Presente nel catalogo di Disney+, “Shogun” è decisamente uno dei migliori prodotti seriali degli ultimi anni.
Siamo nel 1600, in quel Giappone dominato dai feudi, dilaniato dalla diatriba tra ninja e samurai e controllato dal potere incontestabile dello Shogun. O meglio, che dovrebbe essere controllato dal potere incontestabile dello Shogun, perché la serie ha inizio quando il trono è in attesa di essere rivendicato.
Invero, colui che avrebbe dovuto sovrintendere sul paese nipponico è passato a miglior vita, lasciando, come unico erede, un ragazzino ancora troppo piccolo per indossare la corona e prendere in mano le redini di un paese seviziato dalle lotte interne tra cristiani e protestanti.
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Per volontà dello Shogun stesso, il Giappone si trova quindi sotto il controllo di un Consiglio di cinque Reggenti. In attesa che l’erede raggiunga l’età adatta per rivendicare ciò che gli spetta di diritto.
Tutto questo però, crea i presupposti perfetti per molte illustri personalità di organizzare la propria ascesa al potere in un gioco del trono che ricorda molto la celebre serie targata HBO. Game of Thrones.
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In questo clima teso e privo di un’autorità in grado di stabilire un ordine, giunge John Blackthorne (Cosmo Jarvis), navigatore inglese ispirato alla figura di William Adams, il primo marinaio britannico ad essere giunto in Giappone.
E mentre il Generale Ishido (Takehiro Hira), uomo subdolo e privo di scrupoli, si appresta a prendere il controllo dei Reggenti, per difendere la propria egemonia, Yoshii Toranaga (Hiroyuki Sanada), l’unico membro del Consiglio che sembra intenzionato a contrastare l’ascesa di Ishido, decide di servirsi dell’esperienza di Blackthorne. Identificato come Anjin-Sama (ossia Pilota).
Ecco quindi che il Giappone si trova coinvolto in una guerra per il potere. Un Game of Thrones in stile orientale, senza draghi, metalupi, Estranei e loop temporali, ma ugualmente intricato e intrigante. Tradimenti, alleanze politiche, battaglie all’ultimo sangue e sesso si fondono perfettamente in una trama mossa da un misterioso burattinaio. Altrettanto astuto e calcolatore quanto si rivelerà essere Bran Stark.
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Ma basta cincischiare su inutili paragoni, perché per quanto simili, “Game of Thrones” e “Shogun” sono due serie completamente diverse.
Ma, per quanto la sceneggiatura e la caratterizzazione siano innegabilmente ben scritte, forse il vero fiore all’occhiello di “Shogun” è la parte tecnica.
Mentre la colonna sonora avvolge le sequenze delle battaglie quanto i momenti più teatrali e romantici, aggiungendo alla trama quel pizzico di tensione e drammaticità necessari a rendere coinvolgente la storia, la fotografia incornicia il Giappone dell’epoca feudale. Immerso nella natura ancora incontaminata quanto nelle grandi città come Osaka.
E sebbene la narrazione sia naturalmente romanzata, la serie (come il romanzo) mantiene quell’affascinante accuratezza storica. Sia per gli eventi che per le meraviglie estetiche del XVII secolo.
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Tratta dall’omonimo romanzo di James Clavell, che trae ispirazione appunto dalla vera storia di William Adams, “Shogun” è un gioiello di scrittura e rappresentazione.
I costumi e le ambientazioni portano lo spettatore a compiere un viaggio a ritroso nel tempo, addentrandosi in quel torbido mondo governato dai feudatari. E, attraverso gli occhi di Anjin-Sama, uomo rozzo e scoordinato rispetto agli eleganti e spirituali samurai e dame giapponesi, riesce ad identificarsi in una realtà completamente diversa da quella cui siamo abituati a vivere da questa parte del globo.
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Puntata dopo puntata, Blackthorne, così come gli spettatori, si troverà sempre più coinvolto in conflitto tanto teso quanto mistico. In cui le parole e le gesta di un singolo hanno molta più rilevanza delle battaglie.
Quella descritta in “Shogun” infatti è una guerra di intelletti più che di forza bruta. Invero, nonostante gli scontri e le uccisioni non manchino, sono proprio i personaggi e i loro interpreti a rendere la serie targata FX e distribuita da Disney+ uno dei migliori prodotti seriali degli ultimi tempi.
Ogni personaggio, dalla bella Mariko-Sama (Anna Sawai), eroina dei due mondi nonché unica persona in grado di comprendere la strana lingua di Anjin-Sama, al granito Toranaga, gode di una profonda ed empatica evoluzione.
Il risultato è una serie ineccepibile. Sotto ogni punto di vista. Attraverso la potenza delle immagini riesce nell’arduo compito di creare una storia di rara bellezza, accompagnata da ua precisione per i dettagli. Sia per quanto riguarda i rituali che le ambientazioni, veramente impressionante.