La Walt Disney Company ci ha fatto divertire, emozionare, ridere e gioire. Ma quali sono i Classici più tristi??
Fondata nel 1923, la Walt Disney Company ci ha abituato a lungometraggi animati di alta qualità. Da “Biancaneve”, il primo dei Classici datato 1937, fino ai film recenti come “Zootropolis” o “Wish”. La Casa delle Idee ci ha fatto divertire è appassionare raccontando molteplici avventure: una sirenetta curiosa della vita sulla terra; un garzone che d’improvviso si troverà tra le mani una lampada magica; una ragazza che perderà la sua scarpetta di cristallo; un fuorilegge che si troverà costretto a rubare ai ricchi per dare ai poveri. Il tutto prendendo ispirazione dalle fiabe più famose, dalle leggende più remote e dai romanzi provenienti da ogni parte del mondo.
Tra i più divertenti possiamo citarvi “Aladdin”, con un personaggio come il Genio (doppiato in originale dal compianto Robin Williams) che è un concentrato di umorismo, magia e simpatia. Oppure “La spada nella roccia”, con quella indimenticabile risata di Anacleto, “un gufo altamente istruito”. E ovviamente “Hercules”, con quel concentrato di divina stupidità di Ade.
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Ma quali sono invece le pellicole che invece di trasmettere un senso di allegria e divertimento, hanno il grande pregio di infondere una grande tristezza? Ma restano comunque meravigliosamente indimenticabili?
Molti vi citeranno “Il Re Leone”, un capolavoro di animazione e trama datato 1994. Certo, la morte di Re Mufasa di fronte agli occhi di suo figlio, il piccolo Simba, è sicuramente una delle sequenze più traumatizzanti della storia dei Classici Disney. Tuttavia, tratta in parte dall’ “Amleto” di William Shakespeare, quella de “Il Re Leone” è la storia di una vendetta e di un leoncino che, una volta divenuto adulto, reclamerà il proprio posto sul trono della Rupe dei Re.
Altri invece potrebbero sostenere che sia “Bambi” uno dei Classici più tristi. Eppure, per quanto l’uccisione della povera madre di Bambi sia assolutamente ansiogena e, suo modo, estremamente macabra, quella dedicata al piccolo cerbiatto è una bella storia di crescita e di presa di coscienza. Bambi perde la madre, uccisa da un cacciatore. Ma cresce assieme al padre e circondato da amici fidati come Tamburino e Fiore, diventando un cervo forte e in salute.
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Probabilmente, con queste affermazioni ho intaccato la vostra coscienza. E, forse, stuzzicato la vostra curiosità. Quali sono quindi, secondo noi, i film che all’interno dell’universo di Walt Disney, i lungometraggi più tristi? In ordine cronologico.
1 – Dumbo (1941)
Chi, se non il piccolo Dumbo, l’elefantino volante, potrebbe trasmettere tanta tristezza. Figlio di un’elefantessa costretta a lavorare in un circo itinerante, Dumbo è nato con una particolarità piuttosto evidente: le sue orecchie sono enormi.
In futuro tale aspetto lo aiuterà a volare, cosa insolita per un elefante. Ma quando per la prima volta si troverà a partecipare ad uno spettacolo del circo verrà preso di mira da un gruppetto di stupidi ragazzini che lo sbeffeggeranno e lo maltratteranno. Tanto da istigare la furia dell’elefantessa.
Per tal motivo verrà allontanato dalla madre crescendo in solitudine. Il suo unico amico è un topolino di nome Timoteo. Purtroppo questo, è solo l’inizio di una lunga serie di tristi vicende. A causa delle sue grandi orecchie, prima che impari a volare, Dumbo viene bistrattato, seviziato e preso in giro da chiunque, persino dai suoi simili.
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E per quanto sia divertente vedere quei pachidermi terrorizzati a causa di un piccolo topino, la scena in cui Dumbo si reca dalla madre, rinchiusa dentro una piccola gabbia è davvero straziante. L’elefantino infatti, sentendosi solo e abbandonato, dopo l’ennesima derisione, fa esattamente quello che farebbe ogni bambino: cerca conforto tra le braccia della madre. L’immagine del piccolo elefantino che, piangendo, stringe la proboscide dell’elefantessa è infatti un colpo al cuore.
2- Le avventure di Bianca e Bernie (1977)
Quella di Bianca e Bernie, i due topolini agenti della Società Internazionale di Salvataggio, all’apparenza potrebbe non sembrare così tanto triste. E potrebbe anche essere giusto come pensiero. Bianca e Bernie infatti conducono una vita piuttosto felice. Soprattutto dal momento in cui vengono selezionati per lavorare insieme.
Quella che è triste è la storia della piccola Penny, un’orfana che vive in un istituto e che vive con la speranza di essere adottata da due genitori amorevoli. Ma ogni volta che qualcun altro viene scelto al posto suo, la piccola comincia a coltivare il pensiero che non troverà mai una famiglia.
E come se non bastasse, oltre ad un vecchio gatto di nome Rufus, il suo unico amico è un peluche da cui Penny non si stacca mai.
Rapita da una ripugnante donna che si fa chiamare Madame Medusa, allo scopo di sfruttare la minutezza del suo corpo per farla scendere in una grotta sotterranea e trovare un enorme diamante chiamato l’Occhio del Diavolo, Penny sarà costretta a vivere reclusa in una fatiscente barca. Nel bel mezzo di una putrida palude.
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Sorvegliata da due crudeli alligatori, la vita di Penny si farà sempre più triste. Soprattutto a causa dei soprusi subiti dalla sua aguzzina, la quale le sputerà addosso una frase talmente crudele che nessun essere umano, figuriamoci un bambino vorrebbe mai sentirsi dire: mai nessuno vorrebbe mai una bambina come lei.
Certo, la storia di Penny avrà comunque un lieto fine perché verrà salvata da Bianca e Bernie. Ed essere così finalmente adottata. Ma è indubbio che la storia di Bianca e Bernie sia una delle vicende più tristi prodotte dalla Casa di Topolino.
3 – Red e Toby nemiciamici (1978)
Ecco una pellicola che non è assolutamente adatta ai deboli di cuore. “Red e Toby nemiciamici” si apre con la morte della madre del piccolo Red, un cucciolo di volpe rossa che rimane completamente solo, abbandonato a sé stesso e spaventato. Fino a quando, grazie allo zampino di un gufo che risponde al nome di Gran Ma’, non viene trovato dalla signora Tweed, un’anziana vedova proprietaria di una fattoria, che decide di prendere con sé la volpe.
Certo, come Bambi, Red cresce in mezzo a molti amici, come Cippi e Sbuccia, un passero e un picchio ossessionati dalla cattura di un bruco che continua a sfuggir loro. Ma, soprattutto, fa la conoscenza di Toby, il nuovo cane da caccia del vicino della Signora Tweed, Amos.
Sembra tutto perfetto, ma l’idillio ben presto giungerà al termine. La povera vedova infatti sarà costretta a riportare Red nel bosco, dove dovrà abbandonarlo. Quello scambio di sguardi, con gli occhi pieni di lacrime dell’anziana e l’espressione attonita e persa del povero Red, riesce a tramettere tutto lo sconforto provato dai due personaggi.
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La donna è infatti avvilita. Infatti, nel tentativo di salvare la volpe, a cui è tanto affezionata, dalla grinfie di Amos e del suo cane Fiuto, è costretta ad abbandonarla e la lascerà al suo destino. Red, come era successo in occasione della dipartita della madre, si trova nuovamente solo. In un ambiente ostile. E dove nessuno, sembra voler avere a che fare con lui.
4 – Il gobbo di Notre Dame (1996)
Quasimodo è un bambino nato deforme e costretto a crescere con il crudele giudice Frollo, l’uomo che ha ucciso i suoi genitori, e che, a causa del suo mostruoso aspetto, lo confina a vivere tra le mura di Notre Dame, impedendogli di uscire dalla cattedrale e rivelare la sua esistenza al mondo.
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Quasimodo cresce quindi in uno stato di isolamento, senza avere alcun rapporto umano con nessuno, se non con il suo perfido tutore, con tre simpatici gargoyle e con le campane, alle quali assegna un nome ciascuna.
Quando disobbedirà agli ordini di Frollo e metterà finalmente piede fuori dall’immensa cattedrale per partecipare alla Festa dei Folli, una grande festa in maschera, Quasimodo verrà premiato volto più brutto di Parigi. Dopo aver vinto il concorso, nonostante la sua riluttanza a partecipare, sembra che il popolo accetti senza alcun problema il suo aspetto grottesco reso ancora più strambo dalla sua enorme gobba.
Ma dopo qualche minuto di gloria, il povero Quasimodo verrà prima deriso dalle guardie del giudice Frollo e poi legato su un’enorme ruota nella piazza della città, dove verrà sbeffeggiato dall’intera folla che inizierà a lanciargli addosso cibo marcio. Il tutto sotto gli occhi indifferenti di Frollo, che ignorerà completamente le suppliche di aiuto del suo figlio adottivo.
Una sequenza veramente straziante che mette in mostra tutta la cattiveria e l’intolleranza di cui è capace il genere umano.
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Ma non solo. In occasione della Festa dei Folli, Quasimodo entra in contatto con Esmeralda, una bellissima gitana dai capelli neri e gli occhi verdi. Bastano pochi secondi e il cuore del gobbo comincia a battere per l’avvenente zingara. Purtroppo per lui, non ricambierà il suo amore. Esmeralda si legherà sentimentalmente a Febo, l’ex capitano delle guardie di Frollo.
Ferito, il povero Quasimodo si sentirà distrutto, e non mancherà di manifestare la propria tristezza, anche se, alla fine, sarà costretto ad accettare la storia tra Esmeralda e Febo.
5 – Koda fratello Orso (2003)
Sui monti dell’America del Nord, ai tempi delle ere glaciali e dei mammut, vive una tribù Inuit di cui fanno parte Kenai, Denahi e Sitka, tre fratelli rimasti orfani anni addietro. Dopo il sedicesimo compleanno di Kenai, il più piccolo dei tre, Sitka, il più grande dei tre fratelli, si sacrifica per salvare i suoi fratelli da un feroce orso.
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Così Kenai decide di vendicarsi e, dopo aver ucciso l’animale, viene lui stesso trasformato in un orso. Il giovane intraprende quindi un viaggio per raggiungere la “Montagna dove le luci toccano la terra”. Il luogo magico dove gli spiriti dei suoi antenati potranno spezzare l’incantesimo.
Durante il cammino però incontra un cucciolo che risponde al nome di Koda. Questi afferma di sapere dove si trova la mistica Montagna e si offre di accompagnare il suo nuovo amico, poiché non è lontano dal Raduno del Salmone, ossia un annuale riunione di orsi provenienti da ogni parte dei monti e dove il piccolo spera di ritrovare la madre, da cui si è separato pochi giorni prima.
Ma purtroppo, una volta giunti al raduno, Koda si rende conto che sua madre non c’è. Decide quindi di raccontare a Kenai di come l’orsa si sia allontanata per poter proteggere il suo cucciolo e affrontare un feroce cacciatore.
Solo allora il giovane Inuit si rende conto di essere lui il cacciatore a cui si riferisce il piccolo Koda. E che sua madre altri non era che l’enorme orsa che aveva ucciso per vendicare la morte del fratello.
Quando confesserà il tutto al cucciolo il poveretto sprofonderà in un vortice di disperazione e tristezza. E lentamente prenderà coscienza che non rivedrà mai più la madre e che ormai è rimasto solo al mondo. Una storia struggente e tristemente cruda, anche se alcuni risvolti sono veramente originali e divertenti.
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