Quella della tragica fine di Artax è senza dubbio la più triste e destabilizzante sequenza de “La storia infinita”.
Nel mondo del cinema, così come in quello seriale e letterario, esistono opere in grado di sconvolgere completamente l’animo umano. Affondando i propri artigli nelle menti degli spettatori (o dei lettori) causando dei veri e propri traumi.
Invero, chi non ha mai dato un’occhiata sotto al letto prima di addormentarsi leggendo “It” di Stephen King? Quale bambino non ha mai provato un minimo di timore guardando l’inquietante e psichedelica danza degli Elefanti Rosa di “Dumbo”? Inquietante ma bellissima, aggiungerei.
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Difatti, molte sono le sequenze talmente destabilizzanti da penetrare direttamente nella parte più fragile e sensibile dell’animo umano. Tanto da indurre lo spettatore a chiudere gli occhi. Tentare di dimenticare ciò che ha appena visto. E giurare di non guardare mai più una simile pellicola.
Basti pensare all’eterna e straziante attesa di Hachicko, il bellissimo Akita Inu protagonista dell’omonima pellicola diretta da Lasse Hallstrom. Per dieci anni Hachicko si recherà tutti i giorni alla stazione nella vana speranza di veder comparire il suo defunto padrone Parker.
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Eppure, nonostante la loro profondità e, in alcuni casi, l’alto tasso di terrore, esistono scene o addirittura intere pellicole che nella versione originale, ovvero l’opera letteraria da cui è tratta, possono risultare ancor più emotivamente struggenti.
La perdita della voce di Ariel, per esempio, è ben poca cosa rispetto al tragico destino che lo scrittore danese Hans Christian Andersen ha riservato alla Sirenetta nella sua fiaba datata 1837.
E se parliamo di traumi cinematografici, uno dei più conosciuti è senza ombra di dubbio quello della morte del cavallo Artax. Protagonista della più struggente sequenza de “La storia infinita”. Al regista tedesco Wolfgang Petersen bastarono pochi minuti per far affezionare il pubblico al fedele destriero cavalcato dal giovane cacciatore Atreiu. E il trauma causato dalla sua dipartita nelle Paludi della Tristezza ne è la dimostrazione.
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Nella pellicola del 1984, durante la missione affidatagli dall’Infanta Imperatrice, ossia trovare una cura per il male che la affligge e salvare così il regno di Fantàsia dalla distruzione, Atreiu entrerà in contatto con Morla, un essere millenario dalla forma di una gigantesca tartaruga. Essa indicherà al ragazzo la via che lo condurrà all’Oracolo Meridionale, l’unico essere che potrebbe conoscere il rimedio per guarire l’Imperatrice.
Ed è proprio durante la ricerca di Morla che il cacciatore e il suo fedele ronzino, saranno costretti ad attraversare un lugubre acquitrino avvolto in una folta coltre di nebbia conosciuto a Fantàsia come le Paludi della Tristezza. Un pantano talmente desolato da causare ad ogni intrepido (o stupido) viaggiatore uno sconforto talmente immenso da causarne la morte.
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Difatti, come recita Bastian (l’altro protagonista de “La storia infinita”), “Era cosa nota che chiunque si fosse abbandonato alla tristezza sarebbe affogato nella palude”. Ed è proprio il destino a cui andrà incontro il povero Artax che, tra la melma delle sabbie mobili delle Paludi della Tristezza, in pochi secondi sarà colpito da un avvilimento tanto profondo da impedirgli di proseguire il suo cammino accanto al suo caro amico Atreiu.
Vedere il bianco destriero prendere coscienza e rassegnarsi al fatto di star vivendo gli ultimi attimi della sua esistenza, mentre, disperato, il giovane cacciatore lo implora di non abbattersi e di non abbandonarlo, è un colpo al cuore.
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Sicuramente quella delle Paludi della Tristezza è una delle sequenze più traumatizzanti degli anni ’80. Eppure, nella versione cartacea pubblicata da Micheal Ende, la morte del “cavallino” è ancora più destabilizzante.
Invero, quello descritto da Ende nella sua opera più famosa è un rapporto molto più profondo rispetto a quello della pellicola di Wolfgang Petersen. Artax e Atreiu condividono una vera e intensa amicizia. Resa ancora più sincera dal fatto che il giovane cacciatore riesce a carpire i pensieri del bianco destriero e quindi a comunicare con lui.
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Per questo, una volta giunti nelle spaventose Paludi della Tristezza, oltre a percepire l’avvilimento del suo cavallo e compagno di avventura, Atreiu riesce a cogliere gli ultimi e intensi desideri di Artax.
Quest’ultimo infatti, consapevole che non sarebbe mai uscito vivo da quelle infernali paludi, supplica l’amico, che gode della protezione dell’Auryn, donatogli niente meno che dall’Infanta Imperatrice, di salvarsi la vita e correre via dalle Paludi della Tristezza.
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In quel momento, pochi istanti prima della prematura scomparsa del bianco destriero, i due si confessano quanto l’uno sia stato importante per l’altro. Tanto che il cacciatore si offre di donare ad Artax il prezioso Auryn, in modo da infondere in lui il coraggio di proseguire e di rimanere al suo fianco nel compimento della missione assegnatagli dall’Infanta Imperatrice.
Tuttavia, sia per la sua incapacità di reagire a tanta tristezza sia per la consapevolezza che la vita del ragazzo è troppo importante per essere sacrificata nelle Paludi della Tristezza, Artax rifiuta la proposta del suo giovane cavaliere. E lo supplica nuovamente di andarsene. Poiché il suo ultimo desiderio, l’unica cosa che potrebbe donargli un pizzico di felicità prima di venir per sempre risucchiato dalla tristezza, è la consapevolezza che il suo migliore amico non ha assistito ad una morte tanto atroce.
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Così, mentre il cammino di Atreiu verso la salvezza del Regno di Fantàsia prosegue, quello di Artax, il bianco e impavido destriero, compagno di mille avventure al fianco del cacciatore proveniente dal Mare Erboso, si conclude nelle Paludi della Tristezza. Lasciando noi spettatori in lacrime di fronte ad una scena tanto potente. Una scena che, nostro malgrado, ricorderemo per sempre.
Di seguito, la scena traumatica delle Paludi della Tristezza. Tra le scene più traumatiche dell’infanzia di noi Millennials.