essendo in grado di muoversi dal letto, riuscì a scindere il proprio spirito che, sotto forma di lupo, attraversò il bosco facendo scempio di animali e bambini.

Una volta ottenute tutte le confessioni, il giudice Boguet condannò a morte Pierre, Antoinette e Georges. Ma, per soddisfare la sua estrema natura sadica, li fece rinchiudere in una cella buia, senza cibo né acqua. Dopo due giorni di isolamento, privi dei beni essenziali per sopravvivere, i Gandillon vennero colti dalla pazzia e cominciarono a comportarsi come delle bestie, ringhiando e ululando alla luna, dando così l’illusione all’opinione pubblica di essere veramente dei licantropi.

La famiglia venne quindi (finalmente) condotta sulla pubblica piazza dove, di fronte ad una folla urlante, venne eseguita la sentenza.

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Pierre, Antoinette e Georges trovarono la morte tramite impiccagione e i loro corpi esanimi, ma contaminati dall’influenza del Demonio, furono dati alle fiamme. Estirpato quindi il tarlo del Diavolo ed eliminata la minaccia dei Lupi Mannari, gli abitanti del Jura si convinsero che da quel momento avrebbero potuto vivere le loro vite nella pace e nella quiete, passeggiando nei boschi senza correre il rischio di essere divorati.

Tuttavia, in Francia, la caccia ai Licantropi trovò il suo epilogo solamente due secoli più tardi, nell’estate nel 1767, ovvero dopo la cattura della famigerata Bestia del Gévaudan. Si narra infatti, che la suddetta regione francese dovette subire la furia di un enorme animale, mai identificato con precisione, ma che per tre anni terrorizzò gli abitanti del Gévaudan mietendo centinaia di vittime.

In molti asserirono di aver incontrato o, addirittura, catturato e ucciso la Bestia, ma fu solamente dopo l’uccisione di un lupo leggermente più grande della media che il terrore ebbe fine. Invero, a seguito della sparizione della famigerata Bestia del Gévaudan, le aggressioni da parte di animali feroci cominciarono a diminuire. I pastori poterono quindi pascolare le proprie pecore senza la costante paura di essere assaliti; i bambini ricominciarono a raccogliere le more e le fragole nei boschi e il terrore e le superstizioni riguardo alla licantropia si fecero sempre più lievi. E con la morte di un lupo, un semplice e comune lupo, si concluse anche la caccia ai Lupi Mannari, una delle inquisizioni più feroci e sanguinarie che, nel corso dei secoli, causò la morte di migliaia di persone.

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Cresciuto a pane e cinema, scrive i suoi articoli scegliendo parole a caso lanciando una moneta. Il suo più grande sogno è quello di gustarsi un hamburger al Big Kahuna Burger, farsi tagliare la barba da Sweeney Todd per poi godersi un tranquillo soggiorno all'Overlook Hotel. Gli piace fare a pugni, sfondare le vetrate, mangiare lampadine e sfidare i pescecani, e adora andare a spasso con Daisy guidando il taxi di Travis Bickle e concludere la giornata dicendo "sono un tantino stanco, credo che tornerò a casa".

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