“La macchina del tempo” di H.G. Wells è uno dei migliori romanzi fantascientifici di sempre, capace di ispirare sia opere letterarie che cinematografiche.
Siamo negli ultimi anni del XIX secolo. Nel lussuoso salotto di un visionario ed eccentrico scienziato, un gruppo di luminari si riunisce per ascoltare quella che sembra essere la più assurda delle vicende. Dopo ore e ore di attesa, il padrone di casa, che fin dalla prima pagina conosceremo come il Viaggiatore del Tempo, giunge di fronte ai suoi esimi colleghi con il corpo completamente ricoperto da orrende cicatrici, gli abiti logori e strappati, un colorito pallido e il volto inebetito. Eppure, nonostante il suo pessimo stato, il protagonista ha appena dimostrato che i viaggi nel tempo sono possibili. E non vede l’ora di raccontare la sua avventura agli scettici membri dell’intelligenza britannica.
Pubblicato nel 1895 “La macchina del tempo” è uno dei romanzi più famosi dello scrittore inglese H.G. Wells nonché una delle trame fantascientifiche più conosciute di sempre. Un’opera capace di ispirare un nuovo genere letterario che, nel corso dei decenni, ha colto l’attenzione di numerosi autori, da Philip K. Dick a Michael Crichton.
Ma “La macchina del tempo” non è semplicemente un romanzo sui viaggi nel tempo, bensì una testimonianza che documenta come le abili menti del XIX secolo, immaginavano il futuro.
Difatti, attraverso gli occhi del Viaggiatore, Wells dipinse un mondo post apocalittico in cui la razza umana si è estinta, o regredita se vogliamo, e la Terra è dominata da due specie completamente diverse: gli Eloj, esseri pacifici e spensierati, la cui esistenza è votata allo svago; e i Morlock, dei ripugnanti predatori notturni albini dalla forma umanoide che agiscono con il favore delle tenebre.
I mondi distopici hanno da sempre un fascino particolare e molti autori, da Pierre Boulle con “Il pianeta delle scimmie” al già citato Philip K. Dick con “Il cacciatore di androidi” (meglio conosciuto come “Blade Runner”), hanno raccontato la loro visione del futuro.
Tuttavia quello de “La macchina del tempo”, forse perché interamente raccontato attraverso le voce del Viaggiatore, sembra avere una poetica molto più ispirata.
Grazie a “La macchina del tempo”, H.G. Wells abbandona le atmosfere tetre e degradate, rese celebri da opere come “Frankenstein o il moderno Prometeo” di Mary Shelley e “Lo strano caso del Dottor Jekyll e del Signor Hyde” di R.L. Stevenson, e trascina il lettore in un clima tanto quieto quanto lussureggiante, dove i gentleman, dopo aver consumato una gustosa e abbondante cena, si ritirano in salotto per conversare, fumando sigari e sorseggiando del pregiato Brandy. O almeno questa è l’impressione iniziale che vuole trasmetterci lo scrittore.
Nel momento stesso in cui il Viaggiatore inizia a narrare il suo pellegrinaggio nel futuro, intrappolato in un mondo sconosciuto e incapace di tornare alla propria epoca, come un moderno Ulisse a cui è stato negato il diritto di rimpatriare ad Itaca, comincia il viaggio del lettore in una dimensione dominata da paesaggi onirici, vallate tanto immense da sembrare infinite e lugubri gallerie sotterranee.
In quella che sembra essere una satira scientifica, che si pone l’obiettivo di burlare la profezia dell’estinzione della razza umana, ma che lentamente assume i tratti di un romanzo gotico, Wells compone una paradossale fusione di rudimenti scientifici, avvisaglie utopiche e presagi apocalittici.
Il tutto inserito in un contesto (quello della fine del 1800) in cui la società britannica subiva l’influenza, tanto affascinante quanto terrificante, delle grandi scoperte scientifiche e dell’impetuoso sviluppo tecnologico.
Difatti, oltre al Viaggiatore, i protagonisti del romanzo di Wells sono quelle menti ben pensanti ma ristrette, eternamente scettiche, che credono fermamente nel lavoro accademico e nella concretezza delle scienza e della tecnologia ma che, allo stesso tempo, ne sono terrorizzati. Ed è qui che il racconto fantascientifico assume le sembianze di un documento sulla cultura più larga della società inglese del 1800 e del pensiero delle menti più illuminate dell’epoca, intimorite dall’avvento di un nuovo secolo (il XX) che promette novità tanto meravigliose quanto disarmanti.
Ma questo è il futuro che Wells sviluppa e rappresenta come una visione artistica.
Visioni che fin dalla pubblicazione de “La macchina del tempo”, il primo romanzo di H. G. Wells (escludendo un manoscritto andato perduto), hanno ampliato i limiti della fantasia umana. Difatti, opere come “L’isola del Dottor Moreau”, “L’uomo invisibile” e “La guerra dei mondi” (per citarne alcune), nonostante siano state pubblicate alla fine del 1800, risultano essere assolutamente moderne se non contemporanee. Basti pensare al modo in cui H.G. Wells riesce a coniugare la scienza e la tecnologia in un’epoca in cui tematiche come le invasioni aliene e la modifica del DNA erano (probabilmente) argomenti utopici. Eppure, grazie al suo estro, lo scrittore britannico è riuscito a superare i confini del fantastico, divenendo una delle principali fonti di ispirazione per le future opere fantascientifiche di ogni genere.
Di seguito, l’edizione pubblicata dalla casa editrice Fanucci Editore.
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