Vincitore di due Premi Oscar, finalmente disponibile in streaming, “La zona d’interesse” offre un nuovo punto di vista sugli orrori della Shoah.
Si alza il sole su una lussuosa villa nella Polonia occupata dall’esercito nazista. Una famiglia, apparentemente normale, si gode la tranquillità del proprio patrimonio. La padrona di casa organizza tè pomeridiani con le amiche e si preoccupa di prendersi cura del suo giardino. Il padre porta i figli a pesca, e tutta la famiglia trascorre le giornate abbronzandosi e trovando ristoro dalla calura nella fresca acqua del fiume. Prima di dormire la famiglia fa progetti sulle prossime vacanze e al mattino si consuma un’abbondante colazione. Tutto sembra perfetto nel loro angolo di paradiso. Ma, al di là del muro che costeggia la loro proprietà, milioni di innocenti bruciano tra le fiamme dell’inferno.
Protagonista della storia difatti, altri non è che Rudolf Höss, oggi riconosciuto come uno dei più feroci criminali di guerra tedeschi. Membro delle SS, responsabile dell’introduzione dell’utilizzo dell’acido cianidrico nelle camere a gas, nonché primo comandante del campo di concentramento di Auschwitz. Rudolf Höss, che supervisionò e coordinò lo svolgimento dell’Aktion Höss, l’operazione (che da lui stesso prese il nome) che costò la vita a oltre 400.000 ebrei ungheresi.
Seguici su Telegram.
Da “Schindler’s List”, film incentrato sulla figura di Oskar Schindler, imprenditore tedesco che salvò la vita a migliaia di ebrei, alla poetica pellicola di Roberto Benigni “La vita è bella” che, senza rinunciare a mostrare l’orrore del genocidio, ha raccontato, attraverso gli occhi di un padre che desidera evitare che suo figlio sia così presto testimone della brutalità dell’essere umano, la persecuzione da parte dell’esercito nazista è stata rappresentata innumerevoli volte sia sul grande che sul piccolo schermo.

Potremmo citare un capolavoro come “Il Pianista” di Roman Polanski, la vera storia del compositore polacco Władysław Szpilman, o il più recente “Jo Jo Rabbit” di Taika Waititi, storia narrata dal punto di vista di un ragazzino di dieci anni. E ancora, “Il figlio di Saul”, interamente ambientato all’interno di Auschwitz.
Ma forse, “La zona d’interesse”, pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Martin Amis prodotta (tra le altre) da A24 e distribuita da I Wonder Pictures, si distingue dai film appena citati proprio perché riesce ad offrire un punto di vista mai esplorato prima: quello del carnefice.
Ascolta e scopri i nostri Podcast.
I protagonisti della storia infatti non sono gli oppressi e i perseguitati, bensì un comandante nazista e i componenti della sua famiglia che, oltre a sostenere le folli idee di Hitler, dall’ascesa al potere del partito nazista ha avuto solo da guadagnare. Accompagnati da un sonoro da brividi che, più delle musiche composte Mica Levi, riesce a farci percepire senza mai e sottolineo mai mostrarci l’orrore di Auschwitz, scena dopo scena entriamo nelle dinamiche e nelle ideologie della famiglia Höss, ferma sostenitrice del Terzo Reich.
Gli ordini sono ordini, purché nessuno tocchi “l’angolo di paradiso” che Hedwig (la moglie di Rudolf) ha faticato tanto per ottenere e creare. Un angolo di quel “paradiso” adiacente a grida e a spari di proiettile. Un “paradiso” dove l’inferno è così tremendamente vicino. Così tanto che lo si può annusare. Così tanto che vien da chiedersi come può una famiglia svegliarsi la mattina e andare a dormire la sera ascoltando quella disperazione. Testimoni di tutta quella morte nella più totale indifferenza. Senza muovere un solo dito per cercare di fermare le fiamme di quell’inferno.

Il mago di Oz: L’importanza dell’immaginazione anche nell’ora più buia
Attraverso una regia eccelsa, che fa della simmetria e dei movimenti di macchina il suo punto di forza, Jonathan Glazer (regista e sceneggiatore) porta in scena tutto il senso di onnipotenza provato da Rudolf e dagli ufficiali tedeschi. Basta una semplice inquadratura, che ritrae Herr Höss immobile e indifferente mentre, fuori delle mura domestiche, le urla di dolore riempiono l’aria di paura e terrore. Una scena dove il potere del tedesco, dell’ariano, è sottolineato da una scena. Perché Auschwitz non era “solo” un campo di concentramento. Auschwitz era un campo di sterminio.
Invero, è proprio la profonda suggestione, creata da un comparto sonoro e grafico che rasentano la perfezione, a rendere “La zona d’interesse” un film in grado di colpire profondamente. La freddezza di alcune scene, sia visive che dialogate, colpiscono grazie anche ad alcuni velati riferimenti storici. La leggerezza su cui la madre di Hedwig parla della tremenda calura del treno. Quando invece i deportati venivano caricati in vagoni colmi di gente. Privi di aria, acqua, cibo.
Le urla, i lamenti, l’orrore che si consuma al di là di quelle mura, circondate da filo spinato, mentre la signora Höss si preoccupa che le sue piante fioriscano colorate e rigogliose, mentre la luce dei forni crematori, fiore all’occhiello della carriera criminale di Rudolf, che riempie la notte, impedendo ai più sensibili componenti della famiglia Höss di riposare, risuonano per quasi tutta la durata del film nella sfarzosa dimora. È quindi l’indifferenza la protagonista sovrana del film. Un’indifferenza agghiacciante, che si riversa sui più giovani della famiglia Höss, futuro si suol pensare, di un mondo che non cambierà mai.
Seguici su Telegram.
E se il sonoro ha il grande pregio di suggestionare e coinvolgere lo spettatore attraverso la realtà che regna attorno a villa Höss, la fotografia di Lukasz Zal, che come la regia risulta simmetrica e avvolgente, incornicia la vita agiata tedesca. Una vita di lussi, cibo e piscina. Una vita nel verde, con gruppi di ragazzini che corrono qua e là, apparentemente privi di udito, impassibili a quei colpi di pistola.
Eppure, nonostante l’andamento fluido della pellicola, l’impatto emotivo de “La zona d’interesse” cala notevolmente nella seconda parte, quando, a causa di un trasferimento ordinato dall’alto comando tedesco, la suggestione data dall’immenso comparto sonoro si affievolisce. E così affievolisce anche la sceneggiatura, una storia resa interessante da quella casa, da quella famiglia, da quell’indifferenza. “La zona d’interesse” si trova quindi improvvisamente essere meno interessante.

Vermiglio: L’affresco di un’Italia che non c’è più
Lontano da Auschwitz e dalla zona d’interesse delimitata dalla mura di villa Höss, complice anche un finale ambiguo se non addirittura enigmatico, la pellicola di Glazer risulta molto meno incisiva.
Tuttavia, quello del regista britannico è decisamente un film di una bellezza e di un’estetica unica. Una di quelle opere indimenticabili in grado di segnare un’intera generazione cinematografica.
Di seguito il Trailer del film “La zona d’interesse”.