Il 12 settembre del 2013 viene trasmessa in prima visione assoluta nel Regno Unito, sul canale BBC Two, la prima puntata di “Peaky Blinders”.
Steven Knight ne è l’ideatore, sceneggiatore e produttore d’eccellenza.
Fin da subito, ci si trova proiettati in un’atmosfera d’altri tempi, in quella Birmingham del primo dopoguerra che odora di fango e caligine – più in particolare nel quartiere di Small Heat. Le prime sequenze rivelano una ricostruzione dell’ambiente fedele e impeccabile. Ogni scena è curata nei minimi dettagli e un’aura suggestiva e nostalgica si emana potentissima a stringere l’animo di chi guarda.
Protagonisti della vicenda sono tre giovani fratelli della famiglia Shelby: il secondogenito Thomas, reduce decorato di guerra, è il capo della banda di quartiere chiamata “Peaky Blinders“.
Traducendo letteralmente ne deriva “La banda con i cappelli dalle visiere appuntite” (“Peaky” sta per “appuntito“, mentre “Blinder” per “paraocchi, visiera“).
Si potrebbe dunque banalmente etichettare l’opera nel genere gangster: eppure le tematiche toccate, insieme allo stile inconfondibile del racconto, permettono di andare oltre i classici confini. D’altro canto, se si leggono le trame delle varie stagioni senza aver visto nemmeno un episodio, la storia potrebbe risultare ripetitiva e assai limitata. C’è pure da dire che quello messo dalla BBC a disposizione dell’équipe di Knight era un budget piuttosto limitato.
Tuttavia, nonostante i diversi aspetti sfavorevoli appena riportati, risulta alquanto difficile trovare una pellicola che la possa avvicinare in termini di fotografia, sceneggiatura, introspezione psicologica ed evoluzione dei personaggi. La vicenda risulta sempre avvincente e mutevole: se a ciò si aggiunge l’impeccabile recitazione da parte degli attori si può facilmente intuire come “Peaky Blinders” si sia affermata poco alla volta come una delle migliori serie mai realizzate.
Il sito ufficiale di “Peaky Blinders”
È d’obbligo menzionare un’abilissima regia. Le scene, abilmente costruite su pause e silenzi, concentrano lo spettatore sui gesti più impercettibili del volto e del corpo, assimilando il suo animo a quello di personaggi interessantissimi che non può fare a meno di amare (o odiare del tutto, si badi).
Cillian Murphy, l’attore che veste il ruolo di Thomas Shelby, rasenta la perfezione recitativa: lo stile eccezionale con cui egli opera, veste, ragiona e sentenzia – senza che nel suo implacabile volto venga una volta a mancare il magistrale cinismo che lo contrassegna – è diventato un simbolo, un modello che ogni ragazzo sogna un giorno di raggiungere.
Nel corso delle stagioni possiamo apprezzare l’evoluzione di un personaggio estremamente dinamico: leader deciso e carismatico all’apparenza, nasconde invece un animo afflitto e perturbato.
Allo shock maturato da soldato al fronte nelle trincee francesi, durante la prima guerra mondiale, si aggiunge infatti la disperazione per la perdita dell’unica donna di cui è stato capace di innamorarsi d’un amore vero.
Ciò non gli impedisce però di continuare ad accrescere il suo potere e la sua influenza nel mondo criminale. I Peaky Blinders, che da principio lucravano come allibratori clandestini a Birmingham, si espandono con il passare del tempo fino a Londra. Tommy offre i suoi servigi al governo britannico ricevendo in cambio la possibilità di candidarsi al parlamento. Difatti nel 1927 viene eletto come deputato laburista per Birmingham. I Malavoglia, del resto, ci insegnano che l’espansione a fini di guadagno travolge nella sua cecità gli assiomi fondamentali dell’antico vivere: su tutti, la famiglia.
I tristi eventi passati conducono Tommy sempre più nello sconforto: il boss dei Peaky Blinders, una volta entrato in politica, sembra ormai vivere solo di ricordi. I dolci momenti passati con Grace ormai non esistono più: l’unica ragione che lo convince ad esistere è l’agguerrito confronto con criminali sempre più spietati e influenti. La famiglia, inoltre – quel sacro fondamento della banda -, comincia ad allontanarsi come una sagoma non chiara e a tratti ostile.
Dimenticando troppo spesso gli affetti e i doveri di padre, i progetti del nostro eroe sembrano costruirsi su due persistenti domande: c’è qualcuno che Thomas Shelby non può vincere? C’è qualcosa che egli non può ottenere?
Divorato da una indomabile ambizione, il suo gesto si fa più compassato e stanco, i progetti cominciano a incrinarsi e – ciò che è più importante – la serenità sembra dileguarsi dal suo volto e allontanarsi come una inarrivabile chimera. Tommy è solo, spesso totalmente incompreso. Coloro che si situano troppo in alto, è noto, poco volentieri si fanno raggiungere. C’è qualcuno che Thomas Shelby non può vincere? Forse, la risposta è proprio ‘se stesso’.
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