“The Whale”, l’ultima pellicola di Darren Aronofsky, un film tanto intenso quanto sensibile.
Nel corso della sua gloriosa carriera, cominciata nel 1998 con “π – Il teorema del delirio”, Darren Aronofsky, regista classe 1969, ci ha mostrato più di una volta immagini tanto potenti quanto scioccanti. Basti pensare alla sequenza de “Il cigno nero” in cui Natalie Portman assume le sembianze di un ibrido tra cigno e umano eseguendo la danza della morte della principessa Odette (il Cigno Bianco). Oppure, alla folla infervorata che reclama il neonato di Jennifer Lawrence e Javier Bardem in “Madre!”. E ancora alla distruzione sia fisica che mentale di “Ram Jam”, il protagonista di “The Wrestler”.
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Visivamente difatti non ha mai avuto niente da invidiare a nessun collega. Neppure ad una leggenda come Stanley Kubrick, e “The Whale” è l’ennesima dimostrazione del grande talento del regista statunitense. Difatti, i 270 kg di Charlie (Brendan Fraser) sono forse una delle più immediate e sconvolgenti immagini create da Aronofsky.
Tratta dall’omonima opera teatrale del 2012 di Samuel Hunter, “The Whale” è la storia di un professore universitario che, a seguito di un tragico e traumatico evento, ha cominciato a soffrire di una grave forma di obesità. Per questo dirige il suo corso online tenendo la telecamera oscurata.
Incapace di compiere i gesti più semplici e naturali, costretto a muoversi con l’ausilio di un deambulatore e di una sedia a rotelle per obesi, e rinchiuso nel suo antro colmo di solitudine, vergogna e rimpianti, Charlie tenta in tutti i modi di trovare una sorta di redenzione cercando di riallacciare il rapporto con Ellie (Sadie Sink), la figlia, ormai adolescente, che ha abbandonato già da molti anni.
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Ambientato interamente nell’appartamento del protagonista, il quale ha deciso di nascondere il proprio aspetto al mondo intero, escluso pochi fortunati, “The Whale” si presenta come un prodotto molto simile nella tipica forma di Aronofsky. Anche se meno elaborato. Lo stile del regista infatti risulta inconfondibile, ma molto diverso dalle pellicole precedenti. Invero, se per Rem Jem e Nina Sayers, (la protagonista de “Il cigno nero”) la fisicità e l’avvenenza erano armi per poter ottenere il successo desiderato, per Charlie il proprio corpo è una prigione da cui cerca inesorabilmente di fuggire senza però trovare la forza per farlo.
Nonostante il suo desiderio di redimersi e salvare così la propria anima piuttosto che il proprio corpo, Charlie decide spontaneamente di celare il proprio aspetto al mondo intero. Rifiutando ogni genere di aiuto esterno che non provenga da Liz, la bravissima Hong Chau, infermiera, amica e unico punto di riferimento del professore.
Tuttavia, sebbene apparentemente Charlie accetti di buon grado la sua condanna, l’intensa interpretazione di Brendan Fraser, e il suo sguardo perennemente malinconico, trasmettono sentimenti del tutto differenti.
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Il desiderio di espiazione non basta a superare il disagio per un aspetto fisico che Charlie non è pronto a condividere. Tanto quanto il mondo non è pronto ad accettare. E, ovviamente, un regista fortemente allegorico e attento ai particolari come Aronfsky non manca di enunciare quella “maschera” dietro la quale Charlie decide di celare il proprio aspetto. Oscurando la telecamera e nascondendo la sua mole dietro ad uno schermo nero durante una lezione online con i suoi studenti.
Ecco quindi che “The Whale” e l’avversa situazione in cui si trova il protagonista diventa conseguentemente metafora di una società incapace di accettare il “diverso”. O meglio, chi ha difficoltà a relazionarsi con il mondo, e di soffermarsi, invece, di fronte all’ apparenza senza accorgersi della bellezza di un animo gentile e pronto a rischiare tutto per un ultimo, disperato e disinteressato atto d’amore.
L’obesità di Charlie è solo un enorme involucro in cui il regista decide di racchiudere l’indole di un uomo tanto grosso quanto generoso e sincero.
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Perfettamente diretto e ottimamente interpretato sia da Brendan Fraser che da Hong Chau e da una sorprendente Sadie Sink, “The Whale” è un film riflessivo, sebbene, a differenza dei precedenti lavori del regista newyorkese, risulti incredibilmente scorrevole.
Se con il suo immenso talento, troppo spesso sottovalutato, il protagonista de “La mummia” riesce a sorreggere sulle proprie spalle una sceneggiatura solida e ben scritta, le due attrici riescono a donare un ulteriore valore ad una pellicola in grado di colpire il cuore del pubblico. Invero, oltre ad una regia tanto claustrofobica, in quanto ambientato in un luogo tanto angusto per un uomo della stazza di Charlie, ma anche estremamente efficace, sono le interpretazioni a rendere “The Whale” uno dei drammi più intensi e sensibili del regista newyorkese.