“Questo è un processo politico che è stato già deciso per noi. Ignorare la realtà è assurdo per me.” ( Abbie Hoffman – “Il processo ai Chicago 7”)
Nel corso degli ultimi anni abbiamo avuto il piacere di visionare pellicole curate da alcuni dei più grandi talenti cinematografici, e tra questi vi è Aaron Sorkin; il quale è noto ormai da anni per le sue indubbie capacità nello scrivere sceneggiature impeccabili che impreziosiscono il valore artistico delle opere a cui ha preso parte.
Tra queste ricordiamo il pluripremiato “The social network” (2010), grazie al quale lo sceneggiatore Sorkin ricevette il premio oscar alla miglior sceneggiatura; egli collaborò dunque con registi del calibro di David Fincher e Danny Boyle. Nel 2017 esordì per la prima volta come regista con il suo “Molly’s game”, un ottimo esordio dietro la macchina da presa per un film di cui ne curò ancora una volta la sceneggiatura, dimostrando di avere un’ottima padronanza di tutti gli elementi cinematografici.
Nel 2020 Aaron Sorkin torna a dedicarsi a sceneggiatura e regia, realizzando “Il processo ai Chicago 7”, uno degli ormai tantissimi lungometraggi che vanno ad inserirsi nella lista di tutti gli esclusi dalla proiezione nelle sale cinematografiche italiane, venendo così distribuito direttamente sulla piattaforma streaming Netflix. La quale si prospetta la vera protagonista all’imminente cerimonia degli oscar.
Con il suo ultimo lungometraggio Aaron Sorkin dimostra nuovamente di essere uno tra i migliori sceneggiatori contemporanei, portando su schermo un fatto realmente accaduto attraverso un’incredibile cura per il dettaglio nella scrittura di dialoghi e personaggi: entrambi sono il cuore pulsante della vicenda poiché si tratta di un film fortemente dialogato, fatto di numerosi scambi di battute tra i vari personaggi i cui scontri verbali mantengono alta l’attenzione dello spettatore per tutta la durata della pellicola.
I personaggi sono memorabili. Il loro sviluppo psicologico è perfettamente coerente con le vicende narrate da Sorkin. Con la sua opera decide di focalizzarsi sul periodo storico durante il quale si svolgeva la guerra del Vietnam che continuava a mietere vittime. E nel mentre, a Chicago, un gruppo di attivisti guidò una manifestazione contro questo conflitto, con il conseguente, ed imprevisto, avvio di un processo ai danni dei manifestanti, segnando così una pagina nerissima della storia americana.
“Il processo ai Chicago 7” è un film apprezzabile sotto molti punti di vista. Si nota ancora una volta che Sorkin voglia narrare una storia con lucidità accompagnata però da un’eccessiva freddezza. Freddezza che si percepisce costantemente nella narrazione. Mettendo da parte quell’emotività che avrebbe sicuramente arricchito un prodotto che nel complesso risulta comunque godibile ed ottimamente realizzato a livello cinematografico. Oltre alla già citata sceneggiatura spicca anche il montaggio, che in questo caso riveste un ruolo fondamentale per donare un buon ritmo alla narrazione, riuscendo così ad alternare lodevolmente momenti umoristici ad altri più drammatici.
Menzione d’onore anche al cast.
Il quale presenta attori premiati con l’oscar come Eddie Redmayne e Mark Rylance, ma anche Michael Keaton e la rivelazione Sacha Baron Cohen in un ruolo differente da quelli più strettamente comici che ne hanno incrementato la notorietà.
L’ultimo film di Aaron Sorkin è un ottimo prodotto cinematografico che avrebbe sicuramente acquisito un valore aggiunto con la distribuzione nelle sale cinematografiche. Nonostante ciò risulta comunque una pellicola che merita di essere visionata per la cura dei dettagli riposta nel comparto tecnico ed attoriale. Ma ancor di più nella sceneggiatura, che già solo portando la firma di Sorkin è garanzia di elevata qualità di scrittura.
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