L’arrivo di Dorothy nel mondo incantato e colorato di Oz può sembrare semplice. Eppure, dietro questa scena de “Il mago di Oz” si nasconde un segreto che, se rivelato, potrebbe sembrare un vero e proprio gioco di prestigio.
Nato dalla fantasia e dalla penna di L. Frank Baum, “Il Meraviglioso mago di Oz”, dalla sua prima pubblicazione nel lontano 1900, ha incantato generazioni e generazioni di ragazzini, desiderosi di quella fervida immaginazione, che la realtà non era in grado di fornire. Grazie all’illusione di quel mondo magico, fatato, popolato da creature curiose e misteriose, “Il Meraviglioso mago di Oz” con il tempo è divenuto non solo un classico delle letteratura, ma anche un classico del cinema.
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Difatti, nel 1939, con grande emozione di tutti coloro che si soffermavano a leggere le storie colme di immaginazione del signor Baum, uscì nelle sale cinematografiche la più grande trasposizione del romanzo, ovvero “Il mago di Oz”. Film con protagonista Judy Garland nei panni di Dorothy Gale, una dolce ragazzina che vive con gli zii in una fattoria del Kansas.
La storia all’inizio è molto semplice.
Delusa dalla poca considerazione che i suoi zii hanno verso di lei e verso il suo cagnolino Toto, che rischia di essere abbattuto a causa della cattiveria della signora Gulch che ha intenzione di sopprimerlo solo perché aveva osato morderla, Dorothy per paura che quella “strega” della possa tornare a riprendersi il cane, prepara la valigia e fugge assieme a Toto, che nel frattempo è scappato dalle grinfie della megera.

Ma sulla strada verso la fuga, Dorothy si imbatte in una furiosa bufera, dove un tornado, avvistato in lontananza, minaccia di spazzare via la fattoria dei suoi zii. Tornata verso la fattoria dov’era scappata poco prima, nella ricerca disperata dei suoi zii, Dorothy cade svenuta sul letto. Al risveglio, vede la sua fattoria immersa nell’occhio del ciclone. E mentre tutto intorno a sé continua a girare, di colpo Dorothy, aggrappandosi al letto e stringendo Toto a sé, dopo tanta confusione, sente che la casa è finalmente atterrata.
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Ma dove sarà finita? Sarà ancora in Kansas? Curiosa, la piccola Dorothy prende in braccio Toto e va a vedere. Curiosa di scoprire cosa si nasconde al di là della porta di ingresso, la ragazzina gira il pomello e si trova, finalmente, di fronte al mondo magico e colorato di Oz.
Creato come un mondo in bianco e nero, il cui contrasto psicologico verso il mondo di Oz è facilmente intuibile dalla grigia realtà del mondo attuale (ricordiamo che durante gli anni ’30 gli Stati Uniti hanno dovuto affrontare il crollo della borsa di Wall Street avvenuto nel 1929, con la conseguente caduta dell’economia e portando tutto il paese in una enorme crisi finanziaria), Oz rispecchia quindi la realtà del periodo, ed enfatizzando di conseguenza i colori di Oz, e interpretandolo quindi, grazie al sapiente uso del colore, come un mondo all’apparenza privo di problemi e di difficoltà. E come il mondo reale sia un luogo privo di sogni e di fantasia.
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Ma per creare questo mondo, che ogni appassionato di cinema ricorda come tra i migliori film di sempre del periodo della “Old Hollywood”, il regista Victor Fleming e il direttore della fotografia Harold Rosson, hanno dovuto faticare non poco. Specialmente Harold Rosson che doveva portar con sé una cinepresa in Technicolor a tre pellicole che pesava 180 kg! Veterani di una collaborazione professionale che vantava numerosi film in bianco e nero, per “Il mago di Oz” avevano idee innovative. E innovativa, fu quindi anche la scena che sto per descrivervi. Come potete notare guardando il film dalle molte scene descritte a Oz, il movimento della cinepresa è molto fluido, per nulla statico. E questa straordinaria creatività sul set non fece altro che alimentare la più alta qualità che in effetti si può ancora notare nel film, anche a decenni di distanza.
“Il Mago di Oz” aprì così le porte ad un cinema dinamico e innovativo, distaccandosi dalla teatralità dei film muti. Tra movimenti di camera e innovazione, avevano esigenza di trovare un modo semplice ed efficace di passare dal bianco e nero al Technicolor. Dal mondo reale del Kansas al mondo magico di Oz.
Così facendo, la creatività si fece padrona. Per far sì che Dorothy aprisse la porta della casa degli zii e dare così il benvenuto ai colori di Oz, doveva sembrare immersa nella grigia fattoria. Dipinsero quindi l’intero set interno in bianco e nero. E il famoso vestito che Dorothy indossa, divenuto un’icona di stile nel corso degli anni, con quegli inconfondibili colori come l’azzurro del vestito furono realizzati appositamente in bianco e nero, ma indossati da una controfigura.
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Esattamente.
La figura che vediamo avanzare verso la maniglia della fattoria e aprire così la porta verso il mondo di Oz, altri non era che una controfigura. L’attrice, indossava infatti un abito identico a quello indossato da Judy Garland, ma in bianco e nero. Il suo compito era quello di avanzare verso la maniglia, aprire la porta e passare il cagnolino a Judy Garland che subentra da sinistra perfettamente truccata e “colorata”. Pronta a godere della magnificenza di Oz. Il tutto, aggiungerei, con un movimento di camera fluido e mai invasivo che dona immenso prestigio al film.
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