Vincitore del Leone d’Oro per il Miglior Film, “La stanza accanto” è una poesia viscerale sul valore della vita e dell’amicizia.
Pedro Almodovar riesce a comporre un bellissimo elogio alla vita ponendo al centro della storia la morte. Quella de “La stanza accanto” invero è una profonda riflessione su quanto possa essere difficile accettare il pensiero che una persona cara è destinata a lasciare questo mondo. Ma, allo stesso tempo, medita sui lasciti che essa comporta. L’eredità culturale, umana e materiale, sono il cruccio di Martha (Tilda Swinton) che, una volta scoperto che il cancro alla cervice che l’affligge ormai da tempo è incurabile, si rassegna al fatto che ben presto dovrà volare via tra le braccia della Dea Bendata. Così, dopo essersi affermata come corrispondente di guerra e aver calcato i campi di decine di battaglie, Martha è pronta ad accogliere il proprio destino.
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Cosa che invece si rifiuta di accettare Ingrid (Julianne Moore), scrittrice di successo categoricamente convinta che la morte sia una cosa innaturale, come afferma nella sequenza di apertura della pellicola. Ma quando la sua cara amica le chiede di trascorrere insieme, in una casa vacanze adiacente ad un bellissimo bosco, le sue ultime settimane di vita, Ingrid si trova costretta a fare i conti con la realtà. Invero, trovandosi faccia a faccia con la morte, la scrittrice riesce a comprendere, forse per la prima volta, il vero valore dell’esistenza.
E così, in quello che si sviluppa come un lungo dialogo tra due anime affini anche se diverse, la trama de “La stanza accanto” diventa una ponderata valutazione sull’importanza delle scelte, dei ricordi e dei rimpianti. E Julianne Moore e Tilda Swinton diventano quindi filosofe ed uniche protagoniste di una sceneggiatura che, per quanto sia magnificamente elaborata, trova la sua forza proprio nella bravura delle due attrici.
I dialoghi che le due donne intraprendono e sviluppano fanno da collante perfetto per l’estrema espressività di un’interprete come Tilda Swinton.
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L’attrice riesce a trasmettere tutto il tormento, sia fisico che mentale, di Martha. E dell’attrice Premio Oscar Julianne Moore, che impersona magistralmente una scrittrice che, pur essendo soddisfatta della propria vita e della propria carriera, soffre terribilmente nel vedere l’amica che lentamente si abbandona alla morte.
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Così, sequenza dopo sequenza, l’amicizia, già consolidata, tra Martha e Ingrid assume un’intimità talmente grande da risultare indissolubile. Anche dopo il tragico destino che attende una di loro.
Tilda Swinton e Julianne Moore riescono a bucare lo schermo, arrivando dritte ai cuori di noi umili spettatori. Difatti, altro non ci resta da fare se non inchinarci di fronte a due simili interpretazioni. Nella loro diversità, riescono a creare una forte empatia sia con la lucida rassegnazione di Martha sia con la solidarietà di Ingrid. Ma, per quanto triste, “La stanza accanto” è un’opera talmente delicata e finemente costruita da non risultare malinconica.
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L’elogio alla vita che si protrae per tutta la durata del film, tra risate, poesie, ricordi e carezze dipinge un’immagine in grado di infondere un incredibile senso di serenità tanto è suggestiva. Il tutto, sorretto dalla sensibilità di una sceneggiatura e di una regia (entrambe curate da Pedro Almodovar) che si muove in funzione delle due immense protagoniste e delle idee artistiche dei loro personaggi. Perché, per quanto si parli della fine della vita, “La stanza accanto” trasuda arte, letteratura e cultura ad ogni scambio di battuta. Ed è grazie alla sua arte che il Maestro Iberico riesce a creare una poesia in grado di lodare e celebrare la vita. Persino nel momento più triste che ogni persona si trova a dover affrontare.
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