“La sua vita fu singolarmente povera di eventi. Il suo quieto corso non fu interrotto che da pochi cambiamenti e da nessuna grande crisi” – La frase è tratta dalla biografia “Il Ricordo di Jane Austen” pubblicata dal nipote Edward Austen Leigh nel 1870.
Eppure mai parole sono sembrate più sbagliate per descrivere la scrittrice che più di altre ha lasciato un segno indelebile nel panorama culturale del mondo intero. Sebbene queste parole sembrino descrivere l’autrice come una persona mite, è nei suoi scritti che la sua personalità si accende.
Attenta osservatrice, romantica, semplice, sarcastica e polemica con l’epoca e le sue limitazioni, ma sempre celando la propria idea dietro l’ironia. Jane Austen era tutto tranne che quieta. Attraverso le sue parole e gli eventi quotidiani narrati, è stata in grado di raccontarci le contraddizioni dei suoi tempi e della società, divisa fra progresso e tradizione. Eppure mai i toni si fanno scontrosi. Tutto viene detto attraverso la descrizione dei personaggi delle sue storie, tutto viene celato attraverso una battuta ironica nascosta tra le righe, in un dialogo apparentemente futile.
Se pensavate che Jane Austen fosse semplicemente la scrittrice di storie d’amore e di sguardi d’intesa scambiati in una sala da ballo, allora siete cascati anche voi nell’inganno della grande autrice.
VIVERE MILLE VITE ATTRAVERSO LE PROPRIE STORIE
La scrittrice britannica è nata il 16 dicembre 1775 ed è considerata tra le più famose autrici non solo del panorama letterario del Regno Unito ma mondiale, nonostante la sua prematura morte. Infatti Jane Austen si ammalò gravemente e morì nel 1817. La sua vita fu breve, ma il suo lascito fu enorme e continua ad essere amata e letta ancora oggi. Leigh descrive la vita di Jane Austen come povera di eventi, eppure la scrittrice sembra aver vissuto mille vite. Ha sofferto di pene d’amore con Elinor e Marianne, ha danzato con Mr Darcy, è stata adottata insieme a Fanny Price, ha discusso con il signor Knightley, ha sognato insieme a Catherine Morland ed è stata in attesa dell’amore con Anne.
Ha vissuto attraverso le pagine dei suoi romanzi e lo fa tutt’ora.
La sua prima opera ad essere pubblicata, anonimamente, fu “Ragione e sentimento”, nel 1811. Ma il successo arrivò con la pubblicazione di “Orgoglio e pregiudizio” nel 1813. Il romanzo fu accolto immediatamente molto bene e già nell’ottobre dello stesso anno ne fu stampata una seconda edizione. Nel 1812 iniziò la stesura di “Mansfield Park”. Terminato e pubblicato nel 1814, ne furono vendute tutte le copie in soli sei mesi. Sempre nel 1814 iniziò la stesura di “Emma”, concluso nel 1815 e pubblicato nel dicembre dello stesso anno. Emma fu l’ultimo romanzo di Jane Austen pubblicato in vita. Infatti il suo ultimo libro, considerato il più maturo, “Persuasione”, fu dato alle stampe postumo nel dicembre del 1817 insieme a “L’abbazia di Northanger”.
I suoi romanzi furono tutti pubblicati anonimamente. A volte venivano accompagnati semplicemente con “By a Lady” o “By the author of Sense and Sensibility“. Tuttavia, in alcuni circoli aristocratici, sembra che il vero nome dell’autrice fosse noto. Solo con la pubblicazione postuma di “L’Abbazia di Northanger” e “Persuasione” il fratello Henry rivelò finalmente il nome di Jane Austen al pubblico.
STILE, LUOGHI E TEMI RICORRENTI NEGLI SCRITTI DI JANE AUSTEN
Qualunque cosa lei scriva è compiuta e perfetta e calibrata. […] Il genio di Austen è libero e attivo. […] Ma di che cosa è fatto tutto questo? Di un ballo in una città di provincia, di poche coppie che si incontrano e si sfiorano le mani in un salotto, di mangiare e di bere; e, al sommo della catastrofe, di un giovanotto trascurato da una ragazza e trattato gentilmente da un’altra. Non c’è tragedia, non c’è eroismo. Ma, per qualche ragione, la piccola scena ci sta commuovendo in modo del tutto sproporzionato rispetto alla sua apparenza compassata. […] Jane Austen è padrona di emozioni ben più profonde di quanto appaia in superficie: ci guida a immaginare quello che non dice. In lei vi sono tutte le qualità perenni della letteratura
(Virginia Woolf, The Common Reader, Hogarth Press, Londra 1925).
Come Virginia Woolf aveva intuito, la magia di Jane Austen sta nella quotidianità e non nella straordinarietà.
Infatti, pur vivendo nel periodo delle guerre napoleoniche, la Austen non tratta mai nei suoi romanzi gli avvenimenti bellici. Le milizie di passaggio sono sempre solo sullo sfondo degli eventi. Le cerchie ristrette della provincia, le storie d’amore e la vita quotidiana sono al centro dell’azione. Il romanzo di costume le permette di esplorare il carattere dei personaggi anche più umili, le relazioni personali, le distinzioni di classe e il loro effetto sui comportamenti umani, il ruolo del denaro e dei beni. Il vero protagonista di ogni suo libro è l’amore, un sentimento descritto e vissuto dai personaggi come un perenne conflitto tra l’impulsività e la riflessione. Tuttavia il lieto fine è sempre alle porte.
Dopo una crisi, la protagonista del romanzo riesce a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità.
A fare da contorno ai drammi che affliggono i protagonisti ci sono i paesaggi della campagna inglese. Austen visse l’intera vita in Inghilterra ed ebbe l’opportunità di visitare molte zone del Paese. La conoscenza e l’amore per la sua terra sono trasmessi attraverso le pagine dei suoi libri. Ad esempio il cottage di Chawton in cui ha vissuto, un ambiente tranquillo e immerso nel verde, con un piccolo ma grazioso giardino, è forse il luogo più importante nella dimensione dell’esistenza austeniana. Costituì, infatti, lo scenario delle sue opere più celebri.
La campagna viene spesso contrapposta alla corrotta città e ai suoi abitanti contro i quali l’autrice si schiera.
L’egoismo dei ricchi, come i Ferrars e i Bertram, e l’avidità dei nobili, come gli Elliot e Lady Catherine de Bourgh, sono gli ostacoli da superare per raggiungere l’agognato happy ending. La scrittura austeniana presenta poche scene descrittive e digressioni narrative. Tutto viene espresso attraverso i dialoghi che l’autrice rende con il discorso diretto, con lo stile epistolare e con il discorso indiretto libero. Per quanto riguarda lo stile, Jane Austen deve molto ai romanzieri del XVIII secolo. Da Fielding ha imparato la tecnica del narratore onnisciente e del dialogo, mentre da Richardson e dal romanzo epistolare ha tratto la sua ricerca costante della comprensione psicologica dei personaggi e la sua attenzione ai dettagli e alle sottigliezze degli eventi ordinari della vita.
LE EROINE DI JANE AUSTEN E LA RICERCA DEL PROPRIO LIETO FINE
Il posto d’onore nel panorama letterario di Jane Austen è occupato dall’universo femminile. Jane Austen è una delle prime scrittrici a dedicare l’intero suo lavoro all’analisi del gentil sesso.
L’autrice indaga i modi di fare dell’essere donna. La sua penna indugia su pregi e difetti, con delicata ironia. Le ladies di Jane Austen sono le vere eroine della sua letteratura e offrono un caleidoscopio di emozioni, sensazioni e comportamenti tale da differenziarsi nettamente l’una dall’altra. Ci sono donne pazienti, contraddistinte dalla forza e dalla costanza del cuore, che vivono pienamente eppure conservano nell’anima segreti e inguaribili tormenti, come Elinor Dashwood e Anne Elliot.
C’è la donna che vive sul punto di sbocciare, eppure sembra non realizzarsi mai: così è Fanny Price; la donna la cui tenerezza del cuore riesce persino ad oscurare la stupenda bellezza, come Jane Bennet; c’è la donna che di comune ha tutto, tranne la potenza dell’amore: è Jane Fairfax. Poi vi è l’emanazione più sincera del romanticismo, Marianne Dashwood. Ci sono la donna il cui fulgore è così intenso da rasentare la presunzione, Emma Woodhouse, e colei che è irresistibile ma priva di limpidezza, Mary Crawford. Invece l’ingenuità contraddistingue Catherine Morland. Infine il più variegato, complesso e attraente personaggio è impersonato da Elizabeth Bennet: un sorriso benevolo eppure arguto.
Ogni personaggio nella propria storia matura a poco a poco.
Le donne devono possedere virtù come la moderazione e il buon senso che vincono sulla spontaneità e la passione. Solo apprendendo l’importanza della riflessione si giunge al tanto agognato lieto fine: il matrimonio. Il matrimonio era l’unica via per una donna del ceto medio-alto, che all’epoca non aveva la possibilità di guadagnarsi da vivere autonomamente e raramente possedeva proprietà, di acquisire la protezione maschile e preservare la propria buona reputazione.
Eppure Jane Austen non si sposò mai. Gli unici suoi compagni di vita furono un foglio e una penna. Dietro il suo animo mite nasconde proprio la rabbia nei confronti dei suoi tempi per l’ingiustizia con cui veniva trattato il genere femminile. Tramite l’ironia dei personaggi, il sarcasmo velato da un dialogo, Jane Austen esprime il proprio disappunto per un’epoca patriarcale. La stessa Virginia Woolf a tal proposito scrive:
«personaggi stupidi, snob, mondani, i suoi Mr Collins, i suoi Walter Elliot, le sue Mrs Bennet. Austen li colpisce con frasi sferzanti come fruste, […] e sembra che essi nascano solo per il suo supremo diletto di tagliar loro le teste. […] E tuttavia, non un tocco di meschinità, né un’ombra di livore ci distolgono dalla contemplazione. Stranamente, la delizia si mescola con il nostro divertimento. La bellezza illumina queste sciocchezze. […] Mai un romanziere si è servito di un più ferreo senso dei valori umani. E dal loro contrasto derivano la bellezza, la complessità, la grazia, la solennità e l’arguzia delle scene di Jane Austen.»
L’UNIVERSO MASCHILE IN JANE AUSTEN: TRA NOBILI E MALVAGI
In ognuno dei romanzi di Jane Austen non può mancare il contraltare alla donna, il movente dell’intreccio: un uomo. Nei suoi confronti la protagonista si pone in termini di amore, di inganno e sempre di denaro. Il Bingley di “Orgoglio e pregiudizio” è sicuramente uno degli uomini più semplici creati da Jane Austen. Di buon cuore, sempre allegro, incapace di concepire il male. Edward Ferrars in “Ragione e sentimento” unisce alla bontà di cuore anche una certa ingenuità e forse un tratto di passività. Mr Knightley in “Emma” è l’uomo più giusto, saggio e desiderabile del mondo, mentre il capitano Frederick Wentworth in “Persuasione“, con quel suo cipiglio di delusione, che tradisce la costanza del sentimento, è dotato di un fascino fuori dal comune.
Invece Sir Walter Elliot, il padre di Anne in “Persuasione”, il reverendo Collins in “Orgoglio e pregiudizio” o Henry Crawford in “Mansfield Park” sono personaggi totalmente negativi, contraddistinti dalla vanità, dall’egoismo, dal viscido opportunismo e, a volte, da una certa propensione alla lussuria. A questi si unisce Wickham di “Orgoglio e pregiudizio”, il seduttore di Lydia Bennet , che rappresenta il malvagio, nonostante sia raffigurato come attraente e simpatico.
Gli altri personaggi maschili sono ancora più complessi, scissi spesso tra moti di lealtà e ombre oscure del carattere.
In Darcy, nonostante il suo pregiudizio lo renda talvolta odioso e sgradevole, la sua personalità si rivela impregnata di dignità, bontà e di una generosità ineguagliabili. Allo stesso modo anche Willoughby, colui che tanto dolore causa a Marianne Dashwood, rivela la sua intima tenerezza, ormai asservita all’ambizione e alla brama di denaro. Edmund Bertram, infine, l’(anti)eroe di “Mansfield Park”, è un personaggio contradditorio. Votato alla morale, è un uomo che sembra ambire all’immacolatezza, eppure c’è una vena di tenebra dentro di lui, che gli risvegliano istinti che lo tormentano. Tuttavia, rifugge dall’azione. Anche la sua scelta di sposare, infine, la pudica Fanny non sembra altro che una soluzione per placare la sua coscienza.
Ogni personaggio di Jane Austen diviene quindi indimenticabile. Ciascuno di loro sembra riflettere una sfumatura dell’animo umano. E il lettore, di pagina in pagina, non può far altro che rimanerne incantato.
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