Dire addio non è mai stato facile. In special modo se chi saluti è stato l’inevitabile protagonista di intere serate a tema pizza, coca cola, e “Sex Education”. E, come quando accadeva con il finire di una serie importante, come poteva essere “The O.C”, per esempio, immancabilmente venivi assalita da una nuvola di tristezza che fatalmente, ti accompagnava per tutto il resto della visione, e oltre. Personalmente mi ritengo ancora in lutto per il finale di “Buffy”, che ritengo essere tuttora, a distanza di vent’anni (Oddio sono vecchia!), il miglior finale seriale mai visto.
Da pochi giorni su Netflix è stata inserita nel catalogo la quarta e ultimissima stagione di “Sex Education”, che, con i suoi otto episodi ha concluso il proprio viaggio emotivo nel cuore dell’adolescenza per condurre i propri protagonisti verso l’età adulta. Una serie che, grazie ad un linguaggio moderno e un approccio al sesso innovativo (la verginità alla Joey Potter è sempre una cosa sacra, ma più evoluta) ha condotto gli adolescenti e non alla consapevolezza che il sesso può essere divertente e utile per conoscere e apprezzare il proprio corpo. Quel che mi chiedo, ci sarà riuscita? Avrà raggiunto il proprio scopo nel saper comunicare intelligentemente agli adolescenti in questo difficile nuovo millennio? La risposta, secondo me è si.

“Sex Education” è stata importante per la serialità e lo sarà sempre.
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In questa quarta stagione, in special modo, ho notato che i suoi protagonisti sono stati messi sotto una gigantesca lente di ingrandimento, come a voler a tutti i costi concludere ogni loro percorso. Ci saranno riusciti?
Vediamo. E inizierò con il personaggio, a mio avviso, migliore di “Sex Education”.
Eric ha sempre posseduto un forte legame emotivo verso la chiesa, ma ha sempre e in qualche modo tenuto le distanze perché omosessuale. Perché, infondo, non sentiva di essere adeguatamente accettato. Durante la prima stagione Eric fa un grosso lavoro su sé stesso perché tocca con mano cosa vuol dire essere odiato, umiliato. E nel corso delle quattro stagioni di “Sex Education” Ncuti Gatwa ha fatto un lavoro davvero eccelso per delinearne le sue grandi fragilità e la sua forza. Il suo amore per sé stesso, per la libertà, per la vita e verso la propria identità. Ho apprezzato che nel corso di questa quarta stagione abbia avuto una forte illuminazione sul proprio futuro. Anche se, onestamente, le visioni le ho trovate davvero molto esagerate.

Il fine è stato davvero molto apprezzabile. Eric, in fondo, era davvero predestinato ad aiutare il prossimo. E, a giudicare dal suo essere liberamente gay, probabilmente in questa stagione si fa il vero e genuino portavoce di questa nuova e più … drammatica (?) versione di “Sex Education”. La serie, infatti, si prende la libertà e la grande responsabilità di educare, si, ma al pensiero comune religioso. Perché “ama il tuo prossimo come te stesso” deve avere un significato più profondo che lasciare come forma di altruismo le offerte in chiesa. Eric sceglie sé stesso perché lui ama sé stesso. Ma allo stesso tempo, Eric riesce nel difficile (se non impossibile) compito di illuminare chi ha difficoltà a comprendere ed è più incline all’abbandonare.
Sex Education, quindi, in questa quarta stagione, si lascia abbandonare e svela il vero significato del termine “Education”. Non è solo terapia sessule. È anche educazione alla comprensione verso chi nella società attuale è etichettato come “diverso”.
Lo sa bene Adam (Connor Swindells) che in “Sex Education” è stato il portavoce, probabilmente, di una tra le più belle evoluzioni mai viste in una serie tv (oltre a Nathan Scott in OTH, si intende). Adam era un bullo, omofobo, insopportabilmente appiccicoso. Cresciuto da un padre, il preside del liceo Moordale, severo e insoddisfatto del proprio figlio. La sua crescita emotiva si è scoperta poco a poco. Ma l’abbiamo amata.

Abbiamo amato il suo amore per gli animali e la sua costante avversione verso gli esseri umani. Adam è fragile, talmente fragile che si ha la sensazione che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro. È taciturno, introverso. Ha difficoltà a credere che Michael, suo padre, sia veramente cambiato e voglia davvero avere un rapporto di fiducia con lui. Ma Adam tutto ad un tratto cambia. Si sente più affine verso le persone, e comprende sé stesso e la propria sessualità. Più incline verso un futuro che prima non riusciva a comprendere. Sebbene in questa stagione si trovi un po’ in disparte dal resto dei ragazzi, prosegue il suo giusto cammino verso la crescita e la comprensione.
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E in disparte è anche Maeve (Emma Mackey), partita verso l’avventura in un College americano ad imparare la magica arte della scrittura. La quarta stagione di “Sex Education” si apre infatti con i desideri sessuali della giovane che, inevitabilmente, si fanno sentire. Partita in tutta fretta alla fine della terza stagione, lasciando il povero Otis a pensare…a …sé stesso, Maeve in questa stagione più che mai affronta le sue emozioni, il suo passato e il suo presente. Diventa una donna matura. Conosce i suoi sentimenti e li vive. Anche se il rapporto con Otis si concretizza e si lascia davvero andare quando Maeve rimette finalmente piede sul suolo inglese.
I due saranno finalmente liberi di sperimentare la loro storia pelle a pelle, con non poche difficoltà, ovviamente. Il loro rapporto, a mio modo di vedere, è stato sviluppato davvero molto bene. Anche se con un inizio alquanto fastidioso e ridondante, i due finalmente hanno l’opportunità di conoscersi al di là dell’amicizia. Anche se con una serie di epiloghi che faranno arrabbiare non pochi.
Ogni personaggio di “Sex Education” dovrà quindi prepararsi ad affrontare la dura realtà che lo attende al di fuori della sicurezza di un’aula scolastica. O meglio. Solo alcuni di loro.
Solo alcuni hanno avuto il privilegio di crescere e maturare in questa quarta ed ultima stagione.
A parte i sopracitati, pensiamo ad Aimee (Aimee Lou Wood). La violenza subita su quell’autobus, qualche stagione fa, è ancora ridondante nei suoi pensieri. Perché, come è giusto che sia, la mente, per guarire da un abuso, ha bisogno di tempo e supporto. Fortunatamente, e grazie alla figura di un inedito e inaspettatamente amabile Isaac (George Robinson), Aimee brillerà, finalmente, di luce propria.

E vogliamo parlare d Ruby (Mimi Keene), che, finalmente, troverà il coraggio di mandare a quel paese quell’opportunista di Otis!?
Questo è in linea di massima quel che mi è piaciuto, e che non mi ha fatto saltare le coronarie in questa quarta stagione di “Sex Education”.
Ma veniamo ai punti dolenti.
Otis Milburn (Asa Butterfield) è infatti, insopportabile. Non cresce, anzi, decresce. In primis è un pessimo fratello maggiore perché pensa sempre a sé stesso. È un pessimo figlio perché non comprende affatto lo stato di sua madre Jean (Gillian Anderson), rimasta sola a crescere la piccola Joy. È un pessimo amico con Eric, il quale, giustamente, è estenuato dalla mancanza di interesse di Otis verso la sua vita privata. Concentrato, invece ad ascoltare tutti gli altri liceali men che l’amico.
Come se non bastasse, nel loro rapporto di amicizia si assapora una certa ridondanza. Vi ricordate nella prima stagione quando i due non si parlavano, perché Otis, ovviamente, non era stato adeguatamente presente nella vita di Eric? Un po’ strano per uno che nella vita nutre il desiderio di aiutare e ascoltare i problemi delle persone!
Ed è proprio questo il grande problema di questa stagione. Abbiamo un protagonista, che nutre il desiderio di primeggiare nell’aiutare chi ha più bisogno, ma non si accorge che il primo a comportarsi male, il primo a sbagliare è proprio lui. Ama Maeve ma usa Ruby, servendosi a proprio piacimento della sua costante aria da bravo ragazzo. Si avvale dei suggerimenti di Ruby per primeggiare su O (Thaddea Graham), la terapista sessuale del Cavendish College, il nuovo liceo progressista dei nostri protagonisti. Ma, O è, effettivamente, migliore di Otis. Nonostante il suo passato.
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Il signorino Milburn è quindi, a tutti gli effetti un grande opportunista che cade sempre in piedi. Sette puntate su Otto a sentir parlare male di O, quando sarà lei la prima ad aiutarlo.
E qui le domande arrivano spontanee.
La poca cura nello sviluppare adeguatamente sia la trama che i suoi personaggi, sarà forse da attribuire ad una sceneggiatura poco brillante, e a tratti davvero prevedibile?
Perché, parliamoci chiaro, la storia di Maeve per quanto apprezzabile, non ha niente e sottolineo niente, di originale.

Dobbiamo attribuire la colpa ad una regia alquanto frettolosa? Assolutamente si.
La risoluzione del “problema” di Otis a non avere abbastanza “clientela” si rivela alquanto frettolosa. Ma caro il mio trentenne che si finge un diciassettenne, sei nuovo in questa scuola! Cosa pretendi? Il tappeto rosso?
Oppure, vogliamo parlare di Beau, il fidanzato tossico di Viv (Chinenye Ezeudu)?
Seppur curiosa la storia che hanno voluto creare per la dolce amica di Jackson (Kedar Williams-Stirling), gli autori hanno deciso di far vivere a Viv una relazione tossica con un tipo tossico che di punto in bianco si rivelerà essere tossico. La scena in cui lui le tratiene il braccio, per esempio, non solo a mio modo di vedere è stata dietta male, ma è stata anche male interpretata. E la risoluzione? Ovviamente è stata risolta in maniera poco approfondita. E poi… vogliamo essere più originali, per favore? Sebbene Viv sia una persona davvero molto dolce e una buona amica per Jackson, onestamente, gli autori potevano spremere un pochetto di più le loro meningi e proporci una storia che almeno combaciasse con quella di Jackson, anch’essa risolta nel tempo di uno sbadiglio?
Come del resto, e amaramente aggiungerei, anche la storia del personaggio di Cal (Dua Saleh).
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Cal, per chi non se li ricordasse, è un personaggio non binario che ha fatto amicizia con Jackson durante la scorsa stagione. In questa ultima, Cal esprime tutto il suo disagio, frustrazione e paura, per un corpo a cui non sente di appartenere. Sarebbe stato giusto approfondire lo stato emotivo di Cal e concludere il tutto in maniera più graduale. Non era necessario chiudere tutte le storyline insieme negli ultimi due episodi. E poi, sarò un po’ cattivella ma… tutti così “friendly” all’improvviso, ma quando Cal aveva bisogno di qualcuno che stesse loro vicino, dove erano tutti? Ah si, probabilmente neanche erano a conoscenza della sua esistenza.
Vedete, seguire la coerenza invece che un inutile politicamente corretto che francamente ci ha davvero stancato, sarebbe più lineare ai fini della trama. Dover per forza di cose “sistemare” ogni singolo personaggio nel proprio “happy ending”, in special modo quando hai così tanti soggetti a disposizione, è difficile. E quindi, l’unica soluzione possibile è risolvere tutto in fretta e furia. Gravando sulla qualità di una serie che, in qualche modo, ha fatto la storia delle serie tv.
Di certo allungare il brodo, verso una quarta stagione e i numerosi abbandoni che la serie ha dovuto sopportare, non hanno certo aiutato l’andamento della trama. Come ad esempio il meraviglioso personaggio di Lily (Tanya Reynolds), che fantasticava sul sesso e sugli alieni. Tra l’altro, scomparsa nel nulla. Oppure lo stravagante professore di musica e sessuologia, Colin Hendricks, che fortunatamente rivedremo almeno in un cameo.

La presenza di alcuni nuovi personaggi, fortunatamente, ha fatto sì che avessero uno spazio coerente ai fini della trama. Prima fra tutti O, la terapista del nuovo liceo, avrà anche uno spazio importante nella vita di Jean. Oppure Roman (Felix Mufti) e Abbi (Anthony Lexa), la coppia trans che sarà fondamentale nella crescita emotiva di Eric. Hanno quindi interagito molto bene con il resto del cast e aggiunto un grande punto esclamativo sul significato di “Sex Education”, ma… il loro spazio all’interno della serie poteva essere decisamente più ridotto per permettere ad alcuni personaggi principali e alle loro storie di avere una maggiore importanza.
Un altro piccolo appunto.
Il Cavendish College è fin troppo perfetto. Fin troppo irreale. Rivoglio la sregolatezza del liceo Moordale!
Di sicuro “Sex Education” ha abituato il pubblico ad essere molto trasgressiva sia negli atteggiamenti, negli argomenti trattati, che nel linguaggio. Sia nella propria brillante spontaneità. Si è distinta per essere una serie che, a suo modo, ha cambiato come concepire la serialità. E, soprattutto, come parlare ai Teenager. Ci mancherà, è inevitabile. Ma non perdonerò mai agli autori di aver concluso in maniera così superficiale una serie spettacolare come era stata “Sex Education”, a mio avviso, fino alla seconda stagione.
Di seguito il Trailer di questa quarta stagione di “Sex Education”.