“Quando accadrà no non lo so, ma del tuo mondo parte farò! Guarda e vedrai che il sogno mio si avvererà” (La Sirenetta)
Nel corso della storia la condizione della figura femminile ha subito una forte evoluzione. Da sempre le donne sono state classificate come il “sesso debole”, inferiori all’uomo. Venivano difatti educate dal patriarca a soddisfare i bisogni del marito e della famiglia. Una condizione che, sebbene in maniera differente, accomunava sia l’alta società che il popolo. Le future nobildonne, fin da bambine venivano istruite affinché crescessero ben educate ed eleganti nei loro modi di fare. Era loro compito, infatti, accompagnare nella classe dirigente il marito, che si occupava di amministrare gli affari della tenuta e delle proprie terre. Alle donne della bassa società veniva invece imposta l’incombenza di occuparsi della casa. All’uomo invece spettava il dovere lavorare e crearsi una posizione per guadagnare, in modo da mantenere la famiglia.
Per secoli, le donne che erano abbastanza ambiziose da tentare di crearsi una carriera che non fosse necessariamente quella della massaia, vennero messe in ombra dalla “superiorità” maschile.
Uno dei casi più eclatanti fu quello di Madame Marie Curie. Sebbene avesse lavorato a fianco del marito Pierre negli studi sulla radioattività, l’Accademia reale svedese delle scienze voleva negarle il diritto di ricevere il Premio Nobel. Tali discriminazioni portarono all’avvento di numerosi gruppi femministi, che lottarono (e lottano tuttora) per il riconoscimento dei pari diritti tra donne e uomini. Il più famoso di essi è senza dubbio quello delle Suffragette. Esse tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, formarono associazioni in tutto il mondo per battersi contro il suffragio universale maschile ed ottenere così il diritto di voto.
Anche le industrie cinematografiche e televisive, nella realizzazione dei loro prodotti, andavano di pari passo con i principi della società. I personaggi femminili, nei film e nelle serie tv, venivano raffigurati seguendo il diktat obbligato dal pensiero comune. I soggetti rappresentati sullo schermo dovevano essere lo specchio del mondo contemporaneo. Raffigurare quello a cui le persone potevano ambire o a cui avrebbero dovuto rinunciare.
Sebbene in alcune parti del mondo avessero già ottenuto alcune vittorie, negli anni ’30 le donne venivano ancora raffigurate come casalinghe dedite alla casa e al proprio marito. Promulgatori di questo status quo erano personalità influenti nel mondo cinematografico. Walt Disney, per esempio, attraverso le sue pellicole animate poteva trasmettere, anche alle menti più giovani e facilmente influenzabili, un messaggio preciso sul ruolo della donna.
Nel 1937 uscì, nelle sale cinematografiche, “Biancaneve e i sette nani”, un perfetto esempio di come la società ritraeva la figura femminile.
La giovane e candida Biancaneve, scappata dalle grinfie della regina cattiva, trova rifugio in una casetta nascosta nella foresta, appartenente a sette simpatici nani. Una volta fatta la conoscenza dei padroni di casa, sarà lei stessa ad offrire i suoi servigi per tenere in ordine la fatiscente casetta isolata nel bosco: “se mi fate restare mi occuperò della casa: laverò, stirerò, cucirò, cucinerò…” Così facendo dimostra di non avere altri interessi o ambizioni se non quelli di occuparsi della pulizia della casa e dell’igiene dei suoi amici nani. Non solo. Colta nella propria ingenuità cadrà in un sonno profondo, e solo il bacio del vero amore la risveglierà. Come sempre, anche se in questo caso il principe risulta essere un personaggio decisamente anonimo, sarà lui a salvare Biancaneve e, di conseguenza a ricoprire il ruolo dell’eroe.
Perché la donna non può salvarsi da sola?
Perché per la mentalità vigente all’epoca era l’uomo colui che doveva risolvere i problemi. In “Biancaneve”, difatti il principe ha un ruolo marginale da potersi definire insignificante per la trama, tranne che risvegliare la principessa.
In “Cenerentola” (1950), Walt Disney applicò lo stesso principio che in “Biancaneve”. Relegata al ruolo della sguattera nella sua stessa casa, la protagonista passa le giornate nella sua routine. E non fa altro che eseguire gli ordini e subire i maltrattamenti della matrigna e delle sorellastre. Nonostante provi il forte desiderio di fuggire via, rimane ancorata alla sua vita da serva. Riuscirà a evadere dalle grinfie della matrigna solamente perché il principe, che probabilmente è ancora più marginale del suo corrispettivo in “Biancaneve”, si innamorerà di lei a prima vista e deciderà di sposarla.
Ancora una volta, sebbene a distanza di tredici anni, la figura femminile nel mondo incantato di Walt Disney, venne ritratta come una ragazza piena di sogni e ingenuità. Priva di senso di quel ribellione che solo trentanove anni dopo, grazie ai diritti ottenuti nel corso della storia e all’evoluzione della donna nei decenni sia a livello sociale che mediatico, riuscì a rivelare grazie al personaggio di Ariel, la figlia del re degli abissi, Tritone.
Nata dalla penna di Hans Christian Andersen, autore della fiaba da cui trasse ispirazione la Walt Disney Productions nel 1989, la sirenetta è una principessa degli abissi. Essa vive con la perenne curiosità di mettere la testa fuori dall’acqua per osservare la terra degli uomini. Non c’è niente che le dia più gioia che ascoltare i racconti di sua nonna sul mondo degli esseri umani. Affascinata dallo scoprire cosa si cela oltre i confini dell’oceano, pur di uscire dal grande blu rinuncerà alla cosa più preziosa che possiede: la sua incantevole voce.
E’ il 1989.
Sono passati più di vent’anni dalla morte di Walt. I tempi sono cambiati. È mutato il modo di vedere le cose e, di conseguenza, anche la Disney ha modificato il modo di concepire i suoi personaggi. L’era in cui la principessa deve essere salvata dal principe, è finita. Le caratterizzazione delle figure femminili ha acquisito spessore e lo stereotipo della damigella in pericolo non esiste più. La donna è diventata un’eroina, una guerriera, un personaggio determinante all’interno della trama e, in alcuni casi, con più stoffa del protagonista stesso.
Belle non si piega alle avance di Gaston, snobbando sia lui che la sua ignoranza e, proprio come Ariel, sarà lei a salvare il principe; Jasmine, sebbene non sia la protagonista, viene dipinta come una ragazza con un carattere deciso, che non si fa sottomettere da niente e da nessuno; Esmeralda, nonostante non diventi una principessa ma rimanga una zingara, si dimostra una donna caparbia e pronta a sfidare chiunque, persino un uomo potente come il Giudice Frollo; Mulan, la prima principessa guerriera, salverà il suo amato Li Shang e impedirà che tutto il regno venga invaso e distrutto.
La vera rivoluzione all’interno della Disney è il personaggio di Ariel, non solo per la forte caratterizzazione, ma anche a livello di animazione.
Erano gli anni ’80. “La Sirenetta” catturò l’influenza del mondo anime giapponese che, proprio in quegli anni, aveva raggiunto livelli di popolarità altissimo. Così facendo creò le basi per quelli che saranno i nuovi canoni di bellezza della casa delle idee.
Nell’adattamento cinematografico, la sirenetta è una ribelle, che non accetta alcuna regola. Ariel è una ragazza che è disposta a rinunciare alla sua voce e alla sua famiglia. Metterà in gioco la sua stessa vita pur di ottenere ciò che vuole. È caparbia, decisa, desiderosa di vedere il mondo e di conoscere quel ragazzo che le ha rubato il cuore. Tra le pagine del racconto di Andersen, la sirenetta viene descritta come una principessa più rispettosa e meno intraprendente; anche se con la stessa indole curiosa della versione disneyana. Sarà solo per amore verso il principe che la sirenetta compirà il folle gesto di rivolgersi alla strega del mare, pur cosciente di andare incontro a un terribile destino.
Ariel crea il proprio fato, e con un colpo di coda lotta per raggiungerlo, sconvolgendo tutti i canoni della filosofia disneyana.
Per la prima volta è la principessa che prende in mano la situazione e va a cercare il principe, anche se la scelta di rivolgersi alla strega del mare è alquanto discutibile. È Ariel stessa che scatena quel che sembra essere l’irreparabile. Difatti, anche se raggirata dalle due inquietanti murene a servizio di Ursula, è la sirena che prenderà la decisione di accettare l’accordo propostole dalla strega, consapevole delle conseguenze legate alla sua scelta e dei pericoli a cui andrà incontro, una cosa mai accaduta in precedenza. Nel caso di Aurora, per esempio, è Malefica che da inizio alla storia, maledicendo la piccola principessa con un sortilegio che, suo malgrado, si ritroverà ad essere una vittima inconsapevole della perfida strega.
Ma non solo. Mentre Biancaneve, Cenerentola e Aurora hanno bisogno dell’intervento del principe per essere salvate, Ariel non si accontenta di stare ad aspettare che il suo amato la trovi per vivere felici e contenti. Ed anche se sarà il giovane umano a infliggere il colpo di grazia a Ursula, saranno uniti nella battaglia contro la potente strega del mare.
In conclusione. Dopo l’avvento de “La Sirenetta”, i personaggi femminili, anche secondari come Megara di “Hercules” o Nala de “Il re leone”, ottennero una notevole caratterizzazione. Dagli anni ’90 i canoni di produzione nel mondo di Walt Disney cambiarono radicalmente e le nuove generazioni ebbero nuovi modelli da cui trarre ispirazione.
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