“Se qualcuno non le racconta, le storie non esistono, mentre quelle realtà purtroppo si, esistono ugualmente. Se non ci si assume il diritto più controverso di poter raccontare tutto, lì inizia a morire la libertà…” (“Total Overfuck”)
La fama di Miguel Angel Martin precede la sua stessa opera e fa di lui un autore avvolto da una leggenda nera che, a torto o a ragione, lo rende emblema del complesso legame tra arte e censura. Il volume “Total Overfuck”, recentemente uscito per NPE editore, raccoglie quelle che possono essere definite le storie più estreme e violente del controverso artista spagnolo. Se da una parte il Time ha definito Miguel Angel Martin come il “miglior disegnatore europeo di fumetti”, a tal punto da essere annoverato tra i 50 disegnatori del secolo, dall’altra, la sua opera più emblematica, è stata definita come la più violenta e ripugnante mai disegnata. Miguel Angel Martin non risparmia nulla al lettore, lo colpisce, lo percuote, lo disgusta, lo disorienta.
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La brutalità, la violenza senza alcun tipo di filtro, la tortura, l’incesto, sono la cifra di questo viaggio agli inferi che il lettore intraprenderà.
Leggendo una tale quantità indistinta di aberrazioni, nasce spontaneo chiedersi fino a che punto sia lecito e consentito spingersi in nome della libertà di espressione. Si può realmente raccontare ogni cosa? Ci sono dei limiti? E, qualora ci fossero, chi li stabilisce? Secondo quali canoni e criteri?
Quando, a metà degli anni 90, parte delle storie contenute in questo volume fecero capolino nel mercato editoriale italiano, lo sdegno e lo sconcerto che suscitarono furono enormi, tanto da indurre il procuratore della Repubblica, presso il tribunale di Cremona, a disporre il sequestro immediato di tutto il materiale disponibile, impedendo così ogni forma di vendita e diffusione. Quello che ne seguì fu un vero e proprio processo ai danni dell’editore che aveva acquistato i diritti di pubblicazione dell’opera. Il caso acquisì presto un eco di tale portata da essere considerato, non a torto, parte integrante ed essenziale della storia della censura in Italia.
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Se è vero che Miguel Angel Martin e il suo editore Jorge Vacca furono esposti ad una gogna mediatica senza precedenti, allo stesso tempo, però, l’opera incriminata entrava di diritto nel regno iconico del Cult, come fumetto più controverso della storia. Come se non bastasse, un coro di voci autorevoli tra cui Milo Manara, Aldo Busi, Oliviero Toscani, si levarono in difesa di Martin e della libertà di espressione. Dovettero scorrere fiumi di inchiostro prima che venisse deposta una sentenza storica di rara acutezza in cui l’editore veniva assolto con formula piena. Le accuse andavano così a cadere, creando un precedente di non poca importanza per la libertà editoriale e artistica.
A distanza di venticinque anni dalla prima pubblicazione “Total Overfuck” torna a mettere alla prova la sopportazione dei lettori, in un volume che, oltre a contenere degli inediti, si avvale di un curatissimo apparato critico e documentaristico.
Ma qual è la percezione che oggi si ha di un’opera che negli anni 90 veniva considerata oltraggiosa e inaccettabile? Il suo effettivo valore è riconducibile unicamente al mero scandalo? Non credo sia così.
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Senza alcun compiacimento, con una cifra stilistica che ha come arma la freddezza del bisturi, Miguel Angel Martin ci mostra l’infinita banalità del male. La perdita totale di ogni umanità. Il vuoto assoluto che si esprime e manifesta in una violenza priva di qualsivoglia freno. Le sue non sono storie, ma rapidi flash, immagini fulminanti, che sconvolgono e atterriscono, che lasciano sempre una sensazione nauseante.
La nausea, però, non nasce dallo scandalo. Ma dalla sottile presa di coscienza che non esista aberrazione che no sia stata messa in pratica, che non trovi riscontro nel reale, e in quelle zone d’ombra che, in un certo senso, la nostra mente rifiuta di accettare come vere. I continui riferimenti ai Serial Killer più noti della storia della criminologia (tra i vari citati Ted Bundy) e alle loro abominevoli pratiche, non fanno altro che accentuare quella sensazione di disagio estremo. La verità è che non c’è niente che la mente possa partorire. Non esiste crudeltà, gesto osceno, tortura, violenza perpetuata, che l’essere umano non abbia già messo in pratica. E’ un pensiero atroce ma tristemente vero.
La violenza sta nell’uomo e non nell’arte che la rappresenta.
“Total Overfuck” è un viaggio disturbante che fa emergere parecchi interrogativi. E’ un volume che, nel bene e nel male, ha fatto storia, e chi avrà il coraggio di leggerlo capirà subito il perché…