“Il blu è un colore caldo”, la graphic novel edita da Rizzoli Lizard che ha ispirato “La vita di Adele”.
Clementine vive un’esistenza nella paura costante di essere sbagliata.
Clementine soffre in solitudine e piange lacrime amare sottraendosi da coloro che l’hanno abbandonata a vivere un’esistenza grigia. Priva di gioia, di colore e di calore umano.
Dissolvendosi dietro un involucro di insicurezza, tenta con tutte le sue forze di riuscire a respirare. Nel tentativo di velare la sofferenza che da troppo tempo alberga dentro di lei, soffocando la sua vera natura, vivendo così nella menzogna. Perché vivere una vita in un mondo cattivo, colmo di condanne è terribilmente difficile, e Clementine lo sa.
Così Clementine svela, attraverso ciò che ha di più caro, i suoi diari, che conserva con cura nella quiete della sua stanza, i pensieri più profondi e intimi che per troppo tempo erano stati taciuti, alla sola ed unica persona che è riuscita ad entrare nel suo cuore: Emma.
Jul’ Maroh, nella sua opera prima, “Il blu è un colore caldo”, ci conduce con immensa profondità e delicatezza nel mondo grigio a tinte seppia di Clementine, una ragazza di quindici anni che, un giorno qualunque, immersa nei propri pensieri, attraversando la strada tra la folla rimane sedotta da una splendida creatura il cui volto è incorniciato da una folta chioma a tinte blu. Basta un istante perché se ne innamori e quell’istante per Clementine varrà una vita intera in cui è vissuta nell’ombra di qualcun altro.
Finalmente, non è più un volto disperso tra la folla, Clementine diventa “il volto” per Emma.
Da quel momento, Clementine tra confusione, negazione e vergogna sarà ossessionata dal viso e dal corpo di Emma; dalle fantasie e le emozioni che solo la misteriosa ragazza dai capelli blu è in grado di donarle. L’unico problema nella vita di Clementine è che Emma è una donna, proprio come lei.
Vissuta in una famiglia dove la prospettiva di una vita serena è sinonimo di stabilità economica, e il “diverso” è interpretato come un nemico da cacciare via, Clementine ha paura di quel che prova e, in alcuni momenti prova vergogna per se stessa.
In assenza di qualsiasi comprensione o affetto da coloro che reputava amiche, Clementine è il perfetto esempio di come una società priva di umiltà si nasconda dietro uno specchio di ipocrisia e cattiveria. Attraverso la matita di Jul’ Maroh, cresce, matura, e affronta il difficile percorso di autoaccettazione e sperimentazione che ogni adolescente è costretto ad esaminare.
Un cammino che la condurrà all’amore e conoscerà la felicità, la vera amicizia, ma purtroppo anche la sofferenza.
Nella continua lotta tra vivere e sopravvivere, Clementine ci accompagna in questo difficile percorso emotivo che è la sua vita, a tinte grigie e colorate, un po’ come, d’altronde è la vita, attraverso i ritratti di un’artista che, ha reso “Il blu è un colore caldo” una storia intima e sincera che scava dapprima tra le macerie per poi rialzarsi con profonda tenerezza.
Opera invece molto diversa è, invece, “La vita di Adele”, liberamente ispirato alla Graphic Novel di Jul’ Maroh, “Il blu è un colore caldo”. Abdellatif Kechiche, regista e sceneggiatore della pellicola del 2013 che si è aggiudicata la Palma d’oro al festival di Cannes, ha trasformato la storia della protagonista in un racconto di passione, più che confusione e solitudine. La rabbia di Clementine non traspare, ma innegabili sono le sue fragilità.
Sebbene le due opere si equivalgano (non completamente) nel soggetto, “Il blu è un colore caldo” esamina molto più in profondità il malessere di Clementine (nel film Adele), condividendo con il lettore ogni piccola o grande sfumatura dei suoi turbamenti.
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