The Others, film del 2001 diretto da Alejandro Amenábar con protagonista una splendida Nicole Kidman, è una ghost story inquietante e triste allo stesso tempo. Capostipite di un certo filone di film incentrati proprio sulla mancanza, il trauma e il dolore incarnati da fantasmi (The Orphanage e 1921 – il mistero di Rookford, per fare un paio di esempi).
Trama
Ambientato sull’isola di Jersey nel 1945, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, The Others segue le vicende di Grace (Nicole Kidman), moglie di un soldato che vive sola in un’enorme casa con i due figli, Anne e Nicolas, i quali soffrono di una grave fotosensibilità che li costringe a vivere nella più totale oscurità. Un giorno bussano alla porta dell’immensa dimora tre personaggi: Bertha, Lydia ed Edmund.
I tre affermano di avere esperienza come domestici e vengono subito assunti da Grace, la quale stava cercando proprio delle figure che la aiutassero a gestire la casa e i bambini. I rapporti diverranno sempre più tesi, non solo tra Grace e la figlia Anne, accusata di inventarsi storie di fantasmi e di essere disubbidiente, ma anche tra Grace e i domestici, che sembrano detentori di una verità oscura alla padrona di casa. La situazione degenera quando anche la razionale – seppur fervente cattolica – Grace si convince che in casa c’è qualcuno che vuole fare loro del male, qualcuno che non appartiene al mondo dei vivi.
Analisi
The Others è certamente famoso per il colpo di scena che capovolge totalmente la situazione e che, seppur ad uno spettatore più attento possa sembrare intuibile, costituisce per Grace un forte momento di shock nonché di presa di coscienza. Nonostante sia un film conosciutissimo, il lettore è comunque avvisato: seguiranno spoiler.
Mi sembra doveroso partire dai personaggi, il cuore della pellicola. Grace è una donna sola, costretta a vivere isolata dal mondo a causa del male che affligge i suoi figli. Grace soffre, molto probabilmente, anche a causa del fatto che, in quanto donna, è relegata all’ambito domestico, mentre il marito ha potuto scegliere di lasciare tutto per andare in guerra, mosso dal bisogno di scappare piuttosto che da un genuino patriottismo. Tutto ciò fa sì che sfoghi le sue frustrazioni sui figli e i domestici, gli unici su cui può esercitare la sua volontà di dominio.
È soprattutto con i figli che Grace assume un atteggiamento duro e severo, attraverso punizioni e letture estenuanti dei testi sacri, le cui parole sono per lei verità assoluta. Insomma, Grace è un personaggio pieno di contraddizioni. Soffre per il ruolo di madre, moglie e padrona di casa che le spetta a detta della società e del cristianesimo, ma allo stesso tempo non trasgredisce e sente il dovere di dover assumere appieno tale ruolo. Molto più trasgressiva risulta invece la figlia Anne. Una bambina curiosa che contraddice e fa innervosire continuamente la madre, soprattutto esprimendo i suoi dubbi circa la veridicità delle sacre scritture che, come sappiamo, Grace considera invece verità assoluta. Anne rappresenta dunque l’intromissione nella casa, dominata dall’austero razionalismo della madre, del dubbio e dell’incertezza.
Tutto questo ci porta a parlare della casa, quasi un altro personaggio del film, che si configura come centro d’attrazione.
I tre domestici, che apprendiamo essere morti molti anni prima di tubercolosi, ritornano sotto forma di fantasmi proprio in quella casa in cui avevano prestato servizio da vivi, così come il marito, morto in guerra, ha vagato per molto tempo alla ricerca della stessa casa dalla quale era fuggito. La casa attrae a sé e intrappola, ma allo stesso tempo accoglie. A testimonianza di ciò la forte volontà da parte di Grace e dei suoi figli di non lasciare la loro abitazione nelle mani degli “intrusi”, anche dopo essere venuti a conoscenza della verità circa la propria condizione di non-vivi.
La presa di coscienza
In un continuo gioco di sospetti (“chi è l’altro?”) e ribaltamenti, TheOthers è soprattutto la storia di un’apertura metaforica verso l’accettazione della propria colpevolezza. Alla verità, quella cioè di aver ucciso i figli e di essersi successivamente suicidata, Grace giungerà gradualmente, attraverso una serie di piccole “aperture”. Prima tra tutte, ne abbiamo parlato prima, il rapporto conflittuale con la figlia, colei che instilla i primi dubbi nella mente di Grace.
Successivamente, il ritrovamento di alcuni album fotografici, insieme alle parole e ai comportamenti dei domestici. Infine, la sparizione di tutte le tende dalle finestre della casa. La caduta delle tende, che servivano per proteggere dalla luce Anne e Nicolas, permette finalmente l’ingresso della luce e, per estensione, della consapevolezza. Ben presto i bambini noteranno che la luce non gli fa più alcun male poiché l’accettazione della verità porta alla libertà. Paradossalmente, è proprio nel regno dell’oltretomba che Anne, Nicolas e Grace potranno vivere alla luce, finalmente liberi dai dolori e dalle costrizioni della vita terrena.
Le ispirazioni
È pensiero comune che il film si ispiri liberamente a Il giro di vite, racconto dello scrittore statunitense Henry James del 1898. Le differenze però sono molteplici, a mio parere, al punto che potremmo dire che Amenábar si sia lasciato solo suggestionare dalla storia della giovane istitutrice di James e che abbia adattato solo l’ossatura del racconto. Ad accomunare la pellicola e il racconto troviamo l’immensa casa, che ha vita propria, in cui si muovono i personaggi.
Ma l’istitutrice è ben differente da Grace, essendo più propensa a credere nella presenza di spiriti malevoli dai quali deve proteggere i bambini affidati alle sue cure. Il finale del racconto lascia non pochi dubbi sull’affidabilità della narratrice e protagonista, che probabilmente ha inventato tutto a causa di alcune turbe mentali. Tuttavia alcuni avvenimenti e battute lasciano intendere che in realtà qualcosa di sovrannaturale c’era eccome. Insomma, i temi del sospetto e dello svelamento della verità (o, nel caso del racconto, di verità non univoche) accomunano The Others a Il giro di vite, seppur subiscano una differente declinazione.
In conclusione, dopo vent’anni dalla sua uscita, la pellicola stimola ancora interpretazioni e reazioni emotive molto forti, superando la prova del tempo… insomma, è come se The Others fosse restata in uno stato di sospensione, proprio come i suoi protagonisti.
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