Da “Twin Peaks” a “Lost”, da “Alive” a “Yellowjackets”, la nostra opinione sulla serie gioiello di ShowTime.
L’8 aprile del 1990, sul canale della ABC, andò in onda la prima puntata de “I segreti di Twin Peaks”, una serie scritta e ideata da David Lynch e Mark Frost. Indugiare sulla trama di un simile prodotto sarebbe pleonastico. Chiunque abbia avuto modo di guardare l’opera televisiva di Lynch difficilmente si scorderà le vicende legate all’omicidio di Laura Palmer. Se in caso contrario ci fosse qualche miscredente che ancora si rifiuta di ammirare una simile opera, allora non merita che gli venga rivelato niente.
Vi basti sapere che dopo quel’8 aprile di trentadue anni fa, nel mondo della serialità c’è stato un A.T.P. (Avanti Twin Peaks) e un D.T.P. (Dopo Twin Peaks).
Ma perché la serie di Lynch e Frost è stata così tanto importante?
Prima dell’avvento dell’agente Speciale Dale Cooper (Kyle MacLachlan), i telefilm si dividevano sostanzialmente in due macro categorie. La prima di esse comprendeva tutte quelle serie i cui protagonisti erano poliziotti, avvocati e medici, e tutto ciò che faceva parte del genere SciFi, mettendo in scena una sequela di puntate con il medesimo schema narrativo. Dall’altro lato c’erano le soap opera e le comedy. Pur facendo parte di una trama più ampia, tali serie TV offrivano una sequela di episodi autoconclusivi. Inoltre, erano tutti caratterizzati da uno schema ben preciso che prevedeva una qualsivoglia risoluzione al termine di ogni puntata.
“I segreti di Twin Peaks” sconvolse del tutto questa concezione, aggiungendo ad ogni episodio dei punti interrogativi, che avrebbero trovato risposta solamente durante lo svolgimento dell’intera stagione, o della serie stessa.
Dopo l‘avvento de “I segreti di Twin Peaks”, le serie TV subirono una notevole evoluzione, ma ben poche riuscirono a eguagliare per innovazione e originalità l’opera di Lynch e Frost. Una di queste fu “Lost”, ossia il disastro aereo più famoso della televisione, ideato dal genio di J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber.
Per chi non lo sapesse, “Lost” è la storia di un gruppo di superstiti che, a seguito del crollo dell’aereo, si troveranno costretti a cooperare per sopravvivere su una misteriosa isola del Pacifico.
E se “I segreti di Twin Peaks” riuscì a creare un format che prevedeva una collegamento episodio dopo episodio, “Lost” fece un uso della narrazione orizzontale unico nel suo genere. Difatti, grazie al costante uso dei flashback, gli autori riuscirono a creare due linee temporali, dando modo ad ogni personaggio di sviluppare una propria importanza all’interno della vicenda.
Non sarebbe quindi sbagliato affermare che, se “I segreti di Twin Peaks” e “Lost” non fossero approdate sulla rete della ABC, molte serie di oggi non avrebbero mai visto la luce.
Due tra le serie prodotte fra il 2020 e il 2021, che potrebbero essere tra le migliori opere degli ultimi tempi, a subire l’influenza di “Lost” sono senza dubbio “The Wilds” e “Yellowjackets”. Sebbene in un primo momento queste due serie TV possano sembrare simili tra loro, è bene sottolineare fin da subito che si tratta di due storie completamente diverse. Entrambe raccontano le vicende legate ad un gruppo di liceali che, loro malgrado, dovranno trovare il modo di restare vive in un ambiente ostile e apparentemente disperso nel nulla, a seguito di un incidente aereo. Ma gli sviluppi delle due trame saranno del tutto differenti.
Strizzando l’occhio ad “Alive – Sopravvissuti”, film classe ’93, ispirato alla storia vera del disastro aereo delle Ande (a cui “Yellowjackets” fa cenno), le protagoniste di “Yellowjackets” sono una squadra di calcio femminile in trasferta in procinto di partecipare ai campionati nazionali. Ma ritrovatesi in un luogo disperso tra i monti, saranno catapultate in un’inquietante dimensione onirica, apparentemente, senza via d’uscita.
Una delle particolarità di “Lost” era quella di alternare presente e passato, mostrandoci sia la permanenza sull’isola dei sopravvissuti, sia la vita che conducevano prima che avvenisse il disastro aereo.
Al contrario “Yellowjackets”, ambientato tra la fine degli anni ’90 e i giorni nostri, mette in scena sia le avversità che le giovani donne hanno dovuto affrontare per sopravvivere sperdute nel nulla, che la vita che da adulte sono state costrette, loro malgrado, a condurre, tra traumi mai superati e un passato che torna inevitabilmente a tormentare le loro esistenze.
Il tutto dopo venticinque anni da quel terribile incidente.
Grazie ad una scrittura fluida e una sceneggiatura che oscilla tra l’horror e il thriller psicologico, “Yellowjackets” trova uno dei suoi maggiori punti di forza, non solo nel fattore nostalgia che con la colonna sonora riporta alla luce alcuni dei più celebri successi anni ’90, ma, soprattutto, nella caratterizzazione dei personaggi. Difatti, il trauma che le ragazze subiranno durante la permanenza tra i boschi, segnerà indelebilmente la loro crescita e, una volta divenute donne, la loro lucidità. E, nonostante la trama risulti essere tanto coinvolgente quanto inquietante, merito del successo di “Yellowjackets” è nelle interpreti. Spiccano, tra un’aspirante politica e una casalinga che più che disperata definirei inappagata, Juliette Lewis e Christina Ricci. Una coppia che, in più di un’occasione, ha dimostrato di essere capace di cogliere l’attenzione e, talvolta, le risate dello spettatore.
La prima stagione di “Yellowjackets” viaggia di pari passo sia sui binari dell’occultismo sia su quelli del thriller soprannaturale, in cui il mistero che attanaglia il passato e il presente delle protagoniste rimane ancora avvolto nel mistero. Un espediente questo che, naturalmente, aggiunge una certa dose di curiosità e aumenta l’attesa sulla seconda stagione (già confermata). E quel finale di stagione in cui ogni cosa diventa sempre più enigmatica riesce a cogliere l’attenzione lasciando lo spettatore con una serie di domande che, almeno fino all’uscita della seconda stagione, sono destinate a restare senza risposta.
Difatti, considerati tutti i punti interrogativi rimasti in sospeso, sembra quasi che questa prima stagione sia solamente il prologo di una storia che ha ancora tanto da raccontare.
Di seguito, il Trailer della prima stagione.
SPOILER
Se non avete visto la prima stagione di “Yellowjackets” vi sconsigliamo di proseguire con la lettura.
Come abbiamo anticipato, molti sono i quesiti che la prima stagione di “Yellowjackets” ha lasciato in sospeso. Quello che sappiamo per certo, almeno per adesso, è che le sopravvissute al disastro aereo sono quattro, ossia Taissa (Tawny Cypress), Shauna (Melanie Lynskey), Misty (Christina Ricci) e Natalie (Juliette Lewis). Proprio quest’ultima pare che abbia avuto un ruolo fondamentale nella sopravvivenza delle ragazze disperse tra i boschi.
Ma oltre a ricoprire il ruolo della cacciatrice, colei che procurava il cibo, quale potrebbe mai essere il suo grande merito? Da chi (o da cosa) le avrebbe salvate?
Nella sequenza finale abbiamo appreso che anche Lottie, una Yellowjacket con dei particolari poteri da sensitiva, è sopravvissuta all’inferno del disastro aereo. La serie lascia intendere che, durante i mesi passati tra i boschi, la ragazza abbia notevolmente affinato le sue doti da medium. Anche se non ci è dato sapere se sia o no guidata da un’entità soprannaturale, pare proprio che, grazie alla sua influenza, sia riuscita a coinvolgere alcune compagne nella creazione di una setta fondata su una serie di orripilanti rituali, come il cannibalismo e i sacrifici umani. Una setta che, probabilmente, è ancora attiva venticinque anni dopo l’incidente e verrebbe da pensare che ci sia proprio Lottie dietro all’omicidio di Travis. È quindi lecito chiedersi: è possibile che Natalie, in qualche modo, abbia salvato Shauna, Taissa e Misty dall’assurda setta creata da Lottie?
In tutto questo c’è un’unica costante, ovvero il simbolo che le ragazze avevano trovato nella foresta e che, venticinque anni dopo, continua a perseguitarle. Infatti, non solo Jeff lo userà per ricattarle, ma Misty lo individuerà tra le foto rilasciate dopo la morte di Travis, riuscendo a dargli una forma (anche se questa sequenza potrebbe risultare un po’ forzata) unendo alcune macchie di cera intraviste sotto al corpo di Travis. Non solo.
Lo ritroveremo dipinto su un muro in casa di Taissa. Che se ne sia servita per vincere le elezioni?
Ma a chi appartiene realmente questo simbolo? Qual è il suo reale significato? E quali sono i poteri che ne derivano?
Il sonnambulismo di Taissa è riconducibile al disastro aereo oppure ha radici legate alla storia della sua famiglia? Ricordiamo infatti che, durante la stagione, ci viene mostrato un frammento dell’infanzia di Taissa in cui, assieme a sua nonna morente, vedrà lo spettro di un individuo senza occhi.
A questo punto verrebbe da chiedersi: è se fosse proprio Taissa la vera cattiva? Se fosse Taissa il lupo in mezzo alle pecore e Lottie il pastore che tenta di proteggere il suo gregge?
Non dimentichiamoci che Lottie, fin da bambina, ha usufruito dei suoi poteri da medium per aiutare coloro a cui teneva. Difatti, Lottie dona a Van (Liv Hewson) un ciondolo che, poco dopo, la proteggerà dalla furia di Taissa. Senza quel ciondolo, probabilmente, Van sarebbe morta. Ma tutto quello che al momento possiamo dedurre è che Lottie, durante la permanenza nei boschi, fosse guidata da un’entità oscura.
Come abbiamo già scritto, il finale della prima stagione lascia molti punti interrogativi senza risposta, oltre a quelli di cui abbiamo già scritto. Che fine avrà fatto Javi, il fratello minore di Travis, scomparso misteriosamente tra i boschi? Chi era veramente Adam, l’amante di Shauna, e quale sarà la sua importanza all’interno della storia? Di chi era lo scheletro che le Yellowjackets trovano nella baita? Shauna avrà partorito il bambino/a che aspettava? Le Yellowjackets sono veramente sole in quel luogo senza nome? E, soprattutto, oltre a Natalie, Shauna, Taissa, Misty, Lottie e Travis, chi altro sarà sopravvissuto?
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