Dieci anni dopo l’annuncio del suo ritiro Hayao Miyazaki torna sulla scena cinematografica con “Il ragazzo e l’airone”.
Tentare di definire una qualsiasi opera di un maestro come Hayao Miyazaki con un solo genere, sarebbe un’impresa pleonastica oltre che riduttiva. In ogni suo lungometraggio, il sensei dell’animazione nipponica, ha infatti messo insieme varie nature cinematografiche. Basti pensare a pellicole come “Nausicaa della valle del vento”, un’avventura fantascientifica ambientata in un moderno western. Oppure “La città incantata”, un film di formazione nel quale fantasy e sentimenti si intersecano alla perfezione.
E poi, nel 2013, è stato l’avvento del film “Si alza il vento”, un dramma sentimentale che avrebbe dovuto essere il testamento di Miyazaki poiché, secondo quanto asserito dall’autore stesso, si sarebbe dovuto ritirare dalla scena cinematografica dopo l’uscita della pellicola.
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Eppure, dopo dieci anni di silenzio e di assenza, il maestro nipponico è tornato. E con una pellicola tanto profonda quando graficamente magnifica. “Il ragazzo e l’airone” invero è uno dei più intensi e ispirati lavori del regista Premio Oscar. Una storia ambientata tra il presente e il passato. Una trama mescola il dramma e il fantastico a quel senso di inquietudine che più volte Miyazaki è riuscito a comunicare.
Tutto ha inizio con un incendio nel quale il giovane Mahito perde la madre, Hisako. Un anno più tardi, subito dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, il ragazzo si trasferisce assieme al padre per andare a vivere con la sua nuova moglie, ossia l’avvenente Natsuko, sorella minore della defunta Hisako. Faticando ad ambientarsi, sia nella nuova sfarzosa dimora sia a scuola, Mahito entra in contatto con un misterioso airone che, come il Bianconiglio di Alice, traghetterà il ragazzo in un mondo apparentemente onirico. Un mondo dove il passato, il presente e il futuro si intersecano in maniera indissolubile. Una dimensione tanto simile alla nostra ma abitata da conturbanti e minacciose creature.
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Il tutto reso realistico da un’animazione forse meno limpida rispetto ai lavori precedenti del maestro, ma comunque molto soddisfacente e, sicuramente, molto coinvolgente. “Il ragazzo e l’airone” ha infatti il grande pregio di enfatizzare il tratto fine di Miyazaki al punto da rendere credibili anche le più improbabili delle situazioni.
E se l’animazione risulta convincente, riuscendo a condurre lo spettatore prima negli orrori della guerra poi in un’affascinante dimensione onirica, la colonna sonora di Joe Hisaishi (storico collaboratore dello Studio Ghibli) risulta altrettanto coinvolgente ed è in grado di trasmettere tutte le emozioni provate dal giovane protagonista e dai personaggi che contorneranno la sua avventura.
Miyazaki riesce quindi a distorcere la realtà, ambientando in un contesto storico piuttosto chiaro e ben conosciuto come il dopo guerra un’avventura che trasuda fantasia e misticismo fin dal primo scambio di sguardi tra Mahito e quell’airone che incombe su di lui come Caronte su Dante.
Quella del ragazzo è difatti una discesa agli Inferi che lo porterà a maturare e scoprire quale sia il suo vero posto nel mondo. Tra indicenti e pericoli, misteriose creature e spiriti sia benigni che maligni, la voglia di fuga di Mahito si affievolirà sequenza dopo sequenza, in quello che si potrebbe rivelare un viaggio di formazione e maturazione. O, addirittura, un incubo dal quale si può uscire solamente tornando alla realtà.
Ma forse è proprio questa la cosa più bella de “Il ragazzo e l’airone”. Per quanto la nostra mente possa viaggiare, distrarsi e sognare ad occhi aperti, la realtà è sempre pronta a manifestarsi nel momento stesso in cui decidiamo di mollare la maniglia.
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