“Molti terrestri si cambiano perché non credono di apparire bene agli altri, mentre il vero problema è che non appaiono bene proprio a se stessi. Peccato! ” (“Mork e Mindy”)
Ci credereste mai che Robin Williams era una persona seria? Cresciuto con un’educazione molto rigida dettata da genitori severi, sapeva cosa volesse dire seguire una austera disciplina? Robin fin da piccolo, amava isolarsi da tutto e da tutti per naufragare nei suoi pensieri o negli spazi del suo mondo immaginario, circondato da migliaia di soldatini, per ciascuno dei quali creava una voce e una storia. Robin era fatto così. In una stanza piena di estranei si sentiva in dovere di fare in modo che si divertissero tutti; ma quando era in compagnia delle persone che più lo amavano, si isolava. Restava in silenzio.
Non che avesse una doppia personalità, intendiamoci. Ma aveva un carattere molto complesso.
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Robin pensava di essere una via di mezzo fra i genitori, diametralmente opposti l’uno dall’altro: Robert era molto rigido e rigoroso; Laurie, molto più folle e buffa. Qualità che lo fecero avvicinare molto a lei, tanto che iniziò a inventare battute per fare ridere la madre.
Con gli anni Robin continuò ad imitare i più grandi comici che seguiva in televisione e dopo essere andato alla Juliard, frequentato corsi di improvvisazione teatrale ed essersi fatto un nome nell’ambiente degli Stand-up comedian, si recò al provino per un episodio speciale della serie di successo “Happy Days”, intitolato “My Favorite Orkan” (ep. Fantascienza per Fonzie). Il secondo telefilm più amato dal pubblico ( surclassato dal suo spin-off, “Laverne & Shirley”), era giunto ad un punto cruciale durante la produzione della quinta stagione: gli sceneggiatori erano a corto di idee e la messa in onda ne stava risentendo.
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Garry Marshall, il creatore del telefilm e di molti altri show televisivi di successo di quel periodo, come “La strana coppia” e “Laverne & Shirley”, dopo una serie di episodi disastrosi in cui Fonzie, l’icona ribelle in giacca di cuoio accettava di saltare sopra uno squalo per mezzo di un paio di sci d’acqua, disperato e in cerca di nuove idee, Marshall chiese consiglio al figlio Scott che all’epoca era poco più di un bambino. E come tutti i ragazzini di quel periodo, adorava “Guerre Stellari”.
Marshall, era profondamente convinto che Fonzie fosse troppo invincibile e che il personaggio (e la serie) avessero bisogno di rivali degni del mitico ragazzo del Jukebox.
Scott parlò al padre di creature venute di altri mondi. L’entusiasmo con cui il figlio espose le proprie idee, convinse il produttore e regista a parlare con gli sceneggiatori, all’inizio decisamente contrari ad un progetto così fuori di testa! L’idea era buona perché Scott suggerì al padre di far sì che Fonzie e l’alieno si incontrassero in un sogno!
Era geniale!
La puntata racconta la storia di un bizzarro umanoide di nome Mork arrivato dal Pianeta Ork, confuso dalle bislacche usanze terrestri e in cerca di un modo per tornare sul proprio pianeta, fa la conoscenza di Richie Cunningham, fautore del sogno e di Fonzie, con cui disputerà una serie di gare, vinte dall’alieno. Il copione non suscitò particolari entusiasmi nel cast di “Happy Days”, abituati a sceneggiature di qualità. Ma il problema più grande fu la scelta dell’attore che avrebbe dovuto interpretare Mork. Così Marshall, dopo aver vagliato diversi aspiranti alieni, e dopo la rinuncia di Roger Rees all’ultimo minuto ( che interpretò lo Sceriffo di Ruttingham in “Robin Hood – Un uomo in calzamaglia” qualche anno dopo), diede retta ai consigli di Al Molinaro, il buon vecchio Alfred della serie tv, che aveva lavorato con Robin ai seminari di improvvisazione con Harvey Lembeck.
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Pochi giorni più tardi, Robin partecipò ai provini insieme ad altri aspiranti Mork venuti da Ork, e una volta entrato nella stanza con un’aria seria e composta attese. Soltanto quando gli chiesero di accomodarsi, iniziò finalmente la magia. Robin uscì dal copione per cui si era presentato. Si tuffò di testa sul divano presente nella stanza rimanendo in un’insolita posizione, a gambe all’aria. Poi, non contento, prese un bicchiere di acqua e finse di berlo attraverso il dito, come fosse una cannuccia. Per il resto del provino rimase in silenzio, a bocca chiusa, in attesa che qualcuno gli facesse capire che poteva iniziare.
Robin era cresciuto con una disciplina rigorosa. Sapeva quando era il momento di tacere. Marshall rimase affascinato da lui, perché era originale, mai noioso e aveva un suo stile.
Il copione diceva che Mork dovesse essere un umanoide con una voce stridula e con una stretta di mano come quella di Spock in “Star Trek”. Così Robin, il 19 gennaio dopo essersi recato agli Studi della Paramount per l’inizio delle riprese, davanti a tutta la troupe e a Garry Marshall, improvvisò completamente tutto il copione, aggiungendo un simpatico “Qué pasa?”. Le sue iniziative furono ben gradite sia da Marshall che da Henry Winkler e Ron Howard. Questi dopo essere stati testimoni dell’enorme talento di Robin Williams, gli lasciarono ampio spazio, assecondando quel che faceva sulla scena. Alla fine dello spettacolo il pubblico presente in sala accolse Robin con una standing ovation.
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Il tempo passò e Robin tornò a intraprendere la sua carriera da stand-up comedian. Ma un giorno Marshall venne contattato dalla Paramount. In preda al panico a causa di una programmazione penosa per il periodo autunnale, la casa di produzione pregò Marshall di riuscire ad avere un’idea. Incredibilmente, Marshall riuscì a dare vita allo show con protagonista l’alieno Mork venuto da Ork, proprio durante quella telefonata, conferendo allo spettacolo il titolo provvisorio di “The Mork Chronicles”. Tuttavia, considerato che alla ABC, il network televisivo incaricato di trasmettere la serie, non piaceva il titolo, Marshall propose il titolo definitivo: “Mork e Mindy”.
Così Robin si trovò ben presto come protagonista di una serie televisiva tutta sua, con ventidue puntate garantite invece delle tredici solitamente previste.
Per il personaggio di Mindy, serviva un’attrice che sapesse tener testa a Robin. Garry Marshall, eterna fonte di idee geniali, pensò a Pam Dawber, attrice ventiseienne, ex modella e protagonista di uno show che a quell’epoca andava ancora in onda. La Dawber venne informata della sua partecipazione a “Mork e Mindy” solo a cose fatte, quando il suo manager la chiamò per dirle che era diventata la co-protagonista di una serie tv con un giovane stand-up comedian.
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Arrabbiata e infastidita per non essere stata informata in tempo del suo ruolo in “Mork & Mindy”, la Dawber non fece la conoscenza di Robin Williams finché non arrivò agli studi fotografici di Los Angeles per le foto promozionali della serie, di cui non avevano ancora girato la prima puntata. Pam Dawber si trovò davanti un uomo affascinante, sexy e incredibilmente divertente che si finse russo proprio durante la loro presentazione: “Ciao Mork, Io sono Mindy”.
Fu l’inizio di una bellissima amicizia. Il loro rapporto divenne così speciale che la Dawber fu per Robin come una sorella maggiore e cosa più incredibile, riusciva a tenergli testa.
La storia era ambientata nel presente. Era il 1978 e mostrava Mork sul pianeta Ork che, tramite un ordine del capitano Orson, doveva recarsi sul Pianeta Terra con l’unico scopo di smettere di praticare attività umoristiche e imparare a vivere in maniera disciplinata. Molti episodi si concentrarono sui fraintendimenti di Mork sulle curiose usanze terrestri che il giovane umanoide non afferrava. E Robin ebbe la straordinaria opportunità di mostrare il proprio talento e far sì che il personaggio di Mork diventasse un’icona della televisione.
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