Dalla morte di Mufasa alla Valle Incantata. Da Buffy The Vampire Slayer alla scarpetta nella salamoia. Tra cinema e serie tv.
Fin dalla tenera età, la maggior parte di noi millennials (e non solo), siamo stati cresciuti, con sommo interesse, guardando quei cartoni, principalmente prodotti dalla Disney, e gioendo alla sola visione di Biancaneve intenta a canticchiar “impara a fischiettar”, oppure osservando quei simpatici topolini intenti a confezionare l’abito per Cenerentola.
E ancora, le illusioni proseguono… Pinocchio che camminava a braccetto assieme ai gentil Gatto e alla Volpe. Che poi tanto “gentili e tanto onesti” non erano. Chi non ha mai nutrito in fondo all’anima di trovare la lampada di Aladdin ed esprimere i tre famosi desideri al Genio?
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Chi non ha mai desiderato volare verso l’Isola che non c’è assieme a Peter Pan? Noi, piccole e inconsapevoli che, la fregatura, poteva essere dietro l’angolo. Ovvero, una felicità apparente, ingannevole se vogliamo, che ci è stata indottrinata fin dall’età del ciuccio.
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Difatti, dietro a cotanta gioia, spensieratezza si nascondono dei terribili traumi. Ci vogliamo difatti soffermare su quanto sia stata inquietante (e tuttora lo è) la visione dell’anziana strega che, affacciata alla finestra della casetta dei nani, offre la mela avvelenata a Biancaneve, la quale, nella sua candida ingenuità accetta di buon grado. Era buona la mela, Biancaneve? Ah! Quanta ingenuità!

L’immagine di quella vecchietta è sicuramente una delle sequenze più angoscianti della nostra infanzia. Per non parlare del Chernabog, il ciclopico diavolo che in “Fantasia” governa e giustizia un’intera legione di demoni. Mannaggia a lui! Sfido chiunque ad affermare di non aver mai avuto gli incubi dopo aver visto l’enorme entità demoniaca danzare al ritmo delle sue malvagità.
E per quanto la morte di Mufasa sia una ferita ancora aperta, nonché una delle scene più tristi dell’intera storia dell’animazione con Scar che detiene ancora il titolo come “migliore fratello dell’anno”, vogliamo con sincerità e profondo dolore, ricordare la storica frase “lunga vita al re!”. Ma è innegabile che l’abbandono di Red nel film “Red e Toby nemiciamici” sia altrettanto malinconica. Anzi triste. Anzi… da lì in poi è nato il rifiuto nella vita di guardare un qualsiasi film dove il cane (si, al cane ci si affeziona di più) muore.
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Pensiamoci un po’. Con profonda riflessione possiamo ammettere che la Disney ha impresso nella mente, o meglio, nelle nostre più profonde paure, la perdita (o morte) di un genitore. Mufasa? La madre di Bambi? La madre di Dumbo?
Ma sono le scene in grado di trasmettere ansia e angoscia quelle che più di ogni altra riescono a causare quei traumi. Come non ricordare, quel senso di inspiegabile timore che ancora riesce a trasmettere la sequenza degli Elefanti Rosa in “Dumbo”? Oppure la storiella del Tricheco e il Carpentiere narrata da Pinco-Panco e Panco-Pinco in “Alice nel Paese delle Meraviglie”? Anche se alla sola visione di Pinco-Panco e Panco-Pinco, un individuo sensibile di cuore cade a terra traumatizzato.
Ma non dilunghiamoci oltre e ricordiamo quelle scene (tra cinema e serie tv) che, in qualche maniera, hanno traumatizzato la nostra esistenza. In ordine totalmente casuale.
1 – La morte della mamma di Piedino
Sono cosciente del fatto che far perire un genitore (o comunque una figura che ne fa le veci) abbia un forte impatto emotivo sul pubblico. Specialmente se il suddetto genitore muore lasciando un figlio solo al mondo, sotto la pioggia, che piange. È straziante. E difatti Walt Disney insegna.
E qui Don Bluth, che con la Disney ci aveva fin anche lavorato al film “Le avventure di Bianca e Bernie” (film tutt’altro colmo di allegria ma comunque tra i più emozionanti), prende appunti e crea nel film “Alla ricerca della valle incantata” la morte della mamma di Piedino, tra le scene animate più dolorose dell’animazione.
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2 – La scarpetta nella salamoia
E vogliamo parlare di quella scarpetta innocente usata come una vera e propria cavia a il Giudice Morton, a dimostrazione che la salamoia uccide i cartoni nel film “Chi ha incastrato Roger Rabbit?” La straziante scena tuttora risveglia un trauma mai sopito in noi poveri Millennials, testimoni di cotanta brutalità!

3 – Il vero volto della strega suprema
Chi fra voi ha mai visto il film “Chi ha paura delle streghe?”. Tratto dal romanzo di Roald Dahl“ The Witches”, pubblicato nel 1983, il film con Anjelica Huston (1990), segue le vicende di un ragazzino, Luke, poi tramutato in un simpatico topolino, e sua nonna Helga, alla ricerca delle streghe in cerca di bambini per rapirli per poi farli sparire con l’uso della magia.
Grazie alla chiara e mai banale morale della storia che ricorda ai bambini che mai e poi mai è bene fidarsi degli sconosciuti, anche se attirati da una barretta di cioccolato, “Chi ha paura delle streghe?”, oltre ad essere una pellicola estremamente gradevole, si richiama alla memoria principalmente per tre motivi: il vero volto della strega Suprema, interpretata da Anjelica Huston, la trasformazione di Bruno e il quadro di Erika.
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Per quanto la bellezza di Anjelica Huston sia stata per molto tempo indiscutibile, se siete deboli di cuore vi sconsiglio di proseguire la visione della trasformazione. O meglio, dello svestirsi. Giù parrucca e… faccia, si noterà un pesante ombretto grigio/azzurro e un naso talmente adunco che ricorderete in eterno. Come la gobba… e le unghie. Nere.
4 – la trasformazione di Bruno
Rimanendo in tema Streghe/trasformazione in topolino, se lo strip (chiamiamolo così) della strega Suprema è stato un Trauma, la trasformazione di Bruno, il povero amichetto d Luke è stata una sofferenza. Bruno, attirato dalla promessa di ricevere dei dolci dalla stessa Strega Suprema alla riunione di tutte le streghe d’Inghilterra, e avvelenato dalla stessa poche ore prima, inizia la sua trasformazione in topolino.
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Una trasformazione in cui siamo testimoni del ragazzino con le orecchie da topo che, avvolto da una nube verde, si riduce ad un roditore mentre le streghe che assistono all’incredibile evento ridono e si compiacciono.
5 – Il quadro di Erika
Il film può essere considerato “patrimonio dell’umanità” poiché avverte dei numerosi pericoli in cui un bambino, un ragazzino, può imbattersi lungo la strada. Incontrare sconosciuti che possono attirare il fanciullo ed offrire cioccolato, caramelle, un animaletto e qualsiasi altra cosa, purtroppo, è ancora all’ordine del giorno. Oppure rapiti e presi alla sprovvista come la piccola Erika. E fa rabbrividire il solo pensiero che la piccola sia stata rapita. E mai più ritrovata. O meglio. Erika, fungerà come esempio ad Olga, la nonna di Luke, allo scopo di avvertire il nipote dei pericoli in cui il ragazzino può inciampare. Non dare confidenza agli sconosciuti, per fare un esempio.
Erika infatti, rapita da una strega, si troverà catapultata in un quadro. E ad accorgersene, sarà suo padre, riconoscendo, incredulo, la figlia ritratta in un quadro in casa. Olga, amica di Erika, spiegherà a Luke, che la ragazzina nel corso del tempo si è ritrovata a crescere all’interno del quadro, facendosi ragazza e poi donna, e a cambiare fin anche posto all’interno del dipinto. Affacciata alla finestra, a dar da mangiare alle anatre.
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6 – Un corpo freddo – la morte di Joyce Summers
Ora concentriamoci su una delle morti televisive più traumatiche di sempre. Una morte che ha condotto la sua protagonista a crescere, a maturare sempre più giorno dopo giorno, con non poche difficoltà. La morte di Joyce Summers, la madre di Buffy. Joyce era una madre dolce, amorevole, e probabilmente, è anche per questo che la visione di quel corpo privo di vita, disteso su divano non ce la toglieremo mai e poi mai dalla mente.

L’episodio, intitolato “Un corpo freddo” è considerato tuttora tra i migliori della serie “Buffy the vampire slayer”. E per molti, compresa me, rappresenta una delle morti più memorabili dell’intera storia della serialità. Un colpo al cuore, all’anima, ai sentimenti. Un modo perfetto per rappresentare lo shock del lutto. Senza suoni, privo di colonna sonora. Pensateci bene. Buffy, torna a casa e, girando la testa, trova sua mamma priva di vita. Un corpo freddo che giace sul divano.
7 – La morte di Thomas
Quelle maledette api (riguardo a quel che accade nel film, s’intende). E quella maledetta volta in cui Thomas, il bambino più dolce del mondo, per amore della sua Vada, ha trovato la morte. E, a dirla tutta, è stato davvero lacerante. Assistere alla scena, trasmessa quel giorno in televisione. Credo di avere avuto un paio di cuscini che stringevo a più non posso, urlando, cercando di avvertire (ovviamente ero una bambina, chi lo sapeva che Thomas non mi avrebbe mai sentito?) il biondo ex Mamma ho perso l’aereo che non avrebbe dovuto dare quel calcio a quell’alveare!

Ma perché?! E insistere per cercare di trovare quell’anello.
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Ma straziante, oltre alla sua morte, avvenuta a causa dell’allergia alle api, è stata la reazione di Vada, suo primo amore e proprietaria dell’anello. Straziante è stato anche vedere Thomas, in quella piccola bara, e Vada che, disperata, tenta di parlare con il suo amico, perché Thomas da grande desiderava fare l’acrobata.
8 – La sigla di X – Files
Era il 1994 in Italia, se non ricordo male, un fine settimana. I tuoi genitori stanchi del lavoro da poco finito, vogliono sprofondare sul divano e rilassarsi di fronte alla televisione. Anche se sei piccolina, anche se hai quasi dieci anni, vuoi partecipare al relax collettivo del venerdì sera. E poi la tv si accende. E inizia il trauma del venerdì sera. X – Files. Ma non tanto per il telefilm (si, all’epoca le chiamavamo così le serie tv), quanto per la sua sigla! Ovviamente è una sigla bellissima, tanto quanto il telefilm.
Ma quando hai dieci anni (o poco meno) e hai paura a varcare soglie in un buio impenetrabile e anche dei pagliacci che spalancano la bocca stile pescecane (vi ricorda qualcosa?), sentire la sigla di X – Files si, mette i brividi. E non solo la componente melodica, che ripeto, è bellissima (ovviamente da adulta si apprezza in maniera differente). Quanto le immagini raffigurate all’interno della sigla. Immagini al neon, volti distorti, ombre che camminano nel buio e la coppia di detective più figa del mondo che avanza a rallenty.
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9 – La morte di Artax
A quanto pare è provato scientificamente che la morte, la perdita di un caro estinto, provochi sensazioni talmente catastrofiche in un essere umano da condurlo al pianto, oppure, appunto, al trauma. E quindi, di conseguenza, la morte di Artax, e quindi di un povero cavallo innocente (la inserirei al pari della perdita di un cane, come ad esempio in “Io & Marley”), ha provocato in tutti noi, un trauma enorme.
Tuttora nel riguardare la scena (qui trovate l’articolo di approfondimento) il tutto provoca una sensazione talmente disturbante che tu, spettatore, anche a distanza di più di un decennio, nutri la speranza che Artax si riprenda e che non ceda a quella orribile palude della tristezza.
10 – Howard Duck e le coccole con Lea Thompson
E qui ricordiamo una tra le scene più cult di sempre. Il momento in cui Lea Thompson ci prova con un papero. Già fu un dilemma capire in giovane età che Lorraine McFly ( Lea Thompson) non era ancora la madre di Marty ma che in futuro lo sarebbe stata. Perché ammettiamolo, quando tu piccolina (parliamo delle elementari o giù di lì) realizzi che la giovane Lorraine senza trucco altri non è che la mamma di Marty/Levis Strauss che, sottolineerei, sfacciatamente fa le fusa al giovane Marty, rimani un tantinello scioccata. Anche se ovviamente, Lorraine non lo sa.
Ma quando la giovane Beverly (sempre Lea Thompson) fa le fusa al papero Howard, ebbene, e fin anche lo bacia… e meno male che poi li fermano… qui la cara Lea Thompson ne è consapevole di dare vita ad una scena equivoca. Ed è subito trauma!
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11 – Dracula e Lucy
Per quanto Dracula di Bram Stoker possa essere considerato un’opera d’arte, c’è una scena troppo audace. Mi riferisco ovviamente alla scena in cui Dracula, interpretato da un superbo Gary Oldman, in fase di trasformazione, è una bestia pelosa e assetata di sangue… e di qualcos’altro, possiede la giovane Lucy. Ecco, sarò sincera. Ancora oggi, questa parte ha il potere di farmi distogliere lo sguardo.

12 – Linda Blair e la scesa delle scale
Sono fermamente convinta che Linda Blair, la ragazza che diede volto a Regan nel film “L’Esorcista” sia diventata un trauma per se stessa. Perché guardarsi in televisione (l’avrà fatto penso io, in fondo il film è del 1973!) sarà stato molto ma molto difficile. Difatti, la storia di Regan che viene posseduta dal diavolo, continua tutt’oggi a regalare traumi e notti insonni a chi si ritrova a guardare il film. Curiosità vuole che il primo giorno di riprese della sequenza dell’esorcismo, il monologo privo di freni inibitori della giovane attrice, confuse così tanto il grande Max von Sydow (che interpretava padre Lankaster), che l’attore si dimenticò le battute scritte sul copione.
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Ma “L’Esorcista” non è solo battute scurrili (per non dire di peggio). È difatti un agglomerato di scene che farebbe rabbrividire anche il più navigato dei film dell’orrore. Tanto da guardare il film (per i più coraggiosi) con due mani davanti agli occhi per la grande paura e impressione davanti ad alcune scene. Alcuni esempi? L’esorcismo stesso, oppure, quella che mi è rimasta più impressa nella memoria, dove Regan scende le scale all’indietro.

E per quanto la scena del piccolo e terrificante Alien danzante e dagli occhi rossi come il fuoco che fuoriesce dalla pancia di un tizio in una tavola calda e inizia a cantare “Hello my baby” possa rimanere nella mia mente in eterno, cosciente che nel cinema e nelle serie tv esistono moltissime altre scene che hanno traumatizzato molti noi appassionati, vorrei concludere con il trauma dei traumi. Colui che per decenni ha traumatizzato più di una generazione. Anche chi ha iniziato a leggere il libro di Stephen King, da cui il personaggio è stato tratto: IT.
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13 – It – Pennywise
Sapete, è strano venire a conoscenza che Tim Curry, il grande e immenso Tim Curry, colui che ha dato volto e voce alla mia paura più grande, quando ancora mangiavo i plasmon, in realtà anch’egli ha sofferto di coulrofobia (paura dei clown). È bizzarro, quasi paradossale. E difatti, pare che sul set della miniserie “IT”, l’indimenticabile miniserie anni ’90 che ha suscitato in noi poveri Millennials incubi su incubi, specialmente a causa di quel terrificante clown dai denti da pescecane, Tim Curry avesse stipulato un’importante clausola: non avrebbero dovuto esserci superfici riflettenti. Altrimenti Tim Curry si sarebbe fatto paura guardandosi allo specchio. Si, è paradossale.

Ad ogni modo, in questa ricerca dei nostri traumi infantili, o adolescenziali, se si parla di Pennywise, il clown nato dalla penna di quel geniaccio di Stephen King, è mio dovere citare ogni singola scena in cui il Clown assassino fa la sua apparizione. Ma non lo farò e mi concentrerò solo su quelle che mi hanno rimanere sveglia la notte. Come l’inizio, quando la bambina inizia a cantare e lui appare prima sorridente e poi minaccioso tra le lenzuola stese. Ovviamente assieme alla barchetta di Georgie, una scena ricordata da molti perché palesa la paura di ogni genitore. La figura di un uomo che cerca di innescare una conversazione con la propria vittima e poi, brutalmente, riesce a catturarla.
Le voci che Beverly sente attraverso il lavandino innescano una forte sensibilità a dover rimanere soli in bagno. E a proposito di bagno, la scena delle scene. Quando Pennywise fa capolino dal buco dello scarico dell’acqua allargandolo. Pennywise aprirà la bocca, spalancando un “meraviglioso” corredo di denti appuntiti alla pescecane. Eddie, impaurito alla vista del clown, si sentirà fragile, vulnerabile. Esattamente come Marion nella celebre scena in Psycho.