Sapevate che… e riuscireste a scegliere quei 5 film che vi piace ricordare di Robin Williams?
Occhi profondi, gentili, ma in grado di comunicare una grande allegria. Una loquacità tale da dare vita a battute talmente esilaranti, ricche di spontaneità da contraddistinguere già dalla fanciullezza Robin Williams. Un po’ il merito di tanta simpatia va sicuramente attribuito a sua madre, Laura McLaurin. E alle esperienze alla Julliard. E alle sue stand-up comedian.
Eppure, prima diventare il grande e rinomato attore che noi tutti conosciamo, ebbe non poche difficoltà. Invero, dopo una serie di flop cinematografici per ruoli che, diciamoci la verità, non erano proprio nelle sue corde, nell’estate del 1983 cominciò le riprese di “Mosca a New York” di Paul Mazursky, la storia di un sassofonista russo che lavora per un circo itinerante e decide di chiedere asilo a New York. Una pellicola che, nonostante tutti gli sforzi di Robin per interpretare al meglio il suo personaggio, purtroppo si rivelò, appunto, essere l’ennesimo grande flop.
Leggi – Walt Disney: I cinque film più tristi della Casa delle Idee
Ma badate bene, non tutte le disgrazie vengono per nuocere. Durante la permanenza nella Grande Mela per le riprese del film, assieme a Mazursky, ebbe la possibilità di vedere il documentario dal titolo “Chaplin Sconosciuto”. Il filmato, trattava in maniera molto accurata e dettagliata il processo creativo di Chaplin attraverso le scene tagliate dei suoi film. E con l’ausilio di alcune riprese personali.
Robin Williams rimase impressionato dall’immenso talento di Chaplin. Osservare quell’artista del cinema muto, così distante dall’ideale di cinema che egli conosceva e del quale desiderava disperatamente farne parte, Robin rimase colpito da un particolare. Nel filmato, Chaplin riusciva a comunicare attraverso la mimica così tante emozioni, così tante parole non dette che si rese conto di essere anni luce lontano da quella commedia sofisticata, precisa a cui aspirava arrivare. Doveva lavorare ancora molto per arrivare al livello di comicità tanto desiderato. Ovviamente Robin non desiderava essere Chaplin. Ma migliorare l’approccio alla sua commedia.
Leggi – Forrest Gump: 5 paradossali avventure vissute nel romanzo di Winston Groom
E l’uscita di “Una poltrona per due” non aiutò certo la sua autostima. Uscito nell’estate del 1983, il film di John Landis con protagonisti Dan Aykroyd e Eddie Murphy, rispettivamente nella parte di un ricco agente di borsa e di un senza tetto destinati a scambiarsi i ruoli ad ogni vigilia di Natale, fu un successo di critica e di pubblico. E Robin, dopo una moltitudine di flop di critica e pubblico, era stanco di attendere, finalmente, quell’occasione che gli avrebbe cambiato la vita. Dovette aspettare qualche altro annetto, ma alla fine, l’occasione arrivò.
Il ruolo tanto atteso di Adrian Cronauer in “Good Morning, Vietnam”.
“Good Morning, Vietnam”.
Ambientato a Saigon ma girato a Bankok, il film è la storia di Adrian Cronauer, un disc jockey dell’aviazione americana a cui viene affidata la conduzione della radio al programma del mattino, per sollevare il morale delle truppe impegnate nella guerra in Vietnam.
Nato da un’idea dello stesso Cronauer che aveva cercato di vendere la sua idea per realizzare una sit-com televisiva nel lontano 1979, basata sul suo operato alla radio, “Good Morning, Vietnam” diventò una vera e propria vetrina per mostrare il super talento di Robin nell’arte dell’improvvisazione. Difatti, la sceneggiatura, prevedeva esattamente molte scene che avrebbero mostrato Robin mentre metteva dischi e faceva battute su battute a raffica. Anche se, curiosità, non riflettevano esattamente il vero Cronauer, avente uno stile decisamente più formale rispetto all’esuberante Robin.
Leggi – Meryl Streep: I cinque migliori film scelti dal “Popolo di Elemento Creativo” di Instagram
Una volta accettata la parte del disc jockey più famoso di Saigon, Robin Williams iniziò a studiare gli eventi della guerra in Vietnam, lo slang del luogo e, grazie all’aiuto di Marsha, la sua futura seconda moglie, nella sua stanza di albergo, sviluppavano del materiale utile per le riprese. Utile per la sua improvvisazione. E non era affatto semplice per Robin non avere il pubblico necessario che accogliesse le sue battute con una fragorosa risata. In molti non conoscevano l’umorismo americano e molti erano vietnamiti. Ma nonostante questo, il film una volta uscito nelle sale riscosse il tanto desiderato successo da Robin, che si aggiudicò la sua prima nomination agli Oscar come Migliore attore protagonista.
L’attimo fuggente
“Capitano mio Capitano”.
Fresco del successo di “Good Morning, Vietnam”, Robin Williams accettò il ruolo del professor Keating, docente di letteratura che, una volta trasferito nel collegio maschile di Welton durante la fine degli anni ’50, cambia, attraverso il suo insolito modo di insegnare la poesia, la vita dei suoi studenti.
Leggi – Pulp Fiction: Le curiosità del film che vinse la Palma d’Oro a Cannes
Una volta cambiata la sceneggiatura iniziale che prevedeva la morte di Keating, sotto richiesta del regista Peter Weir, l’intento di Robin era cercare di seguire il più possibile l’andamento del copione, anche se Weir cercava di spingerlo a improvvisare. Cosa che Robin tentò di fare, ma si rese conto che le sue battute non erano adatte allo spirito del film. Erano troppo sopra le righe.
Ma, nonostante questo, i ragazzi, sentendosi ispirati dalla parlantina di Robin o dal suo talento, si sentirono più coraggiosi di fronte alla telecamera. Molti di loro, infatti, erano alla prima esperienza nel recitare in un film destinato alla sala cinematografica. Un esempio? La battuta di “Nuwanda” “Esercito il mio diritto a non camminare”.
Durante l’ultima, e immortale scena in cui tutti gli studenti decidono di salire sul proprio banco per rendere omaggio al proprio professore che tanto li ha fatti cambiare, maturare, divenendo forse più coraggiosi, Weir, che usava diffondere della musica sul set prima di iniziare le riprese, per dire addio a Keating, usò il tema principale del film “Mission”.
Hook
Il successo di “Good Morning, Vietnam” e de “L’attimo fuggente”, spianò la strada a Robin, che ben presto venne scritturato da Steven Spielberg per impersonare la versione cresciuta e occhialuta di Peter “Banning”, ovvero Pan in “Hook”.
Leggi – Once Upon a time in America: curiosità su come Sergio Leone realizzò il film della sua vita
Prima di urlare Bangarang e volar da Trilli, il fu Peter Pan da grande prese parte a diverse pellicole che riscossero discreti apprezzamenti. Da ricordare “Cadillac man”, “Risvegli” dove si trovò a lavorare assieme a Robert De Niro, considerato già uno dei migliori attori in circolazione e “La leggenda del Re Pescatore”, dove a mio avviso, diede vita ad una grande prova attoriale.
Ma poi giunse sul set di “Hook”, dove ad attenderlo vi era un cast stellare che comprendeva Julia Roberts nel ruolo di Trilli, Bob Hoskins in quello di Spugna e Dustin Hoffman che impersonava niente meno che Capitan Uncino. Proprio con quest’ultimo si creò una grande amicizia, oltre ad una forte alchimia grazie alla quale, oltre a battibeccare scherzosamente per tutta la durata delle riprese, i due attori riuscirono a dare prova del loro grande talento.
Tuttavia, quello fu uno dei periodi più faticosi della vita di Robin. Oltre a impersonare il leggendario Peter Pan, venne scritturato dalla Disney per dare voce al Genio in “Aladdin”. Il personaggio infatti venne caratterizzato in modo che somigliasse il più possibile all’attore. Esuberante e brillante ma con una vulnerabilità infantile, oltre ad essere un gran chiacchierone.
Leggi – One More Light: il settimo e ultimo album in studio dei Linkin Park con la voce di Chester Bennington
Robin passava dodici ore sul set di “Hook” per poi dedicare la serata a cantare, provando le canzoni e le battute per prestare voce al Genio. Alla fine dell’estate del 1991 aveva concluso entrambe le lavorazioni.
Ma volle fare un piccolo gesto in onore di colui che sarebbe diventato un suo grandissimo amico: Steven Spielberg. Poco prima di congedarsi dal set di “Hook” volle omaggiarlo con un dipinto di Peter Pan dell’artista Greg Hhildebrandt e con un libro con tutte le illustrazioni dell’artista. Dal canto suo, il regista gli dedicò una lettera in cui osannava le sue doti attoriali, definendolo uno dei migliori attori americani in circolazione.
Mrs Doubtfire
“Sono donna da un giorno e ho già le vampate”.
Non appena essersi tolto le vesti di Leslie Zevo in “Toys”, Robin Williams vestì i panni di miss sessantacinquenne Euphegenia Doubtfire, nel film tratto dal romanzo “Un padre a ore” di Anne Fine. “Mrs. Doubtfire” altro non era che la storia di Daniel Hillard, divorziato e padre di tre figli che, inventando il personaggio della governante più famosa (la lotta è ardua con Mary Poppins) del cinema, riesce a passare inosservato agli occhi della ex moglie, e trascorrere il tempo libero assieme a loro.
Robin e Marsha, assieme al regista Chris Columbus, non appena firmato il contratto per il film, si impegnarono a cambiarne il finale.
Pare infatti che la sceneggiatura iniziale prevedesse che Robin e Sally Field, tornassero insieme. Felici e contenti.
Dovettero lottare per ottenere un finale che non fosse… melenso? Un finale che rispecchiasse la realtà della vita. E infatti, Mrs. Doubtfire, è meraviglioso anche per questo motivo.
Leggi – True Crime: Cinque serie TV che vi consiglio di vedere
Dopo che Robin trascorse quarantuno giorni a impersonare l’anziana ma esuberante governante, indossando una maschera composta da otto pezzi sovrapposti in schiuma di lattice e decorata da numerosi strati di vernice rosa, con trucco e parrucco annesso (richiedeva oltre quattro ore) per trasformare il suo viso, Robin, come era prevedibile, fece largo uso della sua abilità nell’improvvisare. Ma il “problema” è che Robin faceva ridere.
Ci vollero una decina di Ciak per girare la famosa scena per favorire l’assunzione di Mrs. Doubtfire al telefono, fingendo di essere personaggi sempre più improbabili.
Ma prima di parlarvi dell’ultimo film, vorrei ricordare le altre apparizioni di Robin Williams: “Nine Months”, in cui Robin impersonava un ginecologo russo. “Jumanji”, l’adattamento del libro illustrato di Chris Van Allsburg, dove Robin impersonava Alan Parrish, un ragazzino risucchiato da un gioco da tavolo e trasportato nella giungla più oscura. “Nella giungla dovrai stare finché un 5 o un 8 non compare”.
Leggi – La storia infinita: curiosità dal regno di Fantàsia
“Piume di struzzo”, accanto ad uno strabiliante Nathan Lane, remake del film “Il Vizietto”. “Al di là dei sogni”, una bellissima quanto straziante avventura attraverso paradiso e inferno. “L’uomo bicentenario”, dove Robin era un androide con il desiderio di diventare un essere umano. Anche se un anno prima aveva recitato in un film dove le persone si sarebbero ricordate di lui per sempre.
Patch Adams
Una volta vinto l’Oscar come migliore attore Non protagonista grazie al ruolo di Sean Maguire in “Will Hunting – Genio ribelle”, iniziò la lavorazione di “Patch h Adams”, considerato dalla critica tuttora come uno dei peggiori film usciti quell’anno. Patch Adams risultò essere il punto più basso della sua carriera in quanto fu uno dei più malriusciti tentativi di bilanciare commedia e dramma. Il tutto perché “manipolava in maniera ruffiana ogni emozione umana”.
In pratica, invece di concentrarsi sulla vera storia del vero Patch, tutti si concentrarono a realizzare un’opera impegnata a commuovere lo spettatore. Venne quindi apostrofato come un film da lacrima facile, insomma. E il vero Patch, fu pienamente d’accordo con le critiche mosse dai critici cinematografici. Ma bando alle ciance.
Patch Adams è un film che commuove, si. Ma la storia avrebbe avuto così tanto impatto mediatico se chi la vedeva portava a chiedersi chi fosse il vero Patch Adams?
Ad ogni modo, per chi non lo sapesse, Patch Adams è un film basato sulla vera storia del dottor Hunter Adams, che curava la sofferenza grazie all’allegria. E ovviamente, quale migliore allegria poteva trasmettere se non il caro Robin Williams?
Robin, ci manchi e quando nell’ormai lontano 11 agosto 2014 te ne sei andato, hai lasciato un vuoto così tanto grande che solo grazie alla visione dei tuoi film possiamo colmare.