“Mona Lisa and the Blood Moon” convince il pubblico di Venezia 78, ponendosi in prima fila per la vittoria finale del Leone d’Oro.
Poco più di un mese fa, al Festival di Cannes aveva inaspettatamente trionfato “Titane”, il film horror diretto dalla regista francese Julia Ducournau. Ebbene, sembra proprio che anche alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, tra i grandi favoriti per la vittoria dell’ambito Leone d’Oro ci sia un horror. Ossia, “Mona Lisa and the Blood Moon” di Ana Lily Amirpour, già regista dell’apprezzatissimo film Netflix “The bad batch”, che nel 2016 le valse il Premio speciale della giuria proprio alla Biennale di Venezia.
Protagonista della storia è Mona Lisa (Jeon Jong–seo), una tredicenne asiatica con il poter di costringere gli altri a fare tutto ciò che ella vuole. Una volta fuggita dall’infernale centro per bambini con problemi psichici in cui era stata rinchiusa, incontrerà una serie di singolari personaggi: un poliziotto ossessionato dal desiderio di arrestarla (Craig Robinson); uno spacciatore che ama tenersi in forma (Ed Skrein); e soprattutto Bonnie (Kate Hudson), una lap dancer con figlio a carico, decisa a sfruttare il potere della ragazza.
Dopo “The bad batch”, la regista anglo-americana di origini iraniane, torna a mescolare l’horror con la fantascienza senza rinunciare al suo tipico tratto autoriale.
Nel quinto giorno della kermesse veneziana è quindi “Mona Lisa and the Blood Moon” ad essersi conquistato il plauso di critica e pubblico, nonostante abbia dovuto affrontare la concorrenza di “Sundown”, il film con protagonista Tim Roth; e “Illusions Perdues”, diretto da Xavier Giannoli.
Dopo il successo del 2016, la Amirpour torna a Venezia con un’altra pellicola la cui protagonista è un’ eroina che affronta i problemi di una realtà moderna e distorta; come dichiarato da lei stessa sul sito della Biennale di Venezia:
“Crescendo in America, ho sempre avuto la consapevolezza di essere un outsider. Venendo da un altro luogo e parlando una lingua diversa, è stato difficile ambientarmi. I film fantasy che amavo da bambina avevano la capacità di dare potere all’outsider; gli eroi che trovavo in quei film mi facevano uscire dall’ombra e alimentavano la mia ricerca di libertà personale. Nei miei film l’antagonista assoluto è il sistema; il modo in cui ci costringe ad assumere certi comportamenti, incidendo sulla visione che abbiamo gli uni degli altri e sul nostro senso di appartenenza a un luogo. Con Mona Lisa, volevo creare un nuovo tipo di eroe che affronta i problemi di una realtà moderna e distorta. Una favola-avventura per esplorare ciò che la libertà personale rappresenta all’interno di una società caotica, in cui è difficile sentirsi liberi.”
La Mostra Internazionale del Cinema di Venezia sta dunque entrando nella fase più calda.
Nei giorni passati difatti al Lido sono arrivati illustri personaggi del mondo del cinema internazionale. Come Denis Villenueve assieme a Zendaya, Thimothée Chalamet e tutti gli altri protagonisti dell’attesissimo “Dune”, su cui vige la regola della segretezza fino alla sua data di uscita, ovvero il prossimo 16 settembre 2021.
Inoltre, durante il fine settimana sono state proiettate pellicole che potrebbero dare del filo da torcere a “Mona Lisa and the Blood Moon”, come “Spencer” di Pablo Larraìn, con Kristen Stewart nei panni della bellissima Lady Diana; e “The Lost Daughter”, che sancisce l’esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal. Infine, nella città lagunare, sono giunti il regista Edgar Wright e l’attrice Anya Taylor–Joy per presentare (fuori concorso) “Last night in Soho”, un thriller psicologico dalle chiare tinte horror, decisamente lontano dalle precedenti pellicole del regista di “Baby Driver” e “Scott Pilgrim vs The World”. Una pellicola a cui Wrigth tiene molto, come traspare dalle parole riportate su Best Movie:
“Volevo raccontare una storia che, prima di tutto, spaventasse me e sulla quale valesse la pena lavorare per dieci anni. E desideravo girare un film a Soho, nel pieno centro di Londra, dove erano molti anni che non si girava un film”.
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