C’è un film da guardare nel grande mare magnum di Netflix. Un film italiano, che segna il ritorno sulle scene di quella che è l’ultima diva del cinema che fu, Sophia Loren. Si tratta de “La vita davanti a sé” di Edoardo Ponti, che della Loren è il figlio.
Ed è un film da guardare per diversi motivi, vediamo insieme quali.
In primo luogo, la trama: ispirato al romanzo di Romain Gary, racconta la storia di Madame Rosa, anziana ex prostituta partenopea, che ospita nel suo umile appartamento i figli di donne di strada. Tra questi, Momò, dodicenne senegalese. Tra i due non c’è simpatia, anzi. Ma col passare dei giorni si instaurerà un dolce rapporto di complicità che porterà entrambi a ripensare le proprie vite: una appena all’inizio, l’altra che si avvia alla conclusione.

L’impresa, per Ponti, non era semplice. Il romanzo era già stato portato al cinema da Moshé Mizrahi, vincendo anche un Oscar al miglior film straniero nel 1978. E, chiariamolo subito, questo secondo adattamento non è perfetto, Ponti non è De Sica, né Scola o Monicelli. Alcuni buchi di scrittura non approfondiscono temi importanti (come quello dell’olocausto, che avrebbe meritato maggiore attenzione). Alcuni passaggi risultano affrettati e non aiutano a creare quella connessione emotiva che sarebbe necessaria tra spettatore e personaggi.
Ma c’è un ma. Gigantesco.
C’è Sophia Loren come protagonista, capace di riempire ogni fotogramma con la sua presenza. È immensa. Di un altro pianeta, c’è poco da dire. Gli echi del suo glorioso passato sono ancora lì, ben presenti: la fierezza, l’aria indomita di chi ha sofferto per vivere, la passionalità del Sud, la maternità voluta – qui appagata grazie ai figli di altre. Sophia Loren offre il suo corpo anziano al film, le braccia sono tanto fragili quanto ancora elegante l’andatura. Il suo volto è una tavolozza di emozioni: lo sguardo severo di inizio film si fa via via più dolce e poi smarrito, quando la vita le sfugge tra le dita. E la voce, ancora ammaliante, sembra fatta per recitare. È piena, perfetta, intensa, con ancora echi di giovinezza. Basta un cambio di tono per avere i brividi sulla pelle.
E ad osservarla, si capisce perché sia diventata una icona, un modello, un termine di paragone. Porta sulla scena il mestiere che ha reso grande il nostro cinema nel mondo, quando i film erano meno industria e più narrazione. È perfetta nei panni di Madame Rosa, ed emoziona vederla muoversi in una cucina o in un terrazzo che non possono non ricordarci quelli di “Una giornata particolare” o quando danza, a quasi 90 anni, con la stessa credibilità con cui affrontò decenni prima il suo “mambo italiano”. È grazie a lei, e alla sorprendente bravura del giovanissimo Ibrahima Gueye (per la prima volta sullo schermo) se il film ammalia e commuove.

Una storia in cui, in definitiva, i due protagonisti riescono a rappresentare un senso di amore cercato, rubato, negato, mai appieno ricevuto: una costante del film che non lascia consolazione. Come una occasione perduta, un rammarico di malinconia. Un abbraccio che, per quanto forte, sta già svanendo. E quella consapevolezza negli occhi che sì, il tempo a disposizione sta finendo. Ma che l’amore non lo farà mai.

L’accoglienza, nel mondo, è stata imponente – come non se ne vedeva da anni per un film tricolore: ai vertici delle pellicole Netflix più viste in decine di Paesi, tutte le più grandi testate hanno celebrato il ritorno sul set di Sophia Loren: dal Washington Post alla CNN, da El Mundo al New York Times.
E Variety, che del mondo del cinema è tra le testate più influenti, nelle consuete previsioni per gli Oscar 2021 accredita La vita davanti a sé in ben due categorie: miglior canzone originale, l’intensa “Io sì” scritta da Diane Warren e interpretata da una convincente Laura Pausini, e miglior attrice protagonista. Chissà se queste previsioni si avvereranno, ma di certo sarebbe emozionante poter sognare di vedere la Loren di nuovo in lizza per un riconoscimento meritato, per questo film e per tutto ciò che lei rappresenta per la settima arte. Riuscirebbe nell’impresa di unire nel tifo un intero paese, come in una finale mondiale.
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