“Io credo semplicemente che quello che non ti uccide ti rende più… strano!” (Cit. Joker – Il Cavaliere Oscuro”)
Fin dai giorni in cui sono nati i primi spettacoli circensi, il clown è stato una figura velata e controversa. Inquietante e divertente al tempo stesso, il pagliaccio aveva il potere di incuriosire le persone senza però donare un completo senso di sicurezza. La sua ambiguità è stata fonte per la creazione di personaggi in grado di terrorizzare le persone. Un esempio lampante è Pennywise, ideato da Stephen King sulla base di un serial killer che attirava i bambini travestendosi da clown.
Traendo ispirazione da Gwynplaine, protagonista del film “L’uomo che ride” (1928) e dell’omonimo romanzo di Victor Hugo, il fumettista della DC Comics, Bob Kane decise di creare un nuovo personaggio che avrebbe ricoperto il ruolo dell’acerrimo nemico di Batman. Nel film di Paul Leni, il protagonista viene rapito e sfigurato da una banda di delinquenti. Gli taglieranno letteralmente le labbra in modo che abbia stampato sulla faccia un perenne ed inquietante sorriso.
I disegnatori Bill Finger e Jerry Robinson idearono quindi un criminale dalla psiche fortemente disturbata e dall’aspetto di un clown: capelli verdi, pelle bianca come il latte e labbra rosse paralizzate in un contorto sorriso.
Fu così che il Joker fece la sua entrata in scena nel primo numero della serie di fumetti dedicata a Batman, nella primavera del 1940. Il soggetto iniziale prevedeva che morisse alla fine del secondo numero, ma tale finale non fu mai disegnata. Kane, Robinson e Finger pensarono che far sparire prematuramente un personaggio dalle enormi potenzialità come il Joker sarebbe stato un grave errore. Decisero infine di approfondire la faida tra l’Uomo Pipistrello e il Clown Principe del Male.
Il Joker creato dalla DC Comics era una figura complessa, con un grande bagaglio di follia che nessun altro personaggio aveva mai avuto. Una pazzia che era cresciuta lentamente dentro di lui, sviluppatasi a causa di un passato burrascoso. Come viene infatti raccontato in “Batman: The Killing Joke” (1988), prima di diventare il pericolo numero uno di Gotham, il Joker era un comico piuttosto scadente, con una moglie da mantenere e un figlio in arrivo, la cui vita viene stravolta in un unica giornata.
Completamente squattrinato, accetta di prendere parte ad un colpo in una fabbrica di prodotti chimici. Purtroppo per lui, in quello stesso giorno apprende dalla morte della moglie e del futuro nascituro, e durante l’incursione nella fabbrica verrà braccato da Batman. Nel tentativo di fuggire finirà col cadere nello scarico dell’acqua inquinata, piena zeppa di prodotti chimici, riemergendone in parte sfigurato.
Così il tranquillo padre di famiglia si trasformerà in Joker, un efferato malvivente il cui unico scopo sarà quello di infondere il terrore a Gotham.
Quello che distingue Joker da tutti gli altri criminali del DC Universe è proprio la sua follia.
Il Clown è un personaggio votato al caos. A differenza dei suoi illustri colleghi non pensa affatto ad arricchirsi, ma solamente a soddisfare la sua voglia di creare scompiglio. La sua esistenza è sregolata e incentrata sulla soddisfazione degli istinti. La sua è una mente contorta quanto abile, talmente coinvolgente da riuscire a far infatuare di sé la psicologa Harleen Quinzel, che lo seguirà nella sua vita criminale diventando Harley Quinn.
Tendente alla menzogna, ama creare degli spettacoli colmi di un macabro humor nero che solamente lui e suoi seguaci sembrano apprezzare. Del suo passato non si sa praticamente niente, poiché lui stesso afferma di aver inventato talmente tante versioni diverse della sua storia da non ricordare più quale sia quella vera. Ma del resto, come dichiara apertamente in “Batman: The killing Joke”, “se proprio devo avere un passato, preferisco avere una scelta multipla”. Nel corso degli anni, il Joker è stato disegnato e reinterpretato da diversi autori, che hanno accentuato le sue diverse caratteristiche.
Alcuni infatti si sono concentrati sul suo lato burlesco, il clown buontempone che imbastisce spettacoli (che quasi sempre culminano con un’esplosione). Altri invece hanno enfatizzato la sua natura sadica, la parte di lui che ama torturare sia fisicamente che psicologicamente le sue vittime, come accade in “Batman: The killing Joke” quando tenta di far impazzire il commissario Gordon.
In ogni caso, tutte le versioni del Joker hanno un punto in comune: la profonda ossessione per Batman.
Ma questo è piuttosto ovvio poiché i due personaggi sono esattamente l’uno l’opposto dell’altro sotto ogni aspetto. Se da una parte abbiamo l’ombroso uomo pipistrello, sempre serio e lugubre, vestito costantemente di nero (o comunque con colori scuri), dall’altra c’è il Joker che non perde mai occasione di scherzare e, ovviamente, di ridere e di coinvolgere i suoi avversari in divertenti quanto macabri giochetti. Il Clown è un confusionario, infrange le regole per il semplice gusto di farlo, come se fosse una continua istigazione, ed è sessualmente disinibito. Batman è tutto d’un pezzo, segue le regole ed ha un’idea di giustizia estremamente rigida.
Un perfetto esempio di questa peculiarità tra i due la troviamo nelle pagine di “Arkham Asylum”. Batman, giunto ad Arkham si imbatte nel Joker, che lo aspetta con aria provocante. Dopo aver tentato di solleticare la sua attenzione con un indovinello, con scarsi risultati, il Re dei Giullari si avvicina così tanto al suo avversario da potergli stringere le natiche con le mani. Un gesto minaccioso e teatrale allo stesso tempo, che imbarazza e manda completamente in confusione Batman. Una piccola scena che racconta perfettamente le diversità tra i due antagonisti e che mette in risalto la guitta teatralità del Clown.
Ogni attore che ha avuto modo di vestire i panni del Joker è riuscito a dare un tocco personale al personaggio, riproducendo comunque delle analogie con le varie storie fumettistiche che lo vedono protagonista.
Jack Nicholson ad esempio, il primo a portare sul grande schermo il Clown (“Batman” del 1989 di Tim Burton), ha impersonato un gangster di nome Jack Napier, un uomo viscido e senza alcuno scrupolo. Il modo in cui avviene la trasformazione da uomo a supercriminale, è pressoché lo stesso che ci viene raccontata in “Batman: The Killing Joke”.
Durante un sabotaggio in una fabbrica di prodotti chimici, Jack si scontra con Batman finendo col cadere in una vasca piena di acido, riemergendone sfigurato. Gli effetti collaterali che tale esperienza avrà sulla sua psiche saranno molteplici. Il Joker di Nicholson è infatti un personaggio che si crede onnipotente. Talmente sicuro di sé da umiliare e ridicolizzare più volte gli abitanti di Gotham. In realtà è un uomo ferito nel profondo. Un uomo che ha subito una trasformazione, che ha perso il suo fascino e che si sente un mostro. E per reazione si atteggia a giullare, ridicolizzando a volte lo stesso Batman.
L’interpretazione di Jack Nicholson rimarrà nella storia come la rappresentazione del primo Joker cinematografico, molto simile a quel Joker fumettistico tanto vanitoso quanto psicopatico, ma lontano anni luce dalla sperimentazione psicologica di Ledger e di Phoenix.
Heath Ledger ha interpretato un personaggio senza nome, se non quello di Joker, che non vuole far altro che creare il caos a Gotham (“Il cavaliere oscuro” del 2008 di Christopher Nolan).
Al contrario della versione fumettistica reprime completamente la sua pazzia, asserendo di essere sano di mente e arrabbiandosi con chi invece gli dà del matto. Un personaggio oscuro, il cui aspetto non è il risultato di un incidente ma una sua precisa scelta stilistica. Non fosse per le cicatrici infatti, Joker non avrebbe nessuno sfregio o nessuna mutazione.
Si tinge il viso e i capelli per distinguersi dal resto dei malavitosi, come se fosse una pittura di guerra. Il suo è un passato avvolto nel mistero e, come accade nella graphic novel “The Batman Adventures: Mad Love”, si inventerà più versioni sia sulla sua fanciullezza, sul rapporto con i genitori e i traumi che gli avrebbero causato le cicatrici. Heath Ledger ci ha regalato una fotografia indimenticabile del Joker. Quando venne a sapere che Christopher Nolan stava per iniziare le riprese del secondo film della saga del Cavaliere Oscuro e che stava cercando un attore per interpretare il Joker, Ledger pretese di incontrare il regista per ottenere la parte.
“Mi sono chiuso in una stanza per sei settimane, e ho creato questo psicopatico. Camminavo come un matto alla ricerca di una posa. Trovare la voce è fondamentale, perché quando la trovi, trovi anche il respiro giusto.” – Cit. Heath Ledger
Per molti “Il cavaliere oscuro” è uno dei più grandi cinecomic di tutti i tempi.
Il merito di questa popolarità va attribuito soprattutto alla grandiosa performance di Heat Ledger, che per l’interpretazione del Joker si ispirò fortemente a due importanti figure britanniche: il bassista e cantante dei Sex Pistols Sid Vicious e il “Drugo” Alex, protagonista di “Arancia Meccanica”. Ma non solo. Ledger fece un lavoro psicologico e fisico impressionante per impersonare al meglio il nemico di Batman. Lui stesso dichiarò che nel momento esatto in cui partiva il Ciak fino allo “Stop” che sanciva la fine della scena, Heath Ledger non esisteva più, esisteva solamente il Joker. Tuttavia, quando la macchina da presa si spegneva e le riprese venivano interrotte, tornava ad essere sé stesso.
Durante il suo percorso psicologico per immedesimarsi nel Joker, Ledger si isolò in una stanza d’albergo per sei settimane.
Scrisse un diario, che nominò il “Diario del Joker”, in cui annotava ogni minimo pensiero che potesse aiutarlo ad entrare nel personaggio. Riuscì persino a creare il trucco del suo personaggio, la maschera facciale del Joker, che poi venne perfezionato dal make-up artist John Caglione Junior, usando semplicemente della polvere bianca e un po’ di rossetto sbavato. La protesi per le cicatrici era attaccata al centro della bocca, per cui quando parlava l’attacco si allentava. L’ultima cosa che Heath voleva era tornare al trucco per farsi riattaccare le labbra, così se le leccava in continuazione per far star ferma la protesi. Fu una sua idea rendere tale gesto un tratto distintivo del Joker. E’ importante notare quanto riuscisse a recitare con tutto il corpo.
Ledger infatti si incurvava costantemente, come se il suo corpo si muovesse senza controllo, e la voce serviva solo a enfatizzare la sua interpretazione. Per ottenere un tale risultato, l’attore studiò attentamente le tecniche dei ventriloqui e il modo in cui riuscivano a riprodurre un’infinità di suoni senza muovere i muscoli facciali. Era consapevole che stava creando qualcosa di straordinario.
I tecnici e i produttori erano sbalorditi dalla bellezza della sua performance, tanto che rimanevano incantati ai monitor guardando quel che stava creando. Era uno spettacolo!
La performance di Ledger per anni ed anni è stata osannata sia dai fan dell’uomo pipistrello che dalla critica. Così tanto da risultare inarrivabile! Un’interpretazione che eguagliasse o superasse tale performance risultava impossibile! I tentativi di Jared Leto furono inutili, perché ritrasse un Joker banale, quasi un bullo di quartiere. Fino a che un giorno Todd Phillips, decise di creare un film diverso. Un film che non rispecchiasse la figura del Joker come nemico di Batman, ma la figura di un uomo qualunque con paure e le insicurezze ed un forte trauma psicologico.
L’ultimo ad indossare le vesti del Pagliaccio Principe del Crimine è stato Joaquin Phoenix nella pellicola di Todd Phillips “Joker”.
La sua è un’interpretazione sublime, ogni cellula del corpo dell’attore racconta il cambiamento psicologico subito dal suo personaggio, che non ha nessuno sfregio o nessuna cicatrice sul volto. Ha solo cicatrici interiori. Arthur Fleck (così si chiama il personaggio) è un clown, o per meglio dire, di lavoro fa il clown. Arthur Fleck non è un uomo divertente, ma paradossalmente sono gli altri che ridono di lui. Distaccandosi dalle versioni fumettistiche, il film racconta le origini di un personaggio tormentato dal dolore, che vive con una madre malata nel corpo e nell’anima, non avendo idea di chi sia suo padre.
Ma questa è solo la punta dell’iceberg della sofferenza di Arthur Fleck.
La sua aspirazione più grande è quella di diventare un comico, ma purtroppo per lui le sue battute non fanno ridere nessuno. E’ affetto da una patologia che gli causa un’incontrollabile risata isterica ogni volta che qualcosa lo innervosisce. Arthur si muove come un essere invisibile in una città piena di vita, che sembra non sapere nemmeno che lui esiste. Ma un giorno qualcosa cambierà nella sua vita.
Il sofferente Arthur pian piano inizierà a trasformarsi in Joker nel momento stesso in cui deciderà di reagire e di ribellarsi a tutti i maltrattamenti subiti. Ucciderà tre bulli, e dopo essere stato licenziato e tradito, tramerà vendetta contro tutte le derisioni subite e si vendicherà per la sua difficile infanzia. L’uomo che piano piano stava per essere ucciso dalla sofferenza inizierà a provare un senso di pace e di liberazione uccidendo. Arthur si accorgerà di essere notato, il suo passo insicuro e accasciato si tramuterà in una danza, la danza dell’eletto rimasto per troppo tempo dietro ad una maschera piangente, adesso sorriderà e la sua risata isterica diventerà il simbolo di una ribellione che coinvolgerà tutta Gotham.
Come Heath Ledger, anche Joaquin Phoenix ha dovuto sottoporsi ad un duro lavoro fisico e psicologico.
Per rendere i suoi movimenti più fluidi ha perso 25 chili, il che lo rendeva spesso nervoso e di cattivo umore, poiché si sentiva affamato e debole, ossia lo stato d’animo perfetto per interpretare il suo personaggio. Il Joker di Phoenix è infatti un uomo che cerca di combattere i suoi problemi psicologici, e la risata incarna la sua fragilità. E’ una risata che esce fuori dal profondo, più disperata che felice, perché Arthur Fleck è un uomo ansioso e depresso, con un lavoro pessimo, che ha subito dei gravi traumi infantili.
Il modo in cui si muove è unico. Prima meccanico e statico per poi diventare una danza talmente leggera che sembra sollevare il Joker da tutta la tristezza e i problemi del suo stato d’animo.
Per tali movenze, Phoenix ha dichiarato di essersi ispirato allo spaventapasseri de “Il mago di Oz”, interpretato da Ray Bolger. Spesso ha combinato passi di danza moderna a quelli leggeri di musica classica. Uno stile imprevedibile come il Joker stesso. Phoenix non si è basato su nessun altro Joker passato, desiderando un personaggio creato unicamente dalla sua fantasia… o dalla sua pazzia. L’ approfondimento psicologico di Arthur Fleck è sicuramente stato influenzato da personaggi provenienti da un cinema sofisticato, come Travis Bickle di “Taxi Driver”, un uomo altrettanto depresso, scontento della propria vita. Un’ altra anima invisibile. Così come Travis, Arthur Fleck inizia a stancarsi della sua situazione da incompreso reagendo in maniera violenta.
Todd Phillips ci offre una libera interpretazione del Joker, mostrandoci un lato che nessuno aveva mai approfondito prima e mettendo in scena il percorso fisico e psicologico che ha portato alla nascita del famoso Clown. Per gran parte della durata della pellicola vediamo un uomo che si sta trasformando, non solo mentalmente ma anche fisicamente.
In un “Lupo mannaro americano a Londra”, il protagonista David Kessler subisce una dolorosa metamorfosi, con ossa che si contorcono e si adattano al nuovo aspetto del suo corpo, fino a raggiungere la forma corretta, quella del lupo. La stessa cosa avviene nella pellicola di Phillips. Per quasi due ore assistiamo alla mutazione di Arthur Fleck, che come David sta adattando la sua fisionomia alla sua nuova forma, il Joker.
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