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Il Grande Gatsby: l’illusione dell’American Dream

Chiara Mazzamauro by Chiara Mazzamauro
31 Agosto 2023
in Classici, Letteratura
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Spumeggiante ma tragico: questo è Il Grande Gatsby, il famoso romanzo dello scrittore simbolo dell’Età del Jazz, Francis Scott Fitzgerald.

Sebbene alla sua pubblicazione nel 1925 non ebbe il successo sperato, Il Grande Gatsby è considerato per eccellenza il romanzo del grande sogno americano, o meglio della sua fine.

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La vicenda è ambientata nel 1922 a West Egg, a Long Island, dove il narratore, Nick Carraway, un agente di borsa, si trasferisce. La sua è una casa modesta, che si trova, per puro caso, accanto ad una sfarzosa ed enorme villa dove abita un uomo eccentrico e pieno di mistero; Jay Gatsby. Le sere trascorrono tra una festa e l’altra nella grande tenuta, il cui proprietario, però, non si vede mai. Nick riesce ad intravederlo una volta solamente, fermo sul molo davanti la sua villa mentre tende le braccia verso una “luce verde” che brilla nella notte dall’altra parte della baia.

Il Grande Gatsby: l’illusione dell’American Dream
Francis Scott Fitzgerald, autore de “Il Grande Gatsby”

La vita di Nick prosegue tranquilla. Un giorno viene invitato nella casa di sua cugina Daisy e del marito Tom Buchanan, dove fa la conoscenza della bella giocatrice di golf, Jordan Baker. Insieme a Tom si avventurerà per le vie di New York ma, questa volta, a fargli compagnia sarà l’amante di Tom, Myrtle. La moglie del meccanico George Wilson, che possiede un’officina squallida sulla strada desolata per la grande città. La svolta nella sua vita arriva quando Nick riceve un invito inaspettato dal suo vicino.

Qui Gatsby finalmente si presenta e chiede a Nick uno strano favore: vorrebbe che Nick organizzasse un tè a casa propria e invitasse la cugina Daisy, di cui Gatsby è da sempre innamorato.

Durante la sua giovinezza, infatti, Jay conobbe la bella ereditiera Daisy e se ne innamorò follemente. Ma, dopo essere partito per la guerra, Daisy decise di sposare un ricco e famoso giocatore di polo, Tom Buchanan. Dal preciso momento in cui apprende la notizia, Gatsby avrà un unico scopo. Riconquistare la donna amata, facendo sfoggio del suo nuovo stile di vita e delle sue ricchezze.

Grazie a Nick, finalmente Jay rincontra la sua amata e fra loro si riaccende la passione. Tuttavia, data l’indole fragile e viziata di Daisy e i continui segreti di Gatsby, questo si rivelerà l’inizio della fine.

Il Grande Gatsby: l’illusione dell’American Dream
Robert Redford e Mia Farrow nel film del 1974
Il Grande Gatsby e l’America dei contrasti

Un senso di precarietà disperata invade l’atmosfera del romanzo. Quasi come una premonizione della crisi che si abbatterà in seguito al crollo della borsa di Wall Street del 1929. Tutti i personaggi vivono in questo contrasto, tra l’eccesso per paura di sprecare un solo istante e senso di smarrimento, e questo sentimento pervade anche l’autore e la sua generazione, una generazione che ha vissuto la violenza e il caos della Prima Guerra Mondiale e che, adesso, si dedica ad una vita selvaggia e stravagante, dove i valori del decennio precedente vengono rovesciati e dove i principi cardine dell’immaginario americano vengono meno.

Non esiste il cosiddetto “American Dream”, non esiste una vera mobilità sociale dove chiunque può raggiungere il successo. I confini fra le classi sono invalicabili, l’unico valore assoluto è il denaro e la sua ostentazione. Per questo Fitzgerald non narra le vite gloriose di quelli che ce l’hanno fatta, ma preferisce raccontarci la storia di coloro che hanno disperatamente tentato ed hanno alla fine fallito, mostrando quanto irreale e illusorio sia questo sogno in realtà.

Nella sua critica sociale Fitzgerald non risparmia nessuno. Se la nuova borghesia è una massa ignorante che pensa solo a divertirsi in modo estremo e senza limiti, gli aristocratici sono egoisti e crudeli. Gelosi del proprio primato sociale e completamente disattenti ai rapporti interpersonali, caratterizzati solo da corruzione e apatia legate al loro stile di vita.

Il Grande Gatsby: le verità nascoste dietro i personaggi

I personaggi del romanzo sono il simbolo del caleidoscopio sociale che caratterizzava l’America degli anni ’20.

Nick Carraway è il narratore e la figura morale del romanzo poiché rappresenta tutte le qualità che un vero puritano dovrebbe possedere: una netta distinzione tra il bene e il male e una spiccata lealtà, soprattutto per Gatsby, il solo dotato, secondo lui, di valori e di purezza d’animo. Come Nick, Fitzgerald è incantato dal nuovo stile di vita seducente ed emozionante dell’Età del Jazz. Ma allo stesso tempo, intravede, oltre l’apparente scintillio dell’epoca, il vuoto morale e l’ipocrisia che caratterizza questa società, e lotta contro il desiderio nascosto di farne parte.

Sebbene Nick sia il narratore della vicenda, il vero protagonista del romanzo è Jay Gatsby, eroe solitario destinato alla sconfitta perché la sua statura morale e spirituale è in contrasto con i valori vacui del mondo che lo circonda. Egli rappresenta il “self-made man”, un uomo artefice del proprio destino, il quale lascia le sue umili origini alla ricerca del successo, il simbolo del sogno americano, in cui chiunque può farcela se è il predestinato, colui scelto da Dio. Riesce ad entrare nel mondo dei “nuovi ricchi”, anche se seguendo la via della criminalità. Eppure la sua disfatta e la sua morte evidenziano come questi ideali siano ormai lontani dalla realtà sociale.

La vecchia aristocrazia è rappresentata da Daisy e Tom Buchanan, la cui vita, nonostante la ricchezza, risulta vuota e senza scopo poiché hanno sostituito gli ideali spirituali con beni materiali.

Daisy, in particolare, è l’oggetto del desiderio di Gatsby, lo scopo a cui aspira, ma la fragilità della donna, il suo animo volubile e la sua indole viziata, la rendono simbolo di una società consumista, svuotata, a cui importa solo la ricchezza mentre trascura l’integrità morale. Per questo il protagonista sa crede che l’unico modo per riconquistare Daisy è attraverso lo sfoggio di denaro, l’unico valore in cui lei crede.

Apparentemente in contrasto con quanto detto finora si pongono le figure di Myrtle, l’amante di Tom, e di suo marito George Wilson. Sebbene privi di ricchezza, la loro vita è infelice, disperata e senza senso in un luogo spettrale come la “Valle delle ceneri”, luogo di transizione tra la calma della zona residenziale e la metropoli, dove il Signor Wilson fa il meccanico e dove la miseria fa da padrona. Questa coppia rappresenta l’idea di Fitzgerald secondo cui la ricchezza materiale, per quanto spregevole, sembra essere l’unica possibilità di avere una vita almeno sopportabile.

Un elemento innovativo è la presenza di Jordan Baker, giocatrice di golf e amica dei coniugi Buchanan. È il simbolo dell’emancipazione femminile, movimento che comincia ad emergere proprio nei “Roaring twenty”, i Ruggenti Anni ’20. Per questo Jordan assume in tutto il romanzo atteggiamenti fino allora tipicamente maschili, come fumare, bere alcool e guidare.

Il Grande Gatsby: un mondo di confini

La distinzione di classe non caratterizza solo i personaggi dell’opera, ma gli stessi luoghi, i cui confini sono netti, invalicabili, e simboleggiano appunto l’immobilità sociale.

West Egg è la zona dove abitano i “nuovi ricchi”, la borghesia. Coloro che si sono arricchiti ma che non appartengono originariamente all’alta società e non ne condividono neanche la raffinatezza. Qui si stabilisce Gatsby. Costruisce la propria villa, una casa che trasuda ricchezza ma che resta senza l’eleganza e il gusto che invece caratterizzano le ville dell’East Egg. Questo luogo non simboleggia altro che la corruzione del sogno americano, inseguito da personaggi che abbandonano i valori del duro lavoro, tipici dell’etica protestante, per l’ozio e l’ostentazione del lusso sfrenato.

Dall’altra parte della baia c’è Est Egg, la zona conservatrice dove vive la vecchia aristocrazia terriera e dove abitano i coniugi Buchanan. Esso rappresenta l’ideale americano della “casa sulla collina”, le cui principali caratteristiche sono l’ostentata tranquillità e sicurezza, ma che, in realtà, nasconde anime prive di ogni integrità morale a dispetto della loro ricchezza materiale.

New York è la metropoli, la nuova frontiera dell’immaginario americano, non un luogo in cui abitare ma solamente di passaggio. Qui l’amoralità è legittimata solo in funzione dell’adempimento dello scopo che cela questo luogo, ovvero permettere all’individuo di avere successo e di compiere la propria scalata sociale.

Il Grande Gatsby: l’illusione dell’American Dream
Daisy e Gatsby (Carey Mulligan e Leonardo Di Caprio)
Infine la Valle delle ceneri è un luogo di transizione, in cui la polvere occupa tutto lo spazio, uno spazio di degrado e desolazione.

Qui l’atmosfera è spettrale e le ceneri sostituiscono la natura fino al punto che anche gli uomini, lavoratori alienati, sembrano sgretolarsi nell’aria polverosa. Questo è un luogo che nessuno può evitare, essendo un’area necessariamente da attraversare se si vuole raggiungere New York. Perciò, chiunque è costretto a vedere i rifiuti prodotti dalla società industrializzata, e a comprendere come ormai il sogno americano si sia ridotto, metaforicamente, a pura cenere. Ed è proprio sopra questo mondo grigio che, attraverso la polvere, si ergono gli occhi del cartellone pubblicitario del Dottor T.J. Eckleburg, quasi come fossero gli occhi giudicatori di Dio. Infatti George Wilson è a Dio che si rivolge nel suo sconvolto stato d’animo, dopo la scoperta del tradimento della moglie:

«-Dio sa cosa hai fatto, qualsiasi cosa tu abbia fatto. Puoi prenderti gioco di me, non di Dio!

In piedi, dietro di lui, Michaelis rimase scioccato nel constatare che stesse fissando gli occhi del dottor T.J. Eckleburg appena emerso, pallido ed enorme, dalle tenebre che si dissolvevano».

Il Grande Gatsby: l’illusione dell’American Dream
Robert Redford nei panni di Gatsby
Il Grande Gatsby e la perdita dell’innocenza

Il Grande Gatsby si delinea come una satira sociale e sembra ribadire in ogni sua piccola parte la perdita dell’innocenza del sogno americano, ormai corrotto dall’avidità, in cui la forza e il potere del denaro corrodono i pochi sogni rimasti, e la speranza è destinata a dissolversi, poiché le fondamenta su cui si basa il concetto stesso di “American dream” si rivelano illusorie: non esiste una vera mobilità sociale nel panorama americano.

Le feste presso la casa di Gatsby sono il simbolo del fallimento dei costumi sociali e anche l’amore, che, ad un livello superficiale, sembrerebbe l’unica forza motrice delle azioni dei personaggi, si rivela privo di valore poiché ognuno è accecato dal proprio egoismo.

L’unica speranza che compare tra le pagine del romanzo è la luce verde che Jay Gatsby scorge in lontananza sul pontile di Daisy. È la luce della speranza. La luce del suo desiderio per Daisy, un desiderio rivolto a tutto ciò che non si ha ma che si vorrebbe possedere, la luce del traguardo. È il simbolo del mito americano. Come afferma anche Rollo May in Il richiamo del mito, essa allude a nuove potenzialità, nuove frontiere, la nuova vita che ci attende dietro l’angolo ma, in realtà, non esiste nessun destino, nessuna predestinazione. Ci siamo solo noi. E la luce verde diventa quindi la nostra più grande illusione, che nasconde i nostri problemi con le sue infinite promesse, ma che, intanto, distrugge i nostri valori.

Con la tragica fine dell’eroe, questa luce è destinata a spegnersi, come è destinata a dissolversi anche l’illusione del sogno americano.

«E mentre ero seduto là a meditare sul vecchio, sconosciuto mondo, pensai alla meraviglia di Gatsby quando per la prima volta aveva scorto la luce verde all’estremità del pontile di Daisy. Aveva percorso una lunga strada fino a quel prato blu e il suo sogno gli doveva essere sembrato così vicino che difficilmente avrebbe potuto fallire nell’afferrarlo. Non sapeva che era già alle sue spalle, da qualche parte nelle immense tenebre oltre la città, dove i campi oscuri della repubblica si estendono nella notte. Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgastico che anno dopo anno si ritira davanti a noi. Ci elude poi, ma non importa – domani correremo più veloci, stenderemo le braccia ancora di più…E un bel mattino…Così continuiamo a remare, barche contro corrente, costantemente risospinti nel passato».

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Aspirante giornalista, ha conseguito la laurea triennale in “Comunicazione, tecnologie e culture digitali” e quella magistrale in “Editoria e Scrittura”, entrambe presso l’Università di Roma La Sapienza. Tutto il suo percorso di studi è stato finalizzato ad ottenere una preparazione più completa e variegata possibile per una carriera nel settore dell’editoria e del giornalismo.Il cinema e la letteratura non sono solo le sue più grandi passioni, ma riempiono ogni piccolo momento della sua vita, tanto da non riuscire a non scriverne.

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