Robert Eggers ci presenta la sua versione di “Nosferatu”, rivisitando a modo suo il capolavoro del cinema muto.
Anno del Signore 1922. Nelle sale cinematografiche, dalla Germania, giunge una strana ombra oscura, deforme e onirica. Una strana creatura dal naso adunco e denti affilati e sporgenti si avvicina ad una fascinosa fanciulla dall’animo puro, attirato inesorabilmente dal suo sangue. In un’epoca in cui il cinema era agli albori e l’horror era sinonimo di virtuosa suggestione, Friedrich Wilhelm Murnau (regista berlinese classe 1888), diresse “Nosferatu”, una pellicola destinata a cambiare per sempre la storia della Settima Arte.
Adattamento non autorizzato di “Dracula” di Bram Stoker, il film di Murnau offrì una rivisitazione del romanzo gotico per eccellenza cambiando l’ambientazione e i nomi dei personaggi. Un espediente che gli consentì di aggirare le regole del diritto d’autore, ma non la furia della famiglia Stoker, che lo accusò di plagio. Ma questa è un’altra storia…
Ambientato nella Germania dei primi anni del 1800, “Nosferatu” racconta la storia dell’arrivo a Wisburg del Conte Orlok (Max Schreck), un antico vampiro perdutamente e morbosamente infatuato della candida Ellen Hutter, all’epoca impersonata da Greta Schröder, e delle disgrazie che assieme ad esso impestarono la cittadina tedesca.
Leggi – Dracula (1931): la storia di come Dracula divenne un’icona cinematografica
Senza peccare di modestia, Murnau creò un’opera perfetta. Un’opera in grado di avvolgere lo spettatore attraverso la suggestiva musica e di creare un forte senso di angoscia grazie, soprattutto, alla magistrale interpretazione di herr Schreck. L’attore, proveniente da un’evidente formazione teatrale, abitudine che accomunava la maggior parte degli interpreti cinematografici dell’epoca, offrì una performance tanto profonda da originare (erroneamente) la leggenda metropolitana che quello sullo schermo fosse un vero vampiro proveniente dai Carpazi.
“Nosferatu” diede un nuovo volto alla paura e al male, e determinò i canoni di una nuova iconografia in cui il vampiro altro non era che il Male giunto sulla Terra allo scopo di opprimere l’umanità. E se vi sembra che la descrizione del vampiro di Murnau sia completamente diversa da quella del Dracula eroe romantico portato sul grande schermo da Francis Ford Coppola nel 1992, non siete assolutamente in errore. Pestilenza, morte e orrore. Queste sono le caratteristiche che resero il Conte Orlok un personaggio iconico e “Nosferatu” una pellicola in grado di entrare di diritto nella storia del cinema. Una pellicola in grado di ispirare generazioni di registi.
Questo accadeva ben 103 anni fa. In un’epoca tanto passata da poter quasi essere definita remota.
Leggi – Dracula, o il moderno eroe romantico
Prima che Bela Lugosi trasformasse il vampiro in un Conte elegante e affascinante e, sicuramente, molto prima che Coppola rappresentasse Dracula (Gary Oldman) come un essere dannato (per propria scelta) ma attraente e guidato da un amore così profondo da “attraversare gli oceani del tempo” per ritrovare la sua amata Mina (Winona Ryder).
L’ombra del Nosferatu (non-morto) invero, comparve nuovamente ad attanagliare noi umili spettatori nel 1979, quando Werner Herzog decise di omaggiare il lavoro di Murnau dirigendo il remake della pellicola degli anni ’20. Klaus Kinski, attore tedesco già molto annoverato, concesse nuova vita alla figura del Conte Orlok. Sebbene Herzog fosse riuscito ad ottene il permesso di usare i nomi originali del libro di Stoker.
Quella di Murnau fu quindi un’opera che influenzò notevolmente il cinema. Per più di un secolo infatti, l’eredità del Conte Orlok ha guidato cineasti provenienti da tutto il mondo.
Eredità raccolta da Robert Eggers, talentuoso regista statunitense che, alla sua quarta esperienza dietro la macchina da presa, ha deciso di dirigere il nuovo adattamento di “Nosferatu”. Un omaggio a quella pellicola che aveva suscitato la sua adorazione fin da quando era bambino.
Leggi – Vampiri: tutto quello che c’è sapere, da Nosferatu a Dracula di Bram Stoker
Dopo averci raccontato la nascita di una strega con “The Vvitch”, il tracollo mentale di due guardiani di un faro con “The Lighthouse” e la sua versione de “L’Amleto” con “The Northman”, Eggers ha preso l’audace decisione di deliziarci con una nuova visione del Conte Orlok. Il risultato è un film in grado di trasmettere quel senso di tormento già provato con la pellicola degli anni ’20. Creando però una nuova iconografia attorno al personaggio del vampiro.
Apportando le dovute modifiche alla trama, senza però snaturarne l’anima, l’autore ha riscritto i canoni di una storia già terrificante, creando un essere tanto demoniaco da impersonare il più profondo dei mali. Il Conte Orlok di Robert Eggers, impersonato da un magistrale Bill Skarsgard, è una creatura incapace di amare e che, seguendo il richiamo del sangue, giunge a Wisbur al solo scopo di soddisfare i propri impulsi. Oggetto dei suoi macabri desideri altri non è che la giovane Ellen Hutter (Lily-Rose Depp), una candida fanciulla, appena convolata a nozze con il suo amato Thomas (Nicholas Hoult), che però nasconde un inquietante segreto.
Leggi – Cattiverie a domicilio: Un’irriverente satira sull’ipocrisia umana
Ma forse è proprio l’interpretazione della giovane protagonista la nota che stona leggermente. Anche se alcuni repentini cambi di espressione siano veramente ammirevoli, quella di Lily-Rose Depp è forse una performance che non regge il confronto con quelle dei suoi, più navigati, colleghi. Invero, per quanto Willem Dafoe e Nicholas Hoult, rispettivamente il Professor Von Franz e Thomas Hutter, diano vita ad un’interpretazione eccelsa, è Aaron Taylor-Johnson (Friedrich Harding) la vera sorpresa di “Nosferatu”. L’attore, già vincitore del Golden Globe per “Animali Notturni”, regala al pubblico una performance ai limiti della teatralità tanto risulta profonda.
Ma una grande nota di merito va decisamente attribuita a Bill Skarsgard. L’attore svedese è riuscito a portare sullo schermo un Conte Orlok tanto devastato dagli anni quanto inquietante nel suo aspetto di vampiro centenario consumato dalla malvagità. E il gioco di ombre che avvolge il demonio in una perenne penombra e l’estremo lavoro che l’attore ha fatto sia sull’accento che sulle movenze, hanno reso il conte un incubo incarnato, capace di incutere quel terrore che penetra fin dentro le ossa.
Leggi – La stanza accanto: Una poesia sulla vita e sulla morte
Accompagnata dalle splendide musiche di Robin Carolan, che riescono a fondere le melodiche ma affliggenti note dei primi due film dedicati al vampiro proveniente dai Carpazi, l’ombra di “Nosferatu” avvolge lo spettatore e lo conduce in una dimensione onirica oscura, inquietante e claustrofobica, soprattutto nella prima parte. Difatti, per quanto la caratterizzazione dei personaggi risulti molto empatica e la sceneggiatura sia ben scritta e sviluppata accuratamente, prestando particolare attenzione all’attinenza storica, la trama subisce le conseguenze di un montaggio che, improvvisamente, diviene troppo frettoloso, dando l’impressione che alcuni avvenimenti si concretizzino senza una precisa legittimità.
Tuttavia, è nella regia e nel tocco autoriale di Robert Eggers, che “Nosferatu” trova il suo maggior punto di forza. Il cineasta americano infatti, fin dalla sua prima pellicola (“The Vvitch”) è riuscito a portare sul grande schermo un proprio stile. E, nonostante sia appena al quarto film della sua carriera, risulta già molto riconoscibile.
Inquadrature simmetriche, primi piani che risaltano le emozioni dei protagonisti (oltre all’espressività degli attori) e panoramiche che riescono a far immergere lo spettatore nella fatiscente oscurità perpetrata dal Conte Orlok, donano a “Nosferatu” quella giusta dose di ansia e suggestione tipiche dell’estetica di Eggers. Merito, senza dubbio, anche della fotografia e delle scenografie, che hanno reso Wisborg una città fatiscente e oscura quanto la peste che, con l’arrivo di Orlok, ha contagiato le strade i suoi abitanti.
Leggi – Il mago di Oz: Dorothy, benvenuta a Oz – il passaggio dal bianco e nero al Technicolor
E se quella di Coppola era un’opera d’arte incorniciata da una fotografia luminosa, anche se tenebrosa, quella di Eggers è una pellicola altrettanto bella. Ma, al contrario, enfatizzata da una fotografia cupa ma nitida nei dettagli, ombrosa ma artistica.
Il Male che il regista di “The Vvitch” porta sul grande schermo è un Male consapevole ma sofferente, evocato, ingenuamente, dal desiderio di una candida fanciulla.
Il Conte Orlok di Eggers è un vampiro ripugnante e temibile quanto quello creato nel 1922 da Murnau. Un mostro che rappresentava il Male nella più pura delle sue forme. Riflessivo e calcolatore quanto quello di Herzog, ma infinitamente più dolente.
E quindi, proprio come Ellen Hutter, mi viene da domandarmi, il Male nasce da dentro di noi o viene dall’aldilà?
Di seguito il trailer di “Nosferatu”.
LEGGI ANCHE