Esistono storie d’amore che non siano del tutto prevedibili?
Quella di Na Young e di Hae Sung può sembrare una semplice e soprattutto banale storia d’amore. O meglio, la più classica e banale delle storie d’amore presentate sullo schermo. Perché in effetti quella di Na Young e Hae Sung (Seung Min Yim), è la semplice e pura storia di un primo grande amore. Ma ripeto, può sembrare. Un primo amore nato tra i banchi di scuola, in Corea, costretto a finire improvvisamente a causa della partenza di Na Young che, ancora molto piccola, deve seguire i suoi genitori a Toronto, in Canada. E lasciando Hae Sung in Corea e abbandonato a tanta, ma tanta tristezza.
Così, dodici anni dopo, Na Young, o meglio, Nora Moon (Greta Lee), nome scelto dalla ragazzina per conformarsi al meglio alla cultura occidentale, nonostante la distanza tra la Corea e gli Stati Uniti, dove oramai ella vive, si trova a pensare nuovamente a quel ragazzino che, anni addietro, le faceva battere forte il cuore. E piangere salendo le scale. Ma questi son dettagli.
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Così, nell’era digitale i due ex ragazzini divenuti ormai giovani adulti, allontanato l’inevitabile imbarazzo iniziale derivato dalla conseguenza di non essersi né visti né sentiti per anni, inizieranno nuovamente a conoscersi e a cercarsi e a desiderarsi. Ad allietare i loro ricordi e a fermare i loro “bollenti” spiriti, che più che bollenti definirei candidi, ci sarà lo schermo di un computer.
Da qui in avanti, la loro storia inevitabilmente cambierà, presentando a noi umili spettatori un amore non convenzionale, e sicuramente privo di banalità. E nel caso di Nora, una donna colta, sensibile al fascino innegabile di Hae Sung (Teo Yoo) ma inflessibile su quel che concerne il suo desiderio di evitare distrazioni e proseguire i suoi obiettivi. Delineando fin da subito una personalità forte e decisa. O almeno, all’apparenza. Perché anche il cuore che appare più forte può cedere allo sconforto.
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È quindi possibile dare vita ad una storia d’amore che non sia del tutto prevedibile?
Certo, lo scorrere della narrazione come il fine sono certamente intuibili, ma non risulta una verità assoluta. Quel che è sicuro è che “Past Lives”, scritto e diretto da Celine Song, e aggiungerei alla sua prima esperienza da regista, è un gioiello difficile da dimenticare. Perché a volte, la semplicità, se scritta bene, anche se il finale di essa può essere intuibile, può divenire (anche col tempo) il miglior film visto da tempo.
Dalla Corea a Toronto, Montauk e infine a New York, siamo osservatori privi di parole, di ambienti e luoghi quanto mai reali e tangibili che sottolineano a più riprese la realtà che Hae Sung e Nora Moon hanno scelto di vivere. Vedi Hae Sung e il luogo di incontro con i suoi amici, oppure i piccoli frammenti della casa dei suoi genitori dove ancora vive. Oppure l’umile appartamento che Nora condivide con Arthur (John Magaro).
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Ma se gli ambienti che Celine Song espone sono appropriati, regalando alla storia una gradita realtà per sottolineare la condizione sociale di ogni personaggio e comprenderne al meglio anche la personalità, il connubio tra il triangolo amoroso e la leggenda buddista dello “in-yun” che come dice Nora Moon “vuol dire provvidenza o destino. Ma si riferisce ai rapporti tra le persone”, e quindi si parla di legami intimi, estremamente profondi, come la reincarnazione, è semplicemente un’idea intelligente. Se non creativa, che va ben oltre al concetto stesso di anima gemella.
E difatti la coraggiosa Celine Song, sfrutta a più riprese, ed egregiamente sottolineerei, l’antica storia buddista che in Corea usano per “rimorchiare”, a detta della nostra protagonista. Ma l’epilogo di “Past Lives” che si può ben interpretare come un continuum spazio temporale con il suo inizio dove la prospettiva è ben diversa, le domande sono molte (voci fuori campo che si interrogano chi siano e quali ruoli abbiano nel loro triangolo i tre seduti di fronte a loro) e la quarta parete si oltrepassa per pochi istanti, siamo catapultati 24 anni prima, quando la storia di Na Young e Hae Sung è appena nata.
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E da qui, la nostra mente torna nel tempo presente, dove l’affascinante e timido Hae Sung, cita lo “in-yun”. E lo fa con dolcezza, estrema naturalezza. Da uomo qual è. Umile, gentile, conscio di sé e del suo grande amore per Na Young, ora Nora Moon. Un uomo che fin dall’infanzia è innamorato di quella sua amica così tanto ambiziosa e intelligente conosciuta tanti anni prima in Corea. Perché se all’inizio l’amore era guidato dall’innocenza, poi grazie ad internet è divenuto astratto. Ma, adesso che Nora è finalmente di fronte a lui, è tangibile. E poi, con franchezza, al cuor non si comanda.
“Past Lives” si rivela essere una profonda analisi tra i rapporti di coppia. E i rapporti tra esseri umani e le ambiguità che ne derivano. Prima tra Hae Sung e Nora Moon, poi tra Nora Moon e Arthur. E infine tra Hae Sung e Arthur. Un’analisi vera, concreta, priva di buonismi. Anche se forse l’unica nota leggermente stonata si presenta proprio sul finale. Un finale colmo di ansia, domande e desiderio.
E provate a mettervi con serietà e consapevolezza nei panni di Arthur. Un personaggio che nasconde una certa ambiguità, ma che in qualche maniera lo spettatore, nonostante l’evidente feeling tra Hae Sung e Nora Moon, riesce a comprendere. Si, perché Arthur non si proclama ipotetico “vincitore” della storia, anzi. Il contrario. Si auto analizza. E analizzando riflette su sé stesso.
“Past Lives” è quindi un film difficile da dimenticare, perché ha il grande pregio di condurre chi guarda, chi osserva, nel grande paradosso dei sentimenti. E innamorare chi guarda. Lentamente ma con amore.
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