Migliore della seconda ma deludente rispetto alla prima. Poche serie tv al giorno d’oggi (e credetemi, ne ho viste davvero tante), mi hanno deluso come guardare la seconda e questa terza stagione delle Yellowjackets. Ma sarà davvero tutto da cestinare?
Andiamo per gradi.
“Yellowjackets” segue il filone iniziato anni addietro dal romanzo di William Golding “Il signore delle mosche”, e perseguito dal capostipite del genere, ovvero Lost. Poi molte altre serie tv hanno osservato l’andamento narrativo di genere e creato storie che rispecchiassero in qualche modo la storia creata dalla mente di Golding. “The Wilds”, per fare un altro esempio. E, più recentemente, “Yellowjackets”, dove però la componente misteriosa e horror (se così si vuol definire) rispecchia la componente teen onorata all’interno della serie.
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Ma facciamo un piccolo riassunto. Siamo negli anni ’90. Un gruppo di giovani donne, una squadra di calcio femminile, chiamata Yellowjackets, in trasferta sopravvive ad un incidente aereo. Le ragazze, rimaste isolate nelle terre dell’Ontario in attesa dei soccorsi, nel corso del tempo in cui saranno costrette a sopravvivere con ogni mezzo a loro disposizione, compiranno atti indicibili per restare in vita. Venticinque anni dopo, le poche superstiti, saranno costrette a confrontarsi nuovamente con il loro passato e con tutto il male a cui hanno dato vita.
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Il concept iniziale ha intrigato moltissimi fan non appena la serie ha debuttato con la prima e interessantissima stagione, con risvolti horror davvero inaspettati. Ma con il prosieguo, avvenuto circa due anni dopo la prima stagione, le aspettative che garantivano una enorme qualità del prodotto, sono drasticamente calate a causa di una sceneggiatura non all’altezza di quanto promesso. Ma se la seconda stagione peccava nel fornire qualche importante spiegazione sull’andamento di una narrazione fin troppo prolissa, la terza prova a garantirne un chiarimento, ma pecca nella qualità.

Mi spiego meglio.
Con la perdita di personaggi fin troppo importanti per la storia (vedi Natalie, interpretata da una bravissima Juliette Lewis), la sceneggiatura delle Yellowjackets smarrisce la retta via, perdendo grinta, carattere e senso logico. Il presente, quindi, è quello che ne risente di più. Causando un considerevole smarrimento di coerenza, in special modo nella motivazione dei suoi protagonisti. Se nel passato lo scopo è trovare una spiegazione alla loro permanenza “Nei boschi”, perdendo con il senno di poi il giusto criterio e cedendo alla ferocia, il presente è confusionario e privo di quel mordente che aveva caratterizzato la prima stagione.
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Se il duo delle meraviglie formato da Misty (Christina Ricci) e Natalie (Juliette Lewis) durante la prima stagione ci ha condotto attraverso interessanti rivelazioni, non è bastato inserire il personaggio di Walter (Elijah Wood) al fianco di Misty adulta nella seconda, sebbene tra i due scorra una buona chimica. Nella terza invece, l’assenza della “vecchia” Natalie, e quindi Juliette Lewis, si avverte e molto. Misty infatti è costretta suo malgrado ad agire in piena autonomia, ma nonostante questo, nonostante il poco minutaggio a lei riservato, Christina Ricci si rivela essere nuovamente il pezzo da novanta di una serie che stenta a decollare, soprattutto in un presente che ha davvero molto poco da raccontare.

Misty, anche se a detta di Shauna (Melanie Lynskey) desidererebbe vederla morta, si conferma essere il personaggio migliore delle Yellowjackets adulte e quella che, realisticamente, ogni spettatore affida ogni speranza di soluzione. Esattamente come un’autentica Mrs. Murple.
E se Misty trova la sua conferma, Shauna è l’unico personaggio della serie che cambia, ma con stile. In un mix tra Kathleen Turner in “ La Signora ammazzatutti” e Kathy Bates in “Misery non deve morire” ( si lo so, i paragoni sono molto forti), Melanie Lynskey (Shauna) sorprende per l’enorme metamorfosi che il suo personaggio ha nel corso della stagione (anche se effettivamente qualche indizio lo avevamo già avuto) sia da adulta, che e soprattutto da giovane donna (Sophie Nélisse è così brava da risultare insopportabile). Shauna quindi è senza ombra di dubbio il personaggio che più sorprende e più irrita in questa terza parte delle Yellowjackets.
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Shauna (interpretata da Sophie Nélisse), sta infatti vivendo un cambiamento dopo la morte di suo figlio, ma al contempo, è il personaggio che effettivamente cresce di più sia nella componente horror della serie che nella sua narrazione. Se Lottie (interpretata da una giovane Courtney Eaton) si perde in una parte di trama forse troppo ingarbugliata e complessa, la parte di Shauna è fin troppo chiara e irritante, ma comunque vera.
E se ritrovare vecchie glorie ancora vive in giovane età può risultare disorientante, la componente Horror della serie si delinea maggiormente durante la permanenza delle Yellowjackets “Nei boschi”, schiacciando notevolmente il poco interesse scaturito durante il presente, in special modo nelle new entry, ovvero Van adulta e Lottie. E, aggiungerei, anche nei personaggi davvero poco incisivi come Callie, Jeff e soprattutto Taissa che, invece, durante la prima stagione aveva risvegliato in noi non poco interesse.
Taissa e Van, ritrovatesi dopo anni, innamorate più che mai rimangono ancorate ad un passato che non riescono a dimenticare. Lo stesso passato che, a detta di Taissa, potrebbe aiutare Van a superare quella maledetta malattia che, purtroppo, la sta annientando.

Il gruppo quindi prosegue ogni indagine intrapresa per proprio conto, ritrovando un briciolo di unione solo alla fine dei giochi, dimostrando che da un passato che ancora le tormenta, non hanno imparato poi granché.
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Nota positiva per i nuovi personaggi che hanno destato un discreto interesse e curiosità (anche se il coinvolgimento poteva essere maggiore, ma tant’è) spiazzando il pubblico con apprezzabili colpi di scena che hanno reso la storia decisamente meno monotona. In una prima parte che stenta a decollare, e una seconda che svela e che non racconta abbastanza, rimanendo nel limbo dell’incoerenza e della superficialità (vero Jeff e figlia di Shauna?).
La regia, quindi, ritrova dinamicità in un passato, indispensabile per capire a fondo il presente. Un presente la cui morale è sempre più ridondante a contrasto con l’idea che ci sia davvero un’entità malvagia che guida le giovani ragazze: l’oscurità è dentro di noi.
E l’oscurità cambia le persone e le fa commettere atti indicibili che possono perseguitare ogni anima, fragile (ad esempio Travis) o meno. Morti improvvise e prive di senso, cannibalismo, visioni distorte e prive di spiegazione. E una componente horror che si fa sempre meno soprannaturale e molto più umana.
Di seguito il Trailer della terza stagione delle “Yellowjackets”.