Pauline Keal, all’inizio degli anni ’70 scrisse un articolo in cui sosteneva che a Hollywood si stava formando una nuova generazione di giovani e promettenti registi. Persone che erano portate per il cinema e che con i loro talenti avrebbero potuto inoltre aumentare il prestigio della settima arte. Steven Spielberg, sosteneva la critica cinematografica, sotto molti aspetti poteva essere paragonato ad Howard Hawks, specialmente per l’autenticità delle sue pellicole. Accanto al nome del regista di “Duel”, Keal accostò quelli di Martin Scorsese, Brian DePalma, George Lucas e Francis Ford Coppola (The Movie Brats).
Approdati ad Hollywood nello stesso periodo, le cinque nuove promesse del cinema non ci misero molto a fare amicizia. Ognuno di loro era arrivato da parti diverse del paese. Avevano frequentato college differenti, dove avevano fatto pratica con la macchina da presa arricchendo il loro curriculum cinematografico. L’unico che giunse agli studios senza aver frequentato nessun corso di cinematografia all’università era Spielberg, che sviluppò le proprie tecniche da autodidatta, raggiungendo un livello di tutto rispetto. Il giovane Steven infatti era solito partecipare alle gite guidate agli studi della Universal, per poi abbandonare il gruppo ed entrare di straforo nei set.
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Famosa è la volta in cui riuscì ad accedere sul set di un film di Hitchcock, dove assistette alle riprese fino a quando non fu scoperto e infine cacciato via.
Le loro carriere procedevano di pari passo e dopo i primi successi entrarono di diritto nei “The Movie Brats”, un gruppo di cui facevano parte molti artisti dell’epoca.
Erano tutti molto uniti ed entusiasti, non perdevano mai l’occasione di mettersi alla prova e di aiutarsi a vicenda. Educati alla visione di un certo tipo di forma cinematografica, idolatravano la genialità artistica di personalità che avevano scritto la storia del cinema: da Hitchcock a Walt Disney, da Kurosawa a Frank Capra, da Carol Reed a Jean–Luc Godard, e adesso erano chiamati a raccogliere la loro eredità per dar vita alla Nuova Hollywood.
Nel documentario della HBO dedicato a Steven Spielberg del 2017, George Lucas raccontò che, quando finalmente venne trasmesso in tv il suo primo film (“Duel”, 1971), si trovava ad una festa a casa di Coppola. Lucas, curioso di vedere il film della giovane promessa di Hollywood, sgattaiolò via dalla festa per poter apprendere in prima persona quali fossero le capacità di Spielberg. Aveva già visto “Amblin”, il cortometraggio realizzato da Steven tre anni prima, notando delle potenzialità e sapeva che se Spielberg avesse osato di più, avrebbe potuto far breccia nel cuore degli spettatori. Oltre che nella mente dei produttori. Il futuro regista di “Star Wars” ebbe la conferma del suo pensiero. “Duel” era un ottimo film, che metteva in risalto le vere capacità da regista di Spielberg. I tecnicismi avevano lasciato il posto all’emotività e alle emozioni. Ne fu talmente entusiasta che lo consigliò immediatamente all’amico Francis.
Qualche anno più tardi entrambi si trovavano a lavorare a due ambiziosi progetti. Spielberg, dopo il successo de “Lo Squalo” stava girando “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, Lucas invece, che si era visto negare la possibilità di dirigere un remake di “Flash Gordon”, decise di creare una saga spaziale tutta sua: “Star Wars”.
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Fu proprio grazie a questi due lavori che la loro amicizia si consolidò.
Concluse le riprese di “Star Wars”, Lucas dovette fare i conti con le critiche negative di produttori, amici e colleghi. Un giorno si recò sul set di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, curioso di poter ammirare lo splendido lavoro che stava portando avanti il suo amico Steven. Quest’ultimo era ormai famoso nell’ambiente per la sua incredibile organizzazione e meticolosità.
Quando Lucas vide quanto Spielberg fosse stato in gamba nel pianificare tutto il set, ripensò all’inferno che aveva vissuto lui durante la lavorazione di “Star Wars”. Caos, componenti dello staff scontenti, svogliati e spesso irrispettosi, e un budget non previsto erano stati solo alcuni dei problemi con cui Lucas dovette combattere. Convinto che “Incontri ravvicinati del terzo tipo” avrebbe avuto molto più successo del suo “Star Wars”, George propose all’amico di fare un patto. Il 2,5% degli incassi di “Incontri ravvicinati” sarebbe andato a Lucas. Viceversa il 2,5% degli incassi di “Star Wars” sarebbe andato a Spielberg.
Come tutti sanno, la saga di “Star Wars” è uno dei più grandi successi di tutti i tempi. E ancora oggi Spielberg ottiene un discreto guadagno grazie all’accordo stipulato con Lucas ormai più di quarant’anni fa.
I cinque amici erano soliti consultarsi e criticarsi senza alcuna remora, e grazie a questa abitudine nacque una delle sequenze cinematografiche più famose di sempre: i titoli di apertura di “Star Wars”. Lucas fece vedere una prima versione del suo film a Steven, Brian, Martin e Francis per cercare di avere un’opinione più che mai obiettiva sul lavoro che stava facendo mettere in dubbio le sue capacità direttive.
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Spielberg ne fu entusiasta, convinto che sarebbe stato un successo. Ma DePalma aveva un’altra opinione. Non aveva capito niente della storia di “Star Wars”. Non riusciva a comprendere chi fossero i personaggi, da dove venissero o quale fosse il loro scopo. E tanto meno capiva quale fosse la trama del film. Per coinvolgere maggiormente gli spettatori, DePalma suggerì a George di aggiungere una piccola anticipazione, come nei vecchi film. L’idea di Brian era quella di far scorrere dei titoli di testa che spiegassero il contesto in cui si sarebbe svolta la vicenda, in modo da far capire immediatamente cosa il pubblico stesse guardando.
Tra gli anni ‘70 e ‘80 i Movie Brats riuscirono a raggiungere la consacrazione.
Era un periodo molto producente per la cultura. Una miriade di artisti di ogni genere (registi, musicisti, interpreti) cominciò ad emergere. Tutti e cinque i componenti del gruppo ebbero successo creando pellicole che scrissero la storia del cinema. Ma questo non sarebbe stato possibile se non si fossero aiutati tra di loro. Le collaborazioni erano una costante importantissima nel loro rapporto di amicizia, si scambiavano favori e pareri in continuazione, e il risultato fu una serie di pellicole di ottima fattura tra cui “Mean Streets” (Scorsese, 1973), “Carrie – Lo sguardo di Satana” (DePalma, 1976) e la trilogia de “Il Padrino” (Coppola, 1972, 1973, 1990).
Proprio sul montaggio finale de “Il Padrino parte II” ci mise lo zampino Lucas. Qualche anno prima, Coppola aveva aiutato l’amico a trovare i fondi necessari per girare “American Graffiti” e per sdebitarsi, il regista di “Star Wars” si offrì di curare la regia e il montaggio della famosa scena in cui si racconta la sanguinosa guerra tra le cinque famiglie mafiose. Una sequenza di appena due minuti ma di grande impatto. E visto il profondo legame che univa i due registi, Lucas pretese e ottenne che non gli venisse accreditato il merito di aver girato la scena.
Martin Scorsese invece, durante il periodo delle riprese di “Taxi Driver”, era solito chiedere aiuto a Spielberg, specialmente quando si trovava in disaccordo con la produzione.
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Non fosse stato per l’incoraggiamento di Steven, Scorsese avrebbe probabilmente seguito i consigli dei dirigenti della Columbia Pictures che lo obbligavano a tagliare alcune scene, ritenendole graficamente troppo violente. Per fortuna Spielberg convinse l’amico che sarebbe stata una pazzia e che avrebbe rovinato il film. Così Scorsese cambiò leggermente i toni alle sequenze in questione e riuscì a girare “Taxi Driver” senza stravolgere la pellicola. Ed è risaputo che, ammirando molto il lavoro del compositore Bernard Hermann (autore della colonna sonora del film di Scorsese), il regista di “E.T. L’extraterrestre” seguì da vicino la fase artistica di “Taxi Driver”.
Dopo il flop di “1941 – Allarme a Hollywood”, Spielberg aveva il morale sottoterra… fino a quando non arrivò in suo soccorso l’amico George Lucas, presentandogli l’idea di una storia che vedeva come protagonista un archeologo che si occupava del ritrovamento di reperti soprannaturali. In quel periodo Spielberg avrebbe tanto voluto girare una pellicola di James Bond, ma Lucas gli disse che aveva in mente un personaggio di gran lunga più interessante: Indiana Jones!
A Steven non serviva sapere altro, entusiasta del progetto dell’amico. Entusiasmo che però non coinvolse le case di produzione, che inizialmente si rifiutarono di finanziare “I predatori dell’arca perduta”, poiché Spielberg era ormai famoso nell’ambiente per non riuscire mai a restare entro il limiti del budget. Alcune Major si impuntarono addirittura proponendo a Lucas di cambiare regista. Volevano che scegliesse qualcuno che fosse in grado di girare il film senza sforare il budget. Ma George non fece alcun passo indietro. Voleva Spielberg e alla fine riuscì a convincere la Paramount che questa volta si sarebbero fatti bastare la somma messa a disposizione.
Sicuramente i cinque nuovi talenti di Hollywood erano legati da un’amicizia profonda, ma quella che c’era tra Spielberg e Lucas era estremamente speciale.
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Nel 1991, durante le riprese di “Hook – Capitan Uncino”, George Lucas e Carrie Fisher, si recarono sul set a far visita all’amico Steven Spielberg. In quell’occasione i due comparvero in un piccolo cameo. Quando Campanellino avvolge Peter adulto come un fagotto per condurlo verso l’Isola che non c’è (seconda stella a destra e poi dritti fino al mattino), passa sopra ad un ponte di fonte al Big Ben. Sul ponte possiamo notare una coppia intenta a scambiarsi delle romanticherie, che viene avvolta dalla polvere di fata e si alza in volo. Ebbene, quella coppietta sono proprio George e Carrie.