Disponibile su Apple TV, “Presunto Innocente” è un’ottima serie TV con protagonista Jake Gyllenhaal nei panni di un uomo impegnato nel dimostrare la proprio innocenza.
Nel 1990 Harrison Ford interpretò Rusty Sabich, un pubblico ministero accusato, dagli avvocati del suo stesso studio, del brutale omicidio della sua collega e amante Carolyn Polhemus, all’epoca impersonata da una Greta Scacchi più bella che mai.
Quasi venticinque anni più tardi, Jake Gyllenhaal, attore dal grande talento e dall’espressività sopraffina, ha raccolto l’eredità del fu Indiana Jones per condurre Rusty Sabich e la storia di “Presunto Innocente” nel XXI secolo.
Tratta dall’omonimo romanzo del 1987 e scritto da Scott Turow, la serie TV trasmessa da Apple TV si assume il difficile compito di raccontare una storia di tradimenti, intrighi politici e lotte di potere. Alternando il tutto alla quotidianità della vita di un uomo, un marito e un padre di famiglia.
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Così la trama di “Presunto Innocente” si dilata tra le aule del tribunale di Chicago e casa Sabich, dove Rusty, oltre a dover fare i conti con un’accusa di omicidio, deve fronteggiare i giudizi e i dubbi di sua moglie Barbara (Ruth Negga) e dei suoi figli, Jaden e Kyle (Chase Infiniti e Kingston Rumi Southwick).
Ma Rusty è veramente colpevole? Oppure è solo un abbaglio, un’ingiusta accusa dettata dal desiderio di vendetta di Tommy Molto e Nico Della Guardia, ossia il nuovo PM e il suo vice procuratore?
Sviluppandosi in otto episodi (tutti sotto i 45 minuti), la sceneggiatura di “Presunto Innocente” conduce lo spettatore negli oscuri meandri delle procedure processuali statunitensi. Oltre che portare sul piccolo schermo un personaggio in grado di cogliere sia la simpatia che l’antipatia del pubblico.
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Il Rusty Sabich di Jake Gyllenhaal, a differenza di quello di Harrison Ford, è un uomo iracondo e violento. Un uomo che per mesi ha nascosto la sua relazione extraconiugale sia alla sua famiglia sia al suo migliore amico nonché avvocato difensore, Raymond Horgan (Bill Camp).
Il perfetto sospettato insomma. E Jake Gyllenhaal mette in mostra il suo grande talento riuscendo a trasmettere tutti i tormenti, i dubbi e lo stress a cui è sottoposto un uomo che, nonostante tutti gli indizi conducano a lui, si professa innocente dall’inizio alla fine del processo (di cui ovviamente non vi dirò il verdetto).
Ad accompagnarlo troviamo Peter Sarsgaard, nei panni di Tommy Molto. La controparte perfetta di Rusty Sabich. Un uomo insicuro con le donne, che condivide il proprio appartamento con un gatto e che per anni si è tenuto costretto a vivere all’ombra dei successi del suo illustre e rinomato collega.
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Un avvocato considerato mediocre, se non incompetente, dalla maggior parte dei suoi colleghi, che nutre la speranza di vendicarsi finalmente di Rusty, condannandolo. Poco importa che lui sia colpevole o meno. Quello che per Tommy Molto conta veramente è mandare dietro le sbarre Rusty Sabich.
Un ruolo complicato, soprattutto se paragonato alla performance di Jake Gyllenhaal. Ma che Sarsgaard riesce a interpretare magistralmente risultando fin da subito subdolo, viscido e detestabile.
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Eppure, per quanto i due attori riescano a reggere la trama, la sceneggiatura mantiene alta l’ansia e la tensione. Oltre ad infittire, puntata dopo puntata, il mistero che si cela dietro all’assassinio di Carolyn Polhemus, inculcando un ragionevole dubbio nelle labili menti di noi umili spettatori.
Possibile che Rusty sia veramente colpevole? E se non è stato lui, allora chi è stato?
Ma il punto debole di “Presunto Innocente” è forse la regia. Sebbene la scelta di mostrarci solamente alcuni frammenti della relazione tra Rusty e Carolyn riesca ad essere comunque d’impatto e a coinvolgere emotivamente, molte sequenze risultano troppo traballanti. Se non disturbanti.
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Tuttavia, una sceneggiatura ben scritta, una trama solida e ottimamente interpretata da Jake Gyllenhaal e Peter Sarsgaard quanto da Ruth Negga, riescono a compensare una direzione spesso troppo confusionaria.
“Presunto Innocente” appare comunque fin da subito una serie molto realistica, con personaggi, scene e dialoghi credibili e ben caratterizzati. E i dialoghi, soprattutto quelli in tribunale, sono elaborati con una minuziosità, al limite della teatralità.
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Ogni battuta, sequenza o scambio di sguardi ha il grande pregio di aggiungere qualcosa. Anche un minimo dettaglio, legato all’accusa mossa contro Rusty. Ma del resto, non potevamo aspettarci niente di meglio da una serie ideata dal creatore di “Ally McBeal” e “Big Little Lies” David E. Kelly e prodotta da un maestro come J.J. Abrams.