Ozpetek, caro Ozpetek, ma cosa ci combini?
Fuori dalle scene cinematografiche dal 2019, dopo la discreta prova registica con “La dea fortuna”, ancor prima con “Napoli Velata” e recentemente con la meravigliosa miniserie ispirata al suo più grande successo, “Le fate ignoranti”, Ferzan Ozpetek torna con il film “Nuovo Olimpo”. Anche se, per la prima volta non lo troveremo proiettato in una sala cinematografica, bensì in streaming su Netflix.
Nata come opera autobiografica, come dichiarato dallo stesso regista durante la presentazione del film alla Festa del Cinema di Roma 2023, “Nuovo Olimpo” racconta di una storia d’amore tra due ragazzi, Enea (Damiano Gavino) e Pietro (Andrea Di Luigi). Conosciuti tra le poltroncine di un cinema, appunto, il Nuovo Olimpo alla fine degli anni ’70.
Una serie di sguardi rubati e da quel momento tra i due vigorosi giovanotti, scatta subito l’attrazione fatale. Sarà il destino malevolo però, che li allontanerà…
Come già scritto, “Nuovo Olimpo”, è basato su una reale storia di passione accaduta al regista, Ferzan Ozpetek, e che lo stesso, ha sempre avuto la volontà di raccontare su pellicola. Difatti, proprio come la sua nemesi, che in “Nuovo Olimpo” ha il volto di Enea (Damiano Gavino), ha sempre custodito nel cuore, cercando in mezzo alla folla quel grande amore che, con il passare inesorabile del tempo è andato a perdersi.
Ma caro Ozpetek, non era forse cosa buona e cara attendere qualche altro anno prima di realizzare un film che, come tu stesso hai dichiarato, avrebbe avuto bisogno di molta e sottolineo molta, più cura e dedizione?
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Sceneggiato a quattro mani anche dallo stesso Ozpetek, difatti, “Nuovo Olimpo”, si distanzia notevolmente dalla qualità dei suoi precedenti lavori che, in qualche maniera, nel corso del tempo hanno saputo regalare al pubblico quel pizzico di originalità che ha sempre contraddistinto la filmografia del regista. Comunicando sempre qualcosa di eccentrico e autentico.
Citiamo, ad esempio, “Magnifica presenza”. Tra i film, probabilmente, meno conosciuti di Ozpetek. Dove un giovane Elio Germano veniva aiutato da un gruppo di fantasmi, una compagnia di attori passati a miglior vita, a realizzare i propri sogni e ad affrontare alcuni momenti difficili che il ragazzo era solito vivere in solitudine. Oppure “La finestra di fronte”, dove nella vita di Giovanna entrava per caso e in punta di piedi un anziano signore, che si rivelò essere un pasticcere, ebreo ed omosessuale, che durante il secondo conflitto bellico, aveva vissuto una travagliata storia d’amore, all’epoca, considerata proibita.
Al centro delle storie di Ferzan, quindi, esattamente come Enea, il protagonista di “Nuovo Olimpo”, a parte l’omosessualità come sempre presente come centro nevralgico della storia, vi è l’esigenza di narrare le difficoltà dei suoi protagonisti nell’ affrontare l’amore, la passione, la distanza da quell’amore e talvolta, la vita.
Enea infatti, sogna e ricorda attraverso i suoi film. Attraverso quel cinema che sentiva pelle a pelle quando andava al “Nuovo Olimpo”. E da quel cinema in bianco e nero con Anna Magnani, che probabilmente, adesso da anziano signore, sente così distante dalla sua esistenza. Come se quei film appartenessero ad un tempo che, inevitabilmente, non tornerà mai più.
Ed è la nostalgia il vero e autentico motore di “Nuovo Olimpo”. Un’epoca di lotte contro un fascismo ancora incombente. Un’epoca dove chi era omosessuale era costretto a nascondersi dalla società e a ricomorchiare il più figo del quartiere nascosto dietro le quinte. Eppure oggi Enea ha tutto. Ha realizzato il sogno di diventare regista, ed è famoso. Usa un linguaggio cinematografico tutto suo, in linea, ovviamente, con il cinema del suo creatore, Ozpetek.
Ma nonostante il successo, la fama, e l’amore, presente nella sua vita più che mai, Enea è vuoto dentro. Ed è vuoto perché Pietro, un baldo giovane e aspirante dottore incontrato tra le poltroncine del cinema che amava tanto frequentare, non è più presente nella sua vita.
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Ma nonostante la vena di nostalgia e quella ardente passione che all’inizio bruciava come se quell’amore fosse stato vissuto per giorni e giorni, al primo salto temporale, Ferzan ha letteralmente perduto il suo film.
A parte l’imperdonabile capitombolo verso una storia già vista e rivista, con una trama che non sa letteralmente dove andare a parare, e personaggi che oserei definire privi di qualsivoglia spessore, a partire dai suoi protagonisti, “Nuovo Olimpo” ha davvero pochi aspetti positivi.
Difatti, fortunatamente Ozpetek si è sempre distinto dallo scegliere una sempre gradevole colonna sonora. Composta da Andrea Guerra, contiene alcuni classici italiani, come “Se ci sarà domani” di Ornella Vanoni. La colonna sonora include anche il brano che accompagna i titoli di coda. Ovvero, “Povero Amore”, interpretato da Mina e inserito nel suo nuovo album, “Ti amo come un pazzo”.
Luisa Ranieri, l’indimenticabile Titti che gestisce il cinema “Nuovo Olimpo”, per esempio, riesce a trasmettere non solo una forte empatia, ma ad essere ricordata dallo spettatore. Che inizia a pregare affinché il suo personaggio non ricompaia sulla scena ed essere, di conseguenza, rovinato da qualche parola di troppo. O, come invece è stato, da qualche apparizione di troppo.
Gli anni passano e i silenzi persistono. Specialmente quelli di Pietro, il marito esemplare di Giulia (Greta Scarano), che trascorre la propria esistenza tra le proprie incertezze e i suoi silenzi. Che durano decenni. Perché, giustamente, per chi si è amato e desiderato per così tanto tempo, usare la tecnica dell’incomunicabilità è la giusta soluzione. Del resto, cosa c’è da pretendere da due persone che si sono innamorate giusto il tempo di accendere una sigaretta?
Perché è così che è stato.
Due baldi giovanotti dai bei sogni e dalle belle speranze, si guardano, si piacciono, si eccitano e finiscono inevitabilmente l’uno tra le braccia dell’altro. E fin qui tutto bene.
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Il problema è che accade tutto troppo in fretta.
Non abbiamo neanche il tempo di affezionarci al loro modo di amarsi, che immediatamente Ozpetek ce li allontana.
Ma comunque la colpa è la nostra.
Siamo stati abituati a storie d’amore nate su un transatlantico e naufragato dopo soli quattro giorni! Potevamo mai pretendere che questi due esemplari di maschi pelosi potessero vivere una storia di almeno un paio di giorni? È vero, è chiedere troppo. Perché l’amore si sa, arriva quando meno te lo aspetti, ma qui si parla letteralmente di una sola e unica notte.
Chapeau.
Ma concludiamo con la nota più dolente.
Il trucco.
Ma si può vedere un ventiduenne, Damiano Gavino, interpretare un sessant’enne con un trucco che definire imbarazzante è fare un complimento? No. Stessa cosa per Aurora Giovinazzo, ventuno anni. Al confronto Benjamin Button a dieci anni sembrava un ragazzino.
Seriamente, costava molto prendere attori realmente anziani per interpretare Enea, Pietro, Alice e Antonio?
Ferzan, seriamente, ma che mi combini?