Fare coming out è sempre difficile. È difficile accettare se stessi, figuriamoci ammettere di fronte ai propri cari che, proprio tu sei una persona totalmente “diversa” da come loro, magari, avevano sempre immaginato fossi. Varcata ormai da più di vent’anni la soglia del nuovo millennio, potevamo forse immaginare che la visione distorta della natura umana potesse essere diversa?
Ovviamente no, perché il puritanesimo, purtroppo, va ancora di moda oggigiorno, come la stessa dottrina che, attraverso le sue pagine, ci insegna “ama il prossimo tuo come te stesso”, cadendo, ovviamente, nell’ipocrisia più totale. Quindi, come è ovvio che sia, in una società che discende da secoli di poligamia, dove le antiche civiltà precristiane pagane non usavano un’autentica differenziazione sessuale o identità di genere, l’omosessualità è giudicata dal comune essere umano moderno, come contro natura.
E qui subentra il paradosso: non è più contro natura non accettare se stessi e comportarsi come la società vorrebbe? Ma soprattutto: se io essere umano, sono frutto dell’unione di altri due esseri umani, perché mai dovrei essere contro natura? Questo concetto è inspiegabile!
Il problema è che oggigiorno siamo tutti identificati con etichette cui nessuno è escluso: etero, lesbiche, gay, bisessuali, polisessuali, transgender, queer, non binary, e molte altre “categorie”. Ma pensiamoci un attimo. Se non ci fossero queste etichette esisterebbe qualche altra forma di giudizio?
Nonostante viviamo in una società dove libri, fumetti, serie tv, film, appoggiano l’essere “Out”, esistono ancora paesi, luoghi, dove l’omosessualità è osservata con disprezzo, quasi come se fosse una malattia trasmissibile, contagiosa. In realtà ad esserlo è solo il pregiudizio. Per fortuna (considerato che siamo nel ventunesimo secolo, era ora!), come già scritto prima, al giorno d’oggi esistono molte forme di comunicazione che stimolano l’essere umano a riflettere, a considerare l’omosessuale, bisessuale, o transgender, oppure “il diverso” (ma diverso da chi?), non come un individuo da poter curare, ma con cui poter instaurare un legame. E tutto questo, perché? Forse, e ripeto, forse, perché nel nostro piccolo mondo incantato perdura una forma totale di ignoranza. E chi non comprende, giudica, allontana e, soprattutto, è causa del male altrui.
Così, il mondo del cinema, delle serie tv e dei fumetti, stanno pian piano iniziando ad educare, attraverso i loro canali di comunicazione, a comprendere il delicato tema dell’essere “Out”. Netflix per esempio, che nel suo vasto catalogo può vantare moltissimi prodotti a tema LGBTQ+, tra serie, film e documentari è una delle principali piattaforme di divulgazione ed educazione. Ma non solo Netflix, per fortuna. Disney + sta difatti pian piano arricchendo il proprio catalogo, come la docuserie “Pride”, e generando corti e personaggi LGBTQ+.
Come abbiamo scritto in un articolo precedente, il 25 giugno uscirà sulla piattaforma streaming che prende il nome della famosa casa di produzione di Mickey Mouse, “Pride”, una docu-serie che esplorerà attraverso i decenni del ventesimo secolo l’evoluzione del pensiero LGBTQ+.
A fine maggio, invece, è stato inserito nel catalogo streaming di Disney +, “Out”, il cortometraggio targato SparkShorts della Pixar, della durata di poco più di 8 minuti dove, per la prima volta, il protagonista è Greg, un ragazzo dichiaratamente omosessuale. Per chi si domandasse che cos’è la SparkShorts: sono una serie di cortometraggi animati indipendenti prodotti dalla Pixar.
“Out” è la storia di Greg, un omaccione barbuto, che ha deciso di convivere con il proprio compagno, Manuel e la loro cagnolina. La vita di Greg sembra essere serena: ha trovato l’amore e una casa da condividere con l’uomo che ama. Quindi qual è il problema che tanto angoscia Greg? Non ha raccontato a nessuno, nemmeno alla propria famiglia di essere gay. E ha paura.
“Out” è un corto che illustra in maniera efficace l’ansia di chi ha paura di rivelare se stesso. Il problema è che talvolta, quando hai la fortuna di avere persone intorno a te che ti amano e che possono comprendere il tuo stato d’animo, il tuo coming out può rivelarsi una preoccupazione inutile; talvolta, invece, può capitare che sia così difficile da non riuscire a respirare, perché sei consapevole che non sarai completamente compreso.
“Out”, quindi, si rivela essere un corto che illustra come talvolta i timori possono essere infondati.
Ma la domanda che mi attanaglia è: al giorno d’oggi sarebbe davvero necessario fare coming out?
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