Nato a Chicago il 21 luglio del 1951, Robin McLaurin Williams viene ricordato come uno degli attori più amati di tutti i tempi; nonché una delle personalità più esuberanti e simpatiche di Hollywood (per non dire del mondo).
Dopo essersi fatto conoscere come attore, grazie alla serie tv spin–off di “Happy Days”, “Mork & Mindy”, in cui recitava al fianco di Pam Dawber, Robin prese parte ad oltre sessanta film, dando vita a personaggi, diventati in seguito, vere e proprie icone, come Adrian Cronauer di “Good Morning, Vietnam” (1987); il professor John Keating de “L’attimo fuggente” (1989); Peter Pan in “Hook” (1991); e Daniel Hillard, alias Mrs. Euphegenia Doubtfire in “Mrs. Doubtfire” (1993).
Figlio di Robert Fitzgerald Williams e di Laurie McLaurin, Robin crebbe seguendo i continui trasferimenti dei genitori da una città all’altra. Tant’è che prima di diplomarsi cambiò ben sette scuole.
Finito il liceo iniziò a sviluppare un particolare interesse per la recitazione, ma il padre, che era una persona rigida e concreta, lo costrinse ad iscriversi al Claremont Men’s College, dove seguì i corsi di scienze politiche. Laurie invece, sognatrice di natura ed esuberante , incoraggiò questa sua vena artistica. Così pochi mesi dopo l’iscrizione al Claremont, Robin abbandonò gli studi di scienze politiche e si trasferì a New York, dove frequentò la prestigiosa Juliard School.
Fu proprio durante la permanenza nella scuola di arte drammatica, che Williams iniziò ad accrescere un talento fino a quel momento rimasto sopito: l’arte della mimica e, soprattutto, della stand–up comedy. Inoltre, frequentando la Juliard, fece la conoscenza di Christopher Reeve, e della sua futura prima moglie, la ballerina Valerie Velardi.
Considerati i rigidi canoni che la Juliard gli imponeva, Robin, una volta calcato il palcoscenico dello stand–up comedy, si sentì come un bambino in un negozio di giocattoli. Sopra quel palco Robin poteva improvvisare, dire e fare quel che voleva. Questa sua nuova vocazione lo portò ad incontrare personaggi come John Belushi e Richard Pryor, capaci di far vivere a Williams una vita fatta di eccessi; ed altri come Billy Crystal, un uomo di sani principi che, grazie al suo stile di vita più “casalingo”, aveva il pregio di donare a Robin quella pace e tranquillità di cui molte volte aveva bisogno.
Il successo delle sue stand-up comedy fu tale da cogliere l’attenzione del produttore televisivo George Schlatter.
Colpito dall’eccentricità di Robin in un piccolo club di Santa Monica, dove Williams aveva sfoggiato un look con capelli lunghi, barba incolta e piedi scalzi, volle rivederlo pochi giorni più tardi nel suo ufficio, con l’intento di affidargli un ruolo in una nuova versione del “Laugh–in show”, un programma televisivo in cui si esibivano una serie di artisti (ospiti fissi e guest star), incentrato sull’improvvisazione e sul botta e risposta.
Qui Robin conobbe diverse celebrità come Tina Turner, James Stewart, Frank Sinatra e Bette Davis. La celebre attrice di “Che fine ha fatto Baby Jane?”, diede al nostro caro Robin Williams un consiglio molto utile per il futuro della sua carriera da attore, anche se iniziò a capirne il senso solamente dopo aver accettato le parti di personaggi inadatti sia alla sua indole che al suo grande talento: “C’èunasolaparoladicuiavraibisogno: NO.”
Di seguito vi presenteremo i primi disastrosi film di Robin Williams.
1 – “POPEYE – BRACCIO DI FERRO” (1980) di Robert Altman
Robin si convinse che quello di Braccio di Ferro sarebbe stato il ruolo che gli avrebbe permesso di entrare nel mondo del cinema e, su consiglio del suo caro amico Cristopher Reeve, accettò la proposta di Altman. Robin dedicò tutto sé stesso alla caratterizzazione del personaggio. Imparò a memoria tutte le canzoni, prese lezioni di danza, arrivò perfino a tagliarsi i capelli e a tingerli di biondo. Ben presto si rese conto di quanto si fosse sbagliato.
Altman, dopo aver diretto “M*A*S*H” e “Neshville”, si trovava per la prima volta alle prese con un musical tratto da un fumetto. Inoltre, pur sapendo che “Popeye” era il film di debutto di Robin, Altman non aiutò affatto il suo protagonista. Anzi, gli vietò ogni improvvisazione, imponendogli di seguire alla lettera il copione scritto da Jules Feiffer; che, stando a quanto riportato su “Storia di una vita”, non era di facile comprensione.
“Popeye” debuttò al cinema il 12 dicembre 1980. I critici non promossero né bocciarono il primo film di Robin Williams, anche se le recensioni erano un guazzabuglio di ambiguità: piacevole ma piatto; divertente ma incomprensibile. Grazie a queste critiche il pubblico accorse al cinema facendo sì che “Popeye” divenisse il dodicesimo film dell’anno al botteghino. Ma nonostante il successo ottenuto la realizzazione del film non fu delle più semplici, anzi… Un esempio calzante è l’abbandono del set da parte dello sceneggiatore e degli addetti agli effetti speciali. Difatti, Shelley Duvall dovette girare la scena finale urlando “AIUTO” in una piscina con un’enorme piovra sprovvista di congegni meccanici.
2 – “IL MONDO SECONDO GARP” (1982) di George Roy Hill
A seguito della cancellazione di “Mork & Mindy”, Robin, che non aveva impegni cinematografici imminenti, iniziò a prepararsi per un nuovo tour di stand–up comedy dopo il successo di “Reality… What a Concept”.
Una volta concluso il ciclo di spettacoli, al cinema uscì “Il mondo secondo Garp”, il secondo film da protagonista di Williams. La pellicola era basata sull’omonimo romanzo di John Irving (“Le regole della casa del sidro”), opera che riscosse un grande successo ma che, allo stesso tempo, venne fortemente criticata poiché trattava tematiche delicate e un po’ invasive, come la misoginia, la violenza sessuale e la castrazione. Protagonista della storia è T.S. Garp, un aspirante scrittore figlio di un’infermeria femminista rimasta incinta dopo aver abusato di un aviatore della Seconda Guerra Mondiale in coma, e con una perenne erezione.
Diretto da George Roy Hill, già regista di “Butch Cassidy” (1969) e de “La stangata” (1973, film che gli valse l’Oscar per la miglior regia), la produzione de “Il mondo secondo Garp” fu molto meno travagliata rispetto a quella di “Popeye”. Il film riscosse un buon plauso di critica e pubblico. Tuttavia i pareri sull’interpretazione di Robin Williams non furono per niente positivi. La maggior parte dei critici lo definirono ancora troppo immaturo e inadatto per un ruolo complesso e drammatico come quello di T.S. Garp.
3 – “COME TI AMMAZZO UN KILLER” (1983) di Michael Ritchie
Terminate le riprese de “Il mondo secondo Garp”, Robin ricevette la lieta notizia che sua moglie Valerie era incinta del loro primogenito. Dovendo provvedere ai bisogni della famiglia e del pargolo in arrivo, Williams iniziò ad accettare qualsiasi ruolo gli venisse offerto. Uno di questi fu quello di Donald Quinelle nella commedia “Come ti ammazzo un killer”, in cui avrebbe recitato al fianco di Walter Matthau.
Diretto da Michael Ritchie, racconta la storia di un rappresentante di attrezzature odontoiatriche rimasto senza lavoro, che si troverà coinvolto in una serie di disavventure demenziali e situazioni al limite dell’assurdo: esplosioni, rapine, e una strana avventura in Vermont…
La trama e la sceneggiatura sembravano promettere bene, e il regista non era certo alle prime armi. Tuttavia una maledizione si abbatté sulla pellicola di Ritchie. In primo luogo, poco prima dell’inizio delle riprese i due coprotagonisti, Jack Nicholson e James Caan, abbandonarono il progetto per venire rimpiazzati da Jerry Reed e Joe Bologna. Ma anche quest’ultimo rinunciò poco dopo, sostituito in seguito da Walter Matthau. Inoltre, il regista dovette fare i conti con improvvisi cambiamenti climatici, incidenti durante la lavorazione, ritardi, bufere e sforamenti di budget.
Sebbene la premessa comica di due attore come Walter Matthau e Robin Williams, tutte le complicazioni riscontrate durante la produzione si ritorsero su “Come ti ammazzo un killer” che fu un flop di critica e di pubblico. Difatti, dopo un mese dalla sua uscita, venne tolto dalle sale cinematografiche.
4 – “MOSCA A NEW YORK” (1984) di Paul Mazursky
Robin iniziava a prendere dimestichezza con la professione di attore cinematografico, ma dovette aspettare fino a “Good morning, Vietnam” del 1987, prima di poter interpretare un ruolo importante in un film che convincesse sia la critica che il pubblico. Difatti, prima di impersonare Adrian Cronauer, non riusciva a far coincidere la qualità del film con quella della sua interpretazione. Nel caso de “Il mondo secondo Garp”, per esempio, la critica non disprezzò il film, ma valutò del tutto insufficiente l’interpretazione di Robin Williams. Con “Mosca a New York” di Paul Mazursky, accadde esattamente il contrario.
La trama iniziale prevedeva che un ballerino moscovita decidesse di lasciare la Russia per trasferirsi a New York, ma quando Michail Barysnikov rifiutò la parte del protagonista, Mazursky dovette riscrivere la sceneggiatura, trasformando il personaggio in una figura più comune.
Emozionato ed entusiasta per il ruolo di Vladimir Ivanoff, un sassofonista circense russo, Robin si lasciò crescere barba e capelli e trascorse cinque mesi ad imparare il russo (o meglio, ci provò).
Il film fu un flop, l’ennesimo per il futuro professor Keating, tuttavia questa volta la critica, sebbene avesse definito “Mosca a New York” un film senza trama, elogiò l’interpretazione di Robin Williams.
5 – “TEMPI MIGLIORI” (1986) di Roger Spottiswoode
Dopo il quarto flop consecutivo, la carriera da attore di Robin Williams cominciò a vacillare, tant’è che le uniche vere soddisfazioni a livello artistico provenivano dagli spettacoli di stand–up comedy. E nonostante l’impegno e la dedizione mostrati da Robin, la striscia negativa non era ancora finita, difatti prima di “Good morning, Vietnam” sarebbero arrivati altri due pellicole dimenticabili.
La prima di esse fu “Tempi Migliori”, una commedia diretta da Roger Spottiswoode in cui Robin e Kurt Russell interpretarono due ex giocatori di football delle superiore, ancora tormentati da una sconfitta subita ai tempi della scuola in una partita di campionato.
“Tempi Migliori” uscì al cinema nel 1986 e le recensioni furono per la maggior parte positive. Ciononostante fu un flop al botteghino.
6 – “CLUB PARADISE” (1986) di Harold Ramis
Se “Tempi Migliori” fu un flop al botteghino, “Club Paradise” risultò essere una catastrofe!
La lavorazione di “Come ti ammazzo un killer” fu un’esperienza abbastanza traumatica per il cast e la troupe, ma messa a confronto con “Club Paradise” potrebbe sembrare una passeggiata di piacere.
Ma cominciamo dall’inizio.
La pellicola sembrava promettere veramente bene, a partire dalla presenza di Harold Remis alla regia e co–sceneggiatura, reduce da successi come “Animal House” e “Ghostbusters”. Inoltre, questa volta Robin, che aveva ottenuto il ruolo da protagonista dopo il rifiuto di Bill Murray, era affiancato da attori come Peter O’Toole, Rick Moranis e Eugene Levy (che sarebbe diventato iconico grazie ai ruoli Noah Levenstein nella saga di “American Pie”; e di Johnny Rose in “Schitt’s Creek”). La serie di tragedie che colpì “Club Paradise”, ancor prima di uscire nelle sale, iniziò quando un soldato giamaicano, che lavorava come comparsa, scomparve misteriosamente durante la scena di un lancio con il paracadute. La troupe pensò che fosse stato mangiato da uno squalo… E poco prima dell’uscita del film, Adolph Caesar, uno dei protagonisti, purtroppo morì a causa di un attacco cardiaco.
Infine, quando finalmente la pellicola arrivò nelle sale, le recensioni furono glaciali. Tanto che i critici arrivarono a scrivere che non avrebbe dovuto essere mai più proiettato in una sala cinematografica.
Articoli Correlati:
- John Landis: curiosità sul regista di “Un lupo mannaro americano a Londra”
- Marilyn Monroe: curiosità su una delle più grandi icone del XX secolo
- Mamma ho perso l’aereo: Le curiosità sulla pellicola di John Hughes e Chris Columbus
- The Wolf of Wall Street: dal rituale di Matthew McConaughey alla vitamina B, le curiosità legate alla pellicola di Martin Scorsese
- Dustin Hoffman: curiosità e carriera di un Piccolo Grande Uomo
- Charlize Theron: le curiosità, l’infanzia e la pubblicità del Martini