Secondo lungometraggio di Maura Delpero, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, “Vermiglio” è un’opera d’arte.
Come si descrive un quadro? Come si può percepire la bellezza senza tempo di un’opera statica ma allo stesso tempo colma di significato?
I colori dei paesaggi, il tratto caratteristico del pittore, le espressioni e le movenze dei personaggi raffigurati e, soprattutto, il significato che dietro ad essi si nasconde. Guardando le immagini dipinte infatti si possono cogliere le sfumature de “I Papaveri” di Claude Monet (per esempio) e percepire i passi e l’andatura della donna e del bambino al centro dell’opera. Fissando “La Gioconda” di Leonardo Da Vinci si ha l’impressione che la donna raffigurata ti stia guardando di rimando. E potremmo guardare per ore “La notte stellata” di Vincent Van Gogh assaporando tutta la calma e la tranquillità che essa riesce a trasmettere.
Ogni quadro, ogni dipinto, racconta quindi una storia. La storia di un pittore, o di un periodo storico o, ancora, del paesaggio e di coloro che l’artista ha deciso di immortalare. Per sempre.

Ecco, guardare “Vermiglio” è come guardare una parete tappezzata di quadri in movimento che raffigurano paesaggi, persone e situazioni di un’Italia che ormai appartiene ad un tempo remoto. Ma “Vermiglio” non è solamente questo. È una storia d’amore, di sguardi fugaci e di sentimenti inespressi.
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Ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, sui monti del Trentino, in una zona rurale, dove le persone vivono di quel che coltivano. Un paesino remoto, immerso tra le vallate innevate, dove neppure l’esercito crucco riesce ad arrivare. Ma dove non arrivano i soldati, arriva la Guerra. Il Conflitto Mondiale invero, anche se non viene mai palesato attraverso scene di bombardamenti, di scontri a fuoco o di passaggi dei carri armati, si percepisce ad ogni scena. La Guerra come una gigantesca ombra che incombe sugli abitanti di Vermiglio.
Nell’avvolgente bianco delle nevi che coprono i monti del Trentino si sviluppa la storia dei Graziadei, una delle famiglie più numerose di Vermiglio che, come ogni altra, subisce le conseguenze della guerra. E mentre Cesare, il capofamiglia nonché insegnante di Vermiglio, tenta di istruire i suoi concittadini, nel paesino giunge un soldato siciliano in fuga che stravolge la vita della famiglia Graziadei. Soprattutto quella della figlia maggiore, Lucia.
Alla sua seconda esperienza da regista, e da sceneggiatrice in questo caso, Maura Delpero confeziona un’opera d’arte. Invero, ogni inquadratura, nella sua staticità, rappresenta il quadro di un paesaggio in cui i personaggi si muovono, si evolvono e prendono delle decisioni importanti sulla propria vita.
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La straordinaria fotografia di Michail Kričman riesce ad incorniciare la Valle del Sol in una serie di immagini degne dei migliori pittori, valorizzando sia le immense ed austere montagne sia gli spazi più addensati, come la casa dei Graziadei, l’aula scolastica e il piccolo bar dove si riuniscono le vecchie glorie di Vermiglio. In virtù di una fotografia tanto suggestiva, Maura Delpero si affida ad una regia a cui non servono movimenti di macchina o improvvisi colpi di scena per far immergere lo spettatore nella realtà che i personaggi stanno vivendo.

Invero, sono proprio i personaggi, caratterizzati al limite della perfezione, a rendere “Vermiglio” un affresco storicamente accurato di un’Italia devastata dagli orrori della guerra. Recitato completamente in dialetto, il film vincitore del Leone d’Argento, diventa quindi una testimonianza, nonché un’opera d’arte di inestimabile valore. Un documento che racconta le ideologie (politiche e religiose), i timori e le convinzioni di un’epoca piuttosto che di un paese.
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La sceneggiatura, scritta da Maura Delpero stessa, rivela possedere una sensibilità tanto profondo da risultare quasi destabilizzante. Invero, per quanto i dialoghi possano sembrare non troppo impegnati, anche se colmi di significato, è il modo in cui i vari personaggi si esprimono a rendere la scrittura della regista trentina unica nel suo genere.
Mentre in tutto il mondo si combatte il più tremendo conflitto di tutti i tempi, i bombardamenti scuotono le fondamenta del mondo intero. E le vittime scappano, gridano e si dimenano nel dolore, a Vermiglio nessuno urla. I protagonisti infatti si esprimono sussurrando, enunciando sottovoce le proprie idee e i propri pensieri, nascondendo le loro emozioni dietro ad una lettera, un diario, un confessionale o una canzone.
Ed è dietro a questi sussurri, a questi sentimenti inespressi e obbligatoriamente celati a causa di un pregiudizio che, negli anni della Seconda Guerra Mondiale, era più vivo che mai, soprattutto nei piccoli paesi come Vermiglio, che si nasconde la grandezza della pellicola di Maura Delpero. Profondo, riflessivo e evocativo “Vermiglio” è uno di quei film necessari che, nella sua semplicità, riesce a far bene all’anima. E, allo stesso tempo, a documentare le ansie e i sentimenti di chi ha vissuto gli anni del Secondo Conflitto Mondiale.
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Di seguito il Trailer di “Vermiglio”.
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